CRONACA

Benzina low cost col trucco dell’evasione, sequestrata anche una villa a Ischia

L’inchiesta si è sviluppata sull’asse Salerno-Napoli ed ha portato all’emissione di cinque ordinanze di custodia cautelare ma non solo

Una montagna di soldi sparita nel nulla, una gigantesca evasione fiscale legata al commercio di carburante venduto senza mai versale l’Iva. Un’inchiesta che si sviluppa sull’asse Salerno-Napoli, passando per l’isola di Ischia che ha portato a cinque misure cautelari e un sequestro beni riconducibili agli indagati e alle società coinvolte per quasi 50 milioni di euro. Un tesoretto che dovrebbe coprire l’ammanco nelle casse dello Stato legato a un volume d’affari di 210 milioni messo insieme in quattro anni di attività. L’inchiesta è stata avviata dalla procura di Nocera, poi è stata trasferita a Napoli per competenza e la Guardia di finanza ha fatto scattare le perquisizioni e i provvedimenti firmati dal giudice. Tra i beni finiti sotto sequestro anche una villa sull’isola di Ischia nonché altri immobili nei quartieri di Posillipo, dei Camaldoli e denaro sui conti correnti. Nel corso dell’operazione i baschi verdi hanno ritrovato anche 170mila euro in contanti, due orologi del valore di 40mila euro, due imbarcazioni. 

Secondo quanto accertato dai baschi verdi, il gruppo aveva costituito una serie di società cartiere che si accreditavano falsamente come “esportatori abituali”, mediante la presentazione ai fornitori di false “lettere d’intento”, documenti che legittimano gli acquisti senza l’addebito dell’Iva. Attraverso questo meccanismo, le società coinvolte cedevano su tutto il territorio nazionale, a depositi commerciali e distributori stra dali del circuito delle “pompe bianche”, partite di prodotto a cifre nettamente inferiori rispetto a quelle di mercato, attuando così una vera e propria concorrenza sleale nei confronti degli operatori onesti che invece acquistano il carburante ai prezzi normalmente praticati sul mercato. Tant’è che il gip nella sua ordinanza, ritenendo necessaria la custodia cautelare per evitare che il reato possa essere reiterato e che ci possa essere un inquinamento delle prove, parla di “danno erariale e anticoncorrenziale” oltre che di reati  tributari. II periodo preso in esame dai finanzieri, per il calcolo delle vendite di prodotto petroliferi, va dal 2012 al 2015. I finanzieri della compagnia di Scafati hanno notificato la misura di custodia cautelare ai domiciliari ai fratelli Mario e Roberto Murolo, di Napoli, a Giuseppe Savino, residente a Volla, a Luigi Borriello, di San Giorgio a Cremano, e ad Alberto Masullo. Gli indagati sono complessivamente 19, tra cui due titolari di distributori di carburanti dell’agro sarnese nocerino. Secondo l’impianto accusatorio della procura partenopea, Alberto Masullo sarebbe l’ideatore del meccanismo evasivo di frode, messo in piedi “grazie alla sua vasta e riconosciuta esperienza nel settore”, sostiene la Guardia di Finanza, “e al ruolo di direttore commerciale presso una grande compagnia petrolifera”, attiva dal 1994, con sede legale a Roma e altre tre operative nel Lazio, la più grande nella provincia di Frosinone. I baschi verdi sono riusciti a ricostruire il presunto complesso meccanismo di frode fiscale nel commercio di carburante, grazie alla ricostruzione dei documenti e alle indagini finanziarie nei confronti di numerose persone fisiche e delle 14 società coinvolte, con accertamenti e riscontri che rivelerebbero rapporti commerciali in qualità di fornitori e di clienti sull’intero territorio nazionale. Le società finite nel mirino avrebbero ceduto a depositi commerciali e ai distributori stradali, le cosiddette “pompe bianche”, partite di prodotti a cifre inferiori rispetto a quelle di mercato. Sarebbero stati praticati prezzi anche al di sotto dell’indice Platts (agenzia che definisce il valore a cui le raffinerie possono vendere benzina e gasolio).  

“Quello che più preoccupa – ha spiegato nel corso della conferenza stampa il comandante provinciale della guardia di finanza di Salerno, generale Danilo Petrucelli – è che i cittadini non hanno percezione né consapevolezza del danno che l’evasione provoca alle casse dello Stato. Danni che poi si riverberano sui contribuenti stessi. Oltre che alla concorrenza leale. Di qui l’impegno del nostro Corpo a ristabilire comportamenti corretti”. 

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