LE OPINIONI

IL COMMENTO Referendum, dieci motivi più un altro per un “No”

di Lello Montuori

No. Per chi vorrebbe modificare, in nome dell’antipolitica e dell’odio per la casta, la Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza. No, ad una proposta demagogica che rischia di fallire tutti gli obiettivi che falsamente promette di realizzare. No, alla riduzione del numero dei parlamentari, espressione del popolo sovrano, dal centro alle periferie dello stivale. No, ad un falso risparmio che potrebbe conseguirsi più agevolmente riducendo a 3000,00 Euro mensili l’indennità di carica o lo stipendio, per qualsiasi funzione pubblica nel nostro paese, da quella del Parlamentare al Manager pubblico, dalla Magistratura alla Avvocatura dello Stato, adottando semplicemente una legge ordinaria che non richiede nessuna modifica costituzionale e nessun referendum confermativo. No, a qualsiasi ipotesi di delegittimare ulteriormente il Parlamento, trasformato da inique leggi elettorali – e non dall’eccessivo numero dei parlamentari – in un’assemblea di nominati, incapaci di tener testa ad esecutivi nati spesso al di fuori della dialettica che dovrebbe sempre improntare di sé i rapporti tra organi costituzionali.

No, ad una modifica del quadro politico che mortifica le periferie e le regioni meno popolate, in un momento storico in cui più urgente si fa la necessità di dare proprio alle periferie l’attenzione che esse meritano. No, ad una modifica che mira a cambiare i rapporti di forza fra poteri dello Stato, così bene articolati nel sistema di pesi e contrappesi previsti dalla Carta, che se davvero ha manifestato incongruenze in questi anni, è stato solo a causa della sua mancata attuazione, anziché per la farraginosità delle implicazioni conseguenti alla sua originale architettura. No, perché come nella precedente proposta di modifica che voleva trasformare il Senato della Repubblica in una assemblea delle autonomie, facendone una camera di nominati, non sta nel Parlamento né nel bicameralismo paritario, il problema della complessità del procedimento legislativo e della scarsa qualità della produzione legislativa in questo paese, quanto piuttosto negli uffici legislativi dei Ministeri dove la redazione normativa è affidata a burocrati autoreferenziali con stipendi che superano sovente persino l’indennità parlamentare, che sopravvivono a tutti i governi e non rendono conto del loro operato a nessun ministro e a nessun parlamentare, abituati come sono a che tutto cambi affinché tutto resti com’è, incluso il modo di scrivere le leggi con un articolo e centinaia di commi di rinvio, affinché sia chiaro solo a loro -e a volte nemmeno a loro stessi- la previsione normativa dietro la quale si cela la loro dispendiosa sopravvivenza e il favore a intere categorie di loro amici.

No, perché la nostra Costituzione, la migliore sintesi possibile fra popolarismo democratico che non è mai populismo, socialismo solidale e liberalismo, che non è affatto liberismo, continua ad essere il miglior testo per promozione della persona umana, un testo ancora attuale sebbene scritto nel Novecento dopo le dittature e le guerre che causarono milioni di morti in Europa. No, perché se vogliamo essere seri, dobbiamo rinunciare a inseguire la piazza che a furor di popolo chiede la riduzione dei privilegi della casta, giacché quelle garanzie -percepite via via come insopportabili privilegi- furono previste a tutela dei cittadini e della loro libera espressione democratica, anziché quale prerogativa di un ceto politico, costituito -occasionalmente e per un incidente della storia- da scappati di casa in cerca di un posto al sole, come un ascensore sociale che porta degli sprovveduti direttamente nell’Olimpo di chi conta. No. Per un altro motivo. Il tuo. Perché ognuno di noi può aggiungerne un altro a questi 10.

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