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Morì in ospedale, ascoltati i consulenti della Procura

ISCHIA. A più di un anno di distanza dall’ultima udienza, ieri è ripresa la celebrazione del dibattimento nel processo teso ad accertare eventuali responsabilità per la scomparsa della giovane Maria Diotallevi. Come molti ricorderanno, la 28enne spirò nel dicembre 2015 presso l’Ospedale Rizzoli di Lacco Ameno. Una tragedia che scosse profondamente la comunità isolana e che, almeno secondo la perizia ordinata dalla Procura, sarebbe stata originata da una broncopolmonite. La donna si era recata due giorni prima al nosocomio in preda a febbre alta e altri sintomi di malessere, per poi essere dimessa dopo alcune ore. Al ritorno all’ospedale, la situazione precipitò fino all’esito fatale.

In apertura d’udienza l’avvocato Vincenzo Aperto, difensore di parte civile, ha chiesto la sostituzione del consulente precedentemente indicato con i dottori Alfonso Maiellaro e Alberto Ruggiero. L’avvocato Massimo Stilla, difensore di fiducia della dottoressa Viviana Pisano, imputata per omicidio colposo, ha dato il suo consenso, ma solo per uno dei due nomi. Il giudice Alberto Capuano ha infine stabilito di ammettere in lista i due consulenti, ma con ogni probabilità ne verrà ascoltato soltanto uno: il secondo potrebbe essere chiamato a deporre solo ove fosse rimasto qualche dubbio da sciogliere.

L’udienza di ieri mattina era dedicata alla deposizione dei tre consulenti della Procura, i dottori  Antonio Perna Mariano Carafa e Pietro Tarsitano.

L’avvocato Stilla ha prestato il consenso all’acquisizione della relazione stesa dai tre consulenti, ma l’avvocato Aperto ha comunque espresso l’intenzione di voler rivolgere alcune domande ai dottori. Domande attraverso cui i medici hanno brevemente sintetizzato alcuni aspetti della vicenda: la ragazza arrivò sabato 29 novembre in ospedale con una febbre che alzò la temperatura corporea intorno ai 40°, e l’unico miglioramento dovuto ai farmaci somministrati fu la riduzione a meno di 39°. I consulenti hanno spiegato che non fu eseguita una visita completa, e che sarebbe stato opportuno un periodo di osservazione: con un’auscultazione al torace, un esame radiografico dello stesso o un emogasanalisi si sarebbe potuta avere maggior contezza della patologia in atto.

È intervenuta l’avvocato Lucia Rosa Buono, rappresentante del compagno della ragazza scomparsa, che ha prodotto copia dell’attestato di Pronto Soccorso del 29 novembre 2015, chiedendo se la diagnosi era corretta. I consulenti hanno risposto che quello delineato nell’attestato è uno scenario non sbagliato, ma parziale.

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È stata poi la volta della difesa: l’avvocato Massimo Stilla attraverso una serie di domande ha indotto i tre consulenti a illustrare quali organi fossero stati coinvolti nella patologia che colpì la giovane donna, e che in buona sostanza erano quattro, il polmone, il cervello, la trachea e il cuore. Il difensore della dottoressa Pisano, dopo aver fatto emergere i sintomi presentati dalla ragazza, ha evidenziato una discrasia tra le temperature febbrili che erano indicate nella relazione e quelle indicate dalla cartella del pronto soccorso. Non solo: i medici hanno dichiarato che la giovane presentava una patologia cardiaca, una coronarosclerosi definita “insolita” per una persona di quella età, e al ventricolo destro era presente una “lipomatosi”, cioè un accumulo anomalo di tessuto adiposo. L’avvocato Stilla ha chiesto se uno sforzo anomalo avrebbe potuto innescare una fibrillazione ventricolare con esiti fatali. I testi, soprattutto il dottor Perna, hanno ammesso che in linea generale un fenomeno del genere è possibile, mentre il dottor Carafa insisteva sul fatto che il processo settico fosse già in corso. Al termine della deposizione, il giudice Capuano d’accordo con le parti ha fissato la prossima udienza al 21 settembre, quando saranno ascoltati i consulenti di parte civile.

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DI FRANCESCO FERRANDINO

 

 

 

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