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Lucianna De Falco, l’attrice è una cosa meravigliosa

Gianluca Castagna | Ischia – Forse un po’ stanca, ma sempre indomita. Pronta a risalire sulle assi di un palcoscenico dopo il tour de force romano nel musical “Se il tempo fosse un gambero”, caposaldo della premiata ditta Garinei & Giovannini, dove ha interpretato una spassosa Sora Cleofe.
Lucianna De Falco è da qualche giorno a Ischia, buen retiro dove riposarsi, è vero, ma anche scaldare i motori per una serata speciale, venerdì sera 27 gennaio, quando sarà tra i protagonisti de “La Lettera H”, spettacolo teatrale di Salvatore Ronga messo in scena per ricordare quella notte buia e tempestosa del Novecento che fu la Shoah, il genocidio degli ebrei.
Un ruolo drammatico per un’attrice che non rinuncia alla sua poliedricità, alterna sapientemente teatro, cinema e tv, comanda l’attenzione dello spettatore anche solo con uno sguardo pesto o la proverbiale tellurica risata. Itinerario (ormai trentennale) anche accidentato, sia chiaro; ma sempre assistito da una curiosità (e un’adrenalina) che sono gli stessi degli esordi.
Lucianna è una performer di formidabile presenza scenica disposta, ieri come oggi, a mettersi in gioco, con generosità e spericolatezza, per valorizzare al meglio la sua indubbia vocazione artistica.

Torni a Ischia con “La lettera H” per la regia di Salvatore Ronga, dove interpreti Sofia Osipova Levinton, uno dei personaggi di “Vita e Destino” di Vasilij Grossman. Com’è nata la tua partecipazione a questo progetto? Conoscevi già il romanzo di Grossman?
«Collaboro con Salvatore Ronga da molti anni, un sodalizio che si è andato via via consolidando grazie alla grande stima che provo nei suoi confronti ed alla sua prolifica attività di drammaturgo che mi ha regalato personaggi complessi e toccanti da interpretare. Penso, ad esempio, all’ “Inno al sole”, andato in scena quest’estate all’alba sulle terrazze di Villa Arbusto, ma anche alla rielaborazione dello spettacolo “Lucì, la guardiana del faro” scritto in collaborazione con Laura Jacobbi, che ad ottobre ha visto la sua prima messa in scena per il teatro. Questa volta il testo è tratto dal romanzo “Vita e destino”, che non conoscevo e mi è stato proposto da Salvatore. Si tratta, in verità, di una “lettura partecipata” e molto toccante del racconto di Sofia Levinton, una donna che mentre va a morire nella camera a gas, sente nascere il suo istinto materno. Diventa madre in quel momento, lo sente vivo un attimo prima di morire».
Su quali elementi del personaggio hai deciso di concentrarti di più per la tua interpretazione?
«La tragedia di cui narra il romanzo è enorme. Io racconto con leggerezza ed onestà la storia di questa donna per condividerla nella maniera più semplice e diretta con lo spettatore».
Come in altre occasioni, sei sola in scena. Cosa vuol dire per un attore? Ci si sente più vulnerabili o più liberi?
«Non sono sola, questo spettacolo ha due momenti distinti ma legati dal filo rosso della tragedia dell’Olocausto: la mia lettura dal romanzo di Grossman e un breve atto unico tratto dal romanzo di Fred Uhlman “L’amico ritrovato” che Salvatore ha adattato per il teatro, con Roberto Scotto Pagliara, Giovangiuseppe D’ambra e Leonardo Bilardi. Comunque lavorare con altri attori ti permette di condividere le responsabilità, pur mantenendo intatto il tuo senso del dovere. C’è un impegno partecipativo che quando sei da sola nessuno ti alleggerisce. Sono due esperienze distinte, però la libertà non c’entra. Aderire ad un personaggio è sempre una costruzione che ti costringe, è al suo interno che bisogna trovare la libertà. Quando attraverso un lavoro minuzioso aderisci al personaggio, lui prende i tuoi tratti. E’ lì dentro che un attore trova la libertà».
Che tipo di lettrice sei? Hai un personaggio della letteratura, anche contemporaneo, che ti piacerebbe interpretare?
«Ultimamente ho amato molto la trilogia della Ferrante…so che stanno preparando un adattamento per la tv, mi piacerebbe moltissimo farne parte».
Sei molto amica di due scrittori isolani: Andrej Longo e Giuseppe Ferrandino. Ti piacerebbe fare qualcosa insieme a loro?
«Andrej e Peppe sono due amici e due autori che stimo molti. Agli inizi della sua carriera Andrej ha addirittura scritto per me un monologo comico, una donna svampita che sale per la prima volta su una barca a vela. Ho poi interpretato, insieme al caro Pietro Taricone, “Più o meno alle tre”, la raccolta di monologhi sulla strage dell’11 settembre andata in scena a Roma nel 2004. Con Peppe Ferrandino abbiamo spesso parlato in questi anni di una collaborazione. Nei suoi primi romanzi c’erano personaggi a me molto cari. Prima o poi succederà qualcosa, o almeno lo spero!».
E’ vero che sei una fan sfegatata di Maurizio De Giovanni?
«Adoro i gialli di Maurizio De Giovanni, spero proprio di partecipare presto a un adattamento televisivo o cinematografico delle sue storie. Non mi perdo una puntata de “I bastardi di Pizzofacone”».
Hai appena terminato le repliche romane del musical “Se il tempo fosse un gambero”. Com’è andata?
«Lavorare con Saverio Marconi, il regista che ha portato il musical in Italia, è stata un’esperienza magnifica. Prendere parte a uno spettacolo del repertorio degli inventori della commedia musicale, Garinei e Giovannini, e cantare le canzoni con le musiche di un maestro come Armando Trovajoli, è stato molto emozionante, indimenticabile. La sera di Natale sulla mia tavola c’era un torrone con le fattezze della natività che mi aveva regalato la vedova di Trovajoli. Ecco, l’ho fotografato e mi è parso un Natale speciale. Mi dispiace solo che molti amici e persone a me care non sono riuscite a vederlo, l’allestimento è durato solo un mese al Teatro Brancaccio di Roma».
Lo riprenderete per un tour che magari possa toccare anche Napoli?
«L’anno prossimo dovrebbe esserci una tournée, ma è ancora presto per conoscerne le date. Un musical è una macchina molto complessa e costosa da portare in giro».
Hai iniziato col teatro e non lo molli. E’ più facile lavorarci adesso o vent’anni fa?
«Questo mestiere non è mai facile, non solo a teatro».
E se per te il tempo fosse un gambero? Ti sei mai pentita di non aver afferrato un’occasione ghiotta?
«Nella mia carriera professionale, direi di no. Forse avrei dovuto comprare l’attico a Roma…questo si!»
Ti vedremo presto anche al cinema. Raccontaci dove.
«L’estate scorsa ho lavorato molto per il cinema, è vero. Ci sono progetti importanti in arrivo sul grande schermo: “Vedi Napoli e poi spara” diretto dai Manetti Bros con Giampaolo Morelli e Claudia Gerini; una piccola partecipazione al prossimo film di Marco Tullio Giordana “Due soldati” e – da coprotagonista – “La parrucchiera”, per la regia di Stefano Incerti. Poi c’è un altro progetto che mi sta molto a cuore».
Quale?
«‘Terra bruciata’, film documentario di Luca Gianfrancesco sulle stragi naziste nel Meridione d’Italia. Un lavoro di ricerca su un pezzo di storia cancellato dalla memoria collettiva e individuale del nostro paese, che aggiunge un nuovo ed importante tassello al grande racconto della seconda Guerra Mondiale».
Qualche giorno fa ti abbiamo vista sul Corriere dello Sport in versione tifosa.
«Del Napoli, ovviamente. Lo sono da quando ero bambina. La prima partita l’ho vista a otto anni con papà e mio fratello. Amo molto anche la città, con i suoi contrasti e la sua continua voglia di riscatto».

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