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Processo Pegaso, il teste Bernasconi “assolve” anche Franco Monti

Si è conclusa ieri la serie di deposizioni nel dibattimento per il fallimento della società che gestiva la raccolta dei rifiuti nel Comune di Forio. A maggio la discussione finale

Si avvia alla conclusione il processo per il fallimento della Pegaso. Dinanzi al collegio C della settima sezione penale del Tribunale di Napoli, presieduto dal giudice Di Stefano, si è concluso ieri anche l’esame dei testimoni indicati dalla difesa. La Pegaso era la società che gestiva il servizio di gestione rifiuti a Forio fino al 2007, per poi essere dichiarata fallita quattro anni dopo. Unici imputati, Franco Monti e Salvatore Serpico, chiamati a dimostrare la propria estraneità in un processo nato su contestazioni che chiamano in causa la capacità valutativa degli amministratori e dunque su un piano estremamente scivoloso, al punto che, in sede di udienza preliminare, quasi tutti gli imputati vennero prosciolti perché secondo il magistrato il collegio decadde dalla carica prima della creazione della nuova società (Torre Saracena) che poi si accollò la raccolta dei rifiuti, mentre i nuovi amministratori espressero il loro consenso al “passaggio” di tale servizio al nuovo soggetto giuridico. Una decisione che avrebbe comportato la necessità, secondo il gip, di un approfondimento dibattimentale. Fu quindi accolta la richiesta del Pubblico Ministero per Pietro Russo, prosciolto insieme all’intero collegio sindacale, composto da Enzo Ferrandino, Oscar Rumolo, Domenico Miragliuolo e Antonio Siciliano: per il Gip i componenti dell’organo societario non avevano commesso il fatto, che per l’accusa consisteva nell’aver omesso dolosamente la dovuta vigilanza, contabile e gestionale, oltre ad aver redatto mendaci relazioni sindacali che in definitiva avrebbero celato la reale situazione societaria provocandone fraudolentemente la bancarotta. Gli unici rinviati a giudizio furono quindi Franco Monti e Salvatore Serpico, amministratori della società durante gli anni in cui si consumò il lento decorso finale prima del definitivo fallimento della Pegaso. Il curatore fallimentare della Pegaso, l’avvocato Bocchini, lanciò accuse verso essi, sottolineando l’impossibilità di fronteggiare i costi del servizio per mezzo di un canone manifestamente insufficiente e affermando che la situazione era chiarissima sin dalla fine degli anni ’90. Secondo il curatore, l’ultimo amministratore della società avrebbe la responsabilità di non aver posto tempestivamente fine allo stillicidio dichiarando il fallimento della società, contribuendo quindi al pesante aggravamento della già enorme situazione debitoria. Accuse decisamente respinte dalla difesa, che ieri ha chiamato a deporre l’ultimo testimone della propria lista, il dottor Antonio Bernasconi, che rivestì il ruolo di direttore amministrativo della società nel periodo in cui Franco Monti era sindaco di Forio.

Il teste, tramite le domande rivoltegli dall’avvocato Giancarlo Di Meglio, ha inizialmente chiarito quali servizi gestiva la Pegaso, dal trasporto dei rifiuti al trasporto pubblico locale. Il dottor Bernasconi ha evidenziato che il Comune era l’unico committente, e che quindi di fatto la società costituiva il suo “braccio operativo”. Era l’ente a fissare la qualità e la quantità delle prestazioni, i costi del servizio e delle prestazioni aggiuntive, oltre a determinare le proposte di remunerazione dei servizi, le modalità di pagamento, compresi quelli rateizzati. L’avvocato Di Meglio in particolare ha chiesto se il testimone per quanto riguarda il periodo 2004-2007 avesse riscontrato la presenza di documenti che indicavano una situazione debitoria diversa da come rappresentata nel bilancio, circostanza decisamente esclusa dal dottor Bernasconi, il quale ha affermato che i bilanci erano la fotografia reale della situazione. Smentita anche l’affermazione del curatore, secondo cui nel 2004 la Pegaso era in una situazione di grave perdita. La certificazione di tale scenario sarebbe infatti fotografata dai bilanci approvati anche dal Comune e senza alcun rilievo da parte del collegio sindacale che, come detto, è stato completamente prosciolto dal Gip: dunque, nessuna condizione di peggioramento dal punto di vista patrimoniale. Un’altra circostanza importante emersa dalla testimonianza del dottor Bernasconi è quella secondo cui non esisteva alcuna necessità di dover procedere all’azzeramento del capitale, al contrario di quanto affermato dal curatore. La Pegaso paradossalmente avrebbe potuto anche azzerare il capitale, senza dunque versamento di denaro da parte del Comune in qualità di socio unico, come contraente del contratto, ripianando i bilanci in qualità di socio di maggioranza: situazione – questa sì – fortemente sospetta di fraudolenza. Dal punto di vista fiscale e del versamento dei contributi previdenziali, a precisa domanda dell’avvocato Giancarlo Di Meglio, il teste ha spiegato che non era stato previsto nessun fondo-rischi: il Comune pagava regolarmente i canoni, contemplandoli nel bilancio. Dunque, mentre secondo il curatore bisognava considerare infruttiferi i crediti, in realtà il Comune non aveva principi di default e pagava i ratei pressoché regolarmente. Quindi, durante il periodo della presidenza Monti non c’erano assolutamente motivi che facessero concretamente ritenere inesigibile il credito vantato nei confronti della pubblica amministrazione.

Altro punto di interesse nella deposizione è stato quello relativo alla cessione del contratto. Quest’ultimo era in scadenza, quindi secondo quanto emerso dalla testimonianza la Pegaso non aveva affatto perso un’entrata certa, come invece sosteneva il curatore. Inoltre il contratto non poteva rinnovarsi in automatico. La proposta di cessione del ramo era stata avanzata dalla Torre Saracena, voluta dal Comune e votata dai sindaci. Il presidente del collegio giudicante ha poi chiesto ragguagli sul valore contabili degli automezzi della società: Bernasconi ha spiegato che si trattava circa 15 mezzi che contabilmente erano valutati per complessivi 130mila euro. La successiva valutazione compiuta dalla Torre Saracena incrementò a quasi 300mila euro tale valutazione, in quanto la nuova società aveva l’impellente esigenza di ottenere l’autorizzazione dall’Autorità per la gestione dei rifiuti, e di iscriversi al relativo albo: servivano mezzi e personale, quindi secondo il teste, la cessione è stata vantaggiosa perché Pegaso da un lato cedette un debito certo, e dall’altro la Torre Saracena poté ottenere l’iscrizione all’albo per poter operare immediatamente.

Il testimone ha chiarito diversi aspetti del rapporto tra il Comune e la società che costituiva il suo “braccio operativo”, affermando che non esisteva alcuna necessità di dover procedere all’azzeramento del capitale, al contrario di quanto affermato dal curatore

In ogni caso già a partire dal bilancio 2006 gli amministratori, cosa peraltro messa a fuoco dal Gip, avevano chiarito che per la cessione del ramo d’azienda era necessario procedere alla liquidazione sostanziale della società. Un altro punto rivelatore evidenziato dal dottor Bernasconi è quello relativo all’inserimento nel prospetto di liquidazione furono inseriti anche 300mila euro per il valore commerciale dell’ “avviamento”, cosa che viene riconosciuta per una società “in salute”. Il collegio giudicante ha fissato la prossima udienza al 31 maggio, quando il pm farà le sue richieste e sarà poi la volta della discussione finale.

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