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La patata bollente

di Graziano Petrucci

Le elezioni a Ischia sembrano arenate all’era dei poster attaccati nelle camerette. Manifesti elettorali, santini, dichiarazioni di viaggi su Marte o scoperte dell’acqua calda. Nell’era del social, e della campagna elettorale su Facebook si può affermare tutto e il suo contrario. Non è cambiato niente rispetto al passato. Non mancano poi quei candidati “maschi” che per la presenza delle quote rosa nelle liste, un ossimoro parlare di “quote rosa”, amazzoni pronte alla conquista del voto, pensano a coppie e accoppiate da distribuire agli elettori strafatti dal fumo di promesse che non saranno mantenute. Sì, perché la legge elettorale, nei comuni superiori ai cinque mila abitanti, dispone le “accoppiate”. Per una serie di motivi. Primo su tutti consentire alle donne di trovare spazi politici congrui nelle giunte e nei consigli comunali. Un “gioco delle coppie” che s’interfaccia con altri giocatori al tavolo da poker di un casinò (l’accento è voluto). Si tratta di vera politica, che riempie la campagna elettorale fino all’11 giugno, o siamo di fronte alla farsa, e alla falsa convinzione, che servano più donne e solo loro nelle liste per raccogliere consensi? Una domanda la cui risposta si scontra con la realtà. Perché per molti “uomini”, la presenza di un “fu sesso debole”, non solo gioca a favore ma è l’occasione ghiotta per consentirgli di raggiungere risultati un poco soddisfacenti. Diciamocelo senza mezzi termini. Queste elezioni, benché dopo non avremo difficoltà a individuarne uno, non servono a determinare un vincitore cui certe volte corrisponde una fazione, una squadra, un gruppo di cavernicoli professionisti. Serviranno, al contrario, a individuare le mescolanze e quanto arranca un modo becero di intendere la politica – con una campagna elettorale che si limita a due settimane – la quale a sua volta dovrebbe generare un’amministrazione capace di tenere banco su progetti, pianificazioni, ricercare fondi e sviluppare piani innovativi rispetto agli anni precedenti. Quali progetti? Quali saranno i benefici che verranno, al territorio e singolarmente, da questa campagna di fango? Chi degli oltre duecentocinquanta candidati ha le idee chiare su cosa fare e come? No. Non mi piace questo modo superficiale senza via d’uscita. Pur provando simpatia umana per i militanti che, a fatica, si convincono e ci credono generando talvolta bande di fanatici con il culto della propria personalità “politica”. Telecomandati da questo o quello, dal social network e dai suoi umori, dalla necessità di essere presenti. Bisogna esserci, non c’è dubbio, ma reali. Avere il polso di ciò che succede, parlare con la gente. Immergersi nelle strade o tuffarsi dai balconi. Sentire il cuore delle persone e non il rumore dei tasti sul pc. Serve dialettica non inutili palcoscenici virtuali. Se il confronto con le persone è indispensabile, allora la competenza, il saper cercare le risposte ai problemi, diventa l’unità di misura principale. Siamo entrati nell’era che fa del fanatismo informativo e della sola presenza virtuale, il modello da seguire. Verso non si sa cosa e come, e solo per raggiungere un luogo che si trova da qualche parte. A ciò si aggiunge la dissolvenza dei partiti. Quelli erano il collegamento sul territorio. Invece si fa strada la convinzione che basta saper leggere un testo per diventare padroni delle cose e delle dinamiche che le costruiscono. Il dibattito inesistente la dice lunga su quanto ancora saremo destinati a galleggiare nell’illusione che cambiando squadra e persone, e inserite le quote rosa, cambieremo il volto e la testa di Ischia.

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