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Rapina ed estorsione, arriva la prescrizione in Appello

Si chiude l’iter giudiziario che ha visto protagonista Nicola Fontanella, accolte le richieste della difesa sostenuta dall’avvocato Felice Pettorino. L’imputato in primo grado si era invece visto rifilare la condanna

L’accusa va riqualificata, e di conseguenza scatta la prescrizione. Nicola Fontanella ha visto così concludersi l’iter giudiziario a suo carico grazie alla sentenza della Quarta Sezione Penale della Corte d’Appello di Napoli, che ha accolto le richieste della difesa, sostenuta dall’avvocato Felice Pettorino. Fontanella in primo grado era stato ritenuto colpevole del “reato di cui agli artt. 110, 56 e 629 co.1 e co.2 in relazione all’art. 628 comma 3 n.1 c.p., perché in concorso tra loro (con l’altro imputato Laganà, ndr) e con Anzaloni Carmine, per il quale si è proceduto separatamente, Anzaloni attirando il Ferrandino Francesco in una zona isolata e non visibile al traffico veicolare (parcheggio situato nella zona sottostante il centro polifunzionale di Ischia) con la scusa di un appuntamento chiarificatore, nonché dicendogli “forza, ti do tre giorni di tempo, mi devi restituire tutto quello che mi hai rubato, se non lo fai non sai quello che ti può succedere, io non sto bene con la testa, io posso permettere di minacciarti, tu non sai chi sono io”, Laganà ponendosi alla guida della autovettura con cui giungeva sul posto unitamente a Fontanella Nicola (il quale con il volto travisato da un cappuccio e da una busta di plastica, con violenza e minaccia consistita nel puntare al collo di Ferrandino Francesco una pistola – poi risultata pistola giocattolo priva di tappo rosso – nel colpirlo ripetutamente alla testa con il calcio della stessa, nel dirgli “muoviti, ti do mezz’ora di tempo, caccia subito la roba di questo altrimenti ti uccido”), compivano atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere Ferrandino Francesco a restituire un I-Pad, alcuni orologi di valore e del denaro, che a giudizio dell’Anzaloni, il Ferrandino gli aveva rubato; evento non verificatosi per circostanze indipendenti dalla loro volontà; con le aggravanti di aver commesso il fatto con armi, in più persone riunite e con il volto travisato”. La pena fu di due anni e mezzo più una multa.

Fontanella era stato condannato in primo grado per rapina ed estorsione a due anni e mezzo

I fatti risalgono a oltre un decennio fa. In appello, il Procuratore Generale aveva invocato la conferma della sentenza, così come la parte civile, mentre il legale di fiducia dell’imputato, anche tramite una serie di motivi aggiunti, aveva chiesto l’assoluzione o, in subordine, la dichiarazione di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dopo la riqualificazione del reato contestato nel reato di violenza privata. L’avvocato Pettorino lamentava appunto la qualificazione giuridica attribuita ai fatti dal giudice di primo grado: secondo la difesa, mancava l’elemento soggettivo del delitto di estorsione rappresentato dal fine specifico di ottenere un ingiusto profitto con danno altrui, perché Laganà e Fontanella avevano agito al solo scopo di ottenere dal Ferrandino i beni illecitamente sottratti all’Anzaloni, convinti che il responsabile del furto fosse proprio Ferrandino.

Il collegio ha accolto la prospettazione difensiva dell’avvocato Pettorino: l’imputato non cercava un profitto ingiusto bensì la restituzione in favore di un terzo di quanto illecitamente sottratto da colui che riteneva l’autore del furto

Secondo il collegio della Corte d’Appello le argomentazioni della difesa sono fondate: anche se è indubbia la sussistenza di una condotta violenta e minacciosa, finalizzata a costringere la parte civile a fare quello che è indicato nel capo d’imputazione, cioè a restituire la refurtiva ritenendola responsabile del furto perpetrato ai danni dell’Anzaloni, è evidente che il dolo che animava l’imputato non era quello di ottenere un profitto ingiusto con altrui danno, bensì la restituzione in favore dell’avente diritto di quanto illecitamente sottrattogli da colui che ritenevano l’autore. Quindi in ogni caso il fatto contestato va riqualificato nel reato di violenza privata ai sensi dell’articolo 610 del codice penale.

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Su richiesta della difesa, i giudici hanno riqualificato il reato contestato in quello di violenza privata, dichiarando l’intervenuta prescrizione

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Considerando che era stata contestata anche la recidiva qualificata che prevede un aumento di due terzi della pena, il termine di prescrizione ordinario è pari a 6 anni e 8 mesi, elevabile in presenza di cause d’interruzione a 8 anni e 4 mesi. Tale termine, anche tenendo conto della sospensione per complessivi sessantaquattro giorni, è risultato interamente decorso il 12 giugno 2020. Ecco quindi che i giudici hanno dichiarato di non doversi procedere nei confronti di Fontanella perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.

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