CULTURA & SOCIETA'

L’impressionante “esplosione” del caffè espresso nei bar della nostra isola

Dagli anni ’20  in avanti, tanto per non andare troppo indietro nel tempo, erano poche le famiglie sull’isola che disponessero in casa del caffè, quello da macinare s’intende. L’ uso corrente era  dell’orzo più alla portata delle finanze del nucleo familiare locale. Del tè, che rappresentava un lusso, manco a parlarne, sostituito però dalla camomilla, e nell’occasione eccezionale della festa, sia essa del santo patrono, della prima comunione o di altra ricorrenza festiva particolare , in tavola per la colazione del mattino compariva per la gioia dei bambini e non solo, la tazza di cioccolata.

Il caffè se lo concedevano quelle poche famiglie benestanti del centro: del  medico, del  farmacista, del prete, del  notaio, del  commerciante e di qualche altro notabile del paese. Qualche scatola di caffè macinato arrivava nelle case degli ischitani solo quando l’uomo di famiglia,  marittimo (padre o figlio) imbarcato sui transatlantici per l’America, di ritorno a casa dopo il primo imbarco, portava con sé una scorta di caffè  conosciuto ed acquistato a buon prezzo e avvolte anche alla borsa nera, nei porti di Boston e  New York. Il gusto e l’abitudine al caffè sono arrivati dopo, verso gli anni ’30  e  ’40, quando a Ischia sono giunte  le prima macchine per il cosiddetto caffè espresso. A quel tempo Napoli faceva  scuola e la nostra isola assimilò in fretta,tanto che i pochi bar di Ischia Ponte, Porto d’Ischia e Casamicciola  non solo si dotarono della “moderna” macchina dalla quale usciva il caffè bollente in tazzina, ma diventarono tutti Bar-  Caffè o semplicemente  Caffè di fronte al pubblico che ne apprezzava la novità.

Il primo ad installare la macchia del caffè nel proprio locale ubicato a Ischia Ponte di fronte alla chiesa cattedrale,  fu il maresciallo Vezzuti con le sue parenti le sorelle De Luca  dette “Fiurinde”, che significa “fiorite”, un soprannome dialettizzato e  dovuto alla loro prima giovinezza, successivamente diventate “signorine” mature molto note in zona per la gentilezza e l’impegno con cui gestivano lo storico Bar Caffè peraltro  molto frequentato dai corrieri e da quegli ischitani che di primo mattino si recavano a Napoli per commissioni e spese speciali. Sostare sulla via dell’imbarco con le vecchie motobarche  “Ondina” e “Rondine”  e con la motonave “Vittoria”,al Caffè di “Fiurinda” in Via Luigi Mazzella per gustare il primo caffè della giornata, era diventato quasi per tutti  un rituale irrinunciabile. Altri bar aprirono i battenti nei successivi venti anni come il Bar Pilato, il Bar Ischia di Emilio Di Meglio e Bebè Lauro, il Bar Cocò Gelo, il Bar Castello dei fratelli Carlo e Giovan Giuseppe Curci nel Centro Storico tutti con la nuova macchina per il caffè.

Poi fu la volta del Bar Vittoria, Bar Diaz, Bar Minicucci, Bar Gino,  Bar Italia,Bar Diana, Bar Grottino, Bar Dolce Sosta, Bar Enea, Bar dell’800, Bar Rispoli. Negli altri comuni dell’isola i Bar-Caffè in particolare al centro, aprirono l’uno dopo l’altro con discreti profitti, specie a Forio dove sul corso  si distinse l’apertura del Bar denominato della famiglia Regine,“il Re del Caffè”. Dagli anni ’60 in avanti sono sorti sull’isola una marea di altri bar-caffè della cosiddetta era moderna, arricchendo un settore che per evolversi sempre di più, non si è fermato alla presenza consolidata delle sole attività storiche della categoria. Il caffè innanzitutto, come principale punto di riferimento delle attività di ristoro, è considerato sull’ isola,  a Napoli, in tutta Italia e nel mondo intero  la bevanda più amata e consumata  di tutti i tempi. La sua universale esplosione ha reso impossibile la conta delle tazzine di caffè che si consumano sul pianeta. Sull’isola d’Ischia annualmente, nei bar e nelle abitazionI il calcolo è a milioni.  Indicativamente,  i maggiori produttori mondiali di caffè sono, nell’ordine, il Brasile, il Vietnam, la Colombia e l’Indonesia. Seguono, con ordine variabile secondo le annate, Messico, Guatemala, Honduras, Nicaragua, El Salvador, Etiopia, India, Ecuador. Storia e leggenda del caffè sulla base di un a ricerca che va peso con rispetto.

Fino al XIX secolo non era certo quale fosse il luogo di origine della pianta del caffè e, oltre all’Etiopia, si ipotizzava la Persia e lo Yemen. Pellegrino Artusi, nel suo celebre manuale La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, sostiene che il miglior caffè sia quello di Mokha (città nello Yemen), e che questo sarebbe l’indizio per individuarne il luogo d’origine. Esistono molte leggende sull’origine del caffè. La più conosciuta parla di un pastore chiamato Kaldi che portava a pascolare le capre in Etiopia. Un giorno queste incontrando una pianta di caffè cominciarono a mangiarne le bacche e a masticarne le foglie. Arrivata la notte, le capre, anziché dormire, si misero a vagabondare con energia e vivacità mai espressa fino ad allora. Vedendo questo, il pastore ne individuò la ragione e abbrustolì i semi della pianta come quelli mangiati dal suo gregge, poi li macinò e ne fece un’infusione, ottenendo il caffè. Il mercato globale di settore consta di circa 90.000 milioni di dollari. Il Brasile, da solo, produce quasi un terzo del caffè nel mondo. Il suo raccolto medio si aggira sui 32 milioni di sacchi (un sacco equivale a 60 kg) con esportazioni intorno ai 27 milioni. Al Salone Internazionale del caffè sono stati presenti tutti i settori merceologici più importanti con un +12,4% di espositori rispetto alla precedente edizione. Il caffè rappresenta la coltivazione più importante nei Paesi in via di sviluppo: per oltre 20 milioni di coltivatori e le loro famiglie costituisce l’unica fonte reale di reddito. Una dozzina di piccoli paesi dell’Africa orientale, come ad esempio Uganda, Ruanda ed Etiopia, vedono proprio il caffè come principale prodotto di esportazione, più precisamente si può constatare come dipendano dal caffè per oltre metà delle loro esportazioni.

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