POLITICAPRIMO PIANO

«La mia battaglia adesso diventi dei sindaci»

Parla la consigliera regionale Maria Muscarà, che ha presentato la mozione sul rafforzamento del polo oncologico del Rizzoli votata all’unanimità. L’appello agli amministratori isolani affinchè seguano l’iter passo dopo passo anteponendo gli interessi della comunità a quelli della politica spicciola. E non manca una stoccata sulla frammentazione in 6 Comuni…

Consigliera Muscarà, il nuovo polo oncologico all’ospedale Rizzoli finalmente è realtà. E questo, su un territorio in cui la sanità se la passa non propriamente alla grandissima, è un risultato non soltanto insperato ma fino a qualche tempo fa ritenuto addirittura impossibile da raggiungere.

«Sicuramente parliamo di una importante battaglia vinta e questo rappresenta una grande soddisfazione. Il fatto è che ci trovavamo dinanzi ad una richiesta che non esito a definire ovvia e scontata, anche perché la cura, la presa in carico di tutte le questioni attinenti alla salute sono sempre state propagandate dalla Regione Campania come elementi e essenziali e obiettivi da raggiungere. E dunque…».

E dunque?

«Il fatto che un territorio di poco meno di 70mila abitanti non avesse diritto a poter effettuare in loco un esame diagnostico tanto importante non poteva lasciare indifferenti. Ecco perché tutti, all’unanimità, hanno votato per questa mia mozione. Credo però che la battaglia non sia ancora conclusa, anzi sia appena all’inizio: scriverò adesso ai sindaci dei sei Comuni isolani perché da subito questa mia battaglia deve diventare la loro battaglia. Gliela regalo, l’ho portata in aula, ho ottenuto quello che volevo ma è giunto il momento che sia il territorio, nei suoi rappresentanti che sono per l’appunto i primi cittadini, a farsi carico di questa lotta e portarla avanti, pretendendo passo dopo passo che quanto è stato promesso venga effettivamente realizzato».

Questa battaglia nasce senza dubbio dalle sollecitazioni arrivate dall’isola, in particolare da Silvio Carcaterra: posso chiederle se e in che misura le è sembrato quantomeno strano il silenzio della politica locale che su questa vicenda non ha inteso spendersi in maniera compiuta o ad essere sinceri non lo ha fatto per niente?

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«E’ vero, ci sono state voci del territorio a fare da impulso: quella di Silvio Carcaterra che lei ha citato ma anche tanti altri cittadini che mi chiedevano come fosse possibile che un’area del genere, intendo l’isola d’Ischia, venisse “utilizzata” soltanto in campagna elettorale. A proposito, voglio sottolineare che una situazione analoga la vive la provincia di Caserta dove sto portando avanti una analoga battaglia. Però, ripeto, adesso gli stessi cittadini che mi hanno spronato dovranno fare altrettanto con i sindaci. Non va dimenticato che il sindaco è il responsabile più alto in grado della salute dei cittadini che ha l’onore e l’onere di amministrare».

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Chiudere il cerchio sarebbe davvero un gran bel risultato, magari ci ripetiamo ma è proprio così.

«Guardi, la salute è anche questo, avere la possibilità di potersi curare senza doversi sottoporre ad una traversata che spesso rischia di somigliare ad una vera e propria odissea. Le voci sono quelle dei cittadini che spesso diventano anche disperati. Io posso soltanto immaginare una persona che fa la chemioterapia e che poi deve tornare a casa stanco e fisicamente provato affrontando il viaggio in mare che spesso d’inverno non è nemmeno tranquillo. E’ un qualcosa di assolutamente folle».

Lei ha parlato della necessità di scrivere ai sindaci ma più in generale dal punto di vista burocratico cosa serve anche come tempistica per chiudere definitivamente questo iter?

«Serve che questa promessa, anzi adesso si può parlare ufficialmente di impegno, venga seguito e monitorato costantemente e – lo ribadisco una volta di più – la spinta dei sindaci deve essere essenziale. Quando un sindaco andrà a sedersi con il presidente della Regione che tra l’altro è anche assessore alla Sanità (perché è doveroso sottolineare che non abbiamo avuto nemmeno la decenza di nominarne uno) deve avere la forza di imporre le esigenze del suo territorio. Basta a fare compensazioni del tipo faccio così su questo, quello mi dà quell’altro: no, bisogna mettere un punto fermo è stabilire che per il proprio territorio è più importante ad esempio ottenere il rifacimento di una strada o salvare la vita dei propri concittadini».

Cos’altro farà adesso?

«Quello che le ho già detto, scriverò ai sei sindaci isolani invitandoli ad una battaglia comune. Sarò a completa disposizione per portare tutte le richieste dentro il palazzo, ma loro non devono assolutamente mollare la presa».

L’isola soffre di tanti atavici problemi, che spesso vengono ignorati da chi la vive solo per motivi di vacanza: le carenze abbondano tra scuola, la già citata sanità, i trasporti, la giustizia, così come la capacità di reperire personale. La legge sulle realtà disagiate potrebbe forse lenire il fenomeno, ma in generale lei che idea ha maturato?

«Ho maturato l’idea, anzi di questo ne sono profondamente convinta, che un’isola di 70mila abitanti non possa essere suddivisa in 6 Comuni, avere 6 sindaci e altrettante amministrazioni diverse per territori che così diventano pezzetti di territorio. E’ un modo assolutamente sbagliato e anacronistico per poter pensare di affrontare e risolvere annose questioni come trasporti, scuola o altre attività vitali per la comunità ischitana. Già così si parte col piede in fallo, perché questa parcellizzazione che magari può essere mostrata come attaccamento al territorio o peculiarità, in realtà rappresenta un modo per fare gli interessi spiccioli di chi fa campagna elettorale, nomina gli assessori o i consiglieri. Ma certo non giova alla cittadinanza. Forse sarebbe arrivata l’ora di ragionare sul rinunciare a una parte della propria identità e diventare un corpo unico».

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