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Le tasse “killer”, così si uccidono le imprese isolane

ISCHIA –

Nei giorni scorsi abbiamo, come Giornale, ritenuto necessario, accendere i “riflettori” della pubblica opinione su una situazione, derivante dalla gestione delle imposte, messa in atto nel Comune di Ischia. Situazione, che è doveroso evidenziare, non si discosta molto da ciò che avviene anche in altri Comuni. La vicenda, come è ormai noto, riguarda il buco di bilancio del Comune “capoluogo” dell’isola, che si aggira intorno ai 27 milioni di euro tra tasse (IMU e TARI) non riscosse negli ultimi 5 anni. Di questa cifra, una grossa fetta riguarda risorse non incamerate, perché non versate dalle strutture alberghiere, per le quali l’amministrazione, non si è attivata molto per la riscossione, che in alcuni casi potrebbe portare addirittura al fallimento dell’azienda. Gli alberghi e le strutture ricettive in generale, costituiscono infatti,  la parte maggiore dell’economia isolana che negli anni ha vissuto momenti di grande sviluppo e che dopo una pesante crisi, inizia lentamente a migliorare seppur con estremi sacrifici e alcune “vittime”. In quest’ottica però, come vedremo, la pressione fiscale, che ha ormai raggiunto livelli altissimi, certamente non aiuta, o almeno non incentiva la ripresa. In molti casi infatti, il pagamento delle tasse, che è un obbligo al quale tutti devono adempiere, diventa una “scelta”: scegliere se pagare la tassa sulla spazzatura, piuttosto che i fornitori o i dipendenti. Insomma per molte strutture, il pagamento di anni di arretrati di IMU e TASI, mai versate può significare, come è già recentemente successo, il fallimento. Ma quindi che si fa? Si chiudono battenti e tutti a casa? In questo modo però l’intero settore produttivo dell’isola muore, determinando non solo il fallimento delle aziende ma di un’intera società, fatta di tante persone che hanno costruito un vita lavorando nel settore alberghiero, o che coronando il sogno della vita o solo per semplice necessità stanno muovendo i primi passi in questo mondo. Insomma una situazione complessa, che diventa ancor di più articolata se consideriamo anche un altro elemento, quello messo in luce nel nostro “focus”, ossia la distorsione del mercato messo in atto da quelle aziende alberghiere, che non pagando le imposte possono permettersi di praticare prezzi molto bassi, il famoso “low cost”, che vizia il sistema in un regime di concorrenza sleale, verso chi paga quello che deve pagare, anche quando questo significa fare enormi sacrifici. Su questi aspetti, sono interventi alcuni albergatori, ed il presidente della Federalberghi Ischia, Ermando Mennella. Proprio l’associazione degli albergatori, ha più volte sollecitato le amministrazioni comunali, non solo quella ischitana, al fine di chiedere e proporre una rivisitazione delle tariffe per le imposte locali, ma a tal proposito pare che i Comuni abbiano fatto “orecchie da mercante”.

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