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Goletta Verde, Zampetti: «Gli scarichi non depurati sono i peggiori nemici del turismo»

di Francesco Castaldi

ISCHIA – «Un punto inquinato ogni 54 km di costa, ancora una volta sotto accusa la mancata depurazione. Dei 265 punti monitorati, uno ogni 28 km di costa, dal laboratorio mobile di Goletta Verde di Legambiente, il 52% è risultato inquinato o fortemente inquinato. L’88% di queste criticità è in corrispondenza di foci di fiumi, fossi, canali o scarichi presenti lungo la costa. Più della metà di questi sono in prossimità di spiagge e stabilimenti e quindi frequentati da bagnanti». Questi gli sconfortanti risultati che sono stati presentati venerdì scorso a Roma da Goletta Verde, la campagna estiva promossa da Legambiente e realizzata grazie al Consorzio obbligatorio degli oli usati (COOU) e ai partner tecnici NAU e Novamont. Dati che tuttavia premiano Ischia e Procida, che si confermano due isole tra le più gettonate dai turisti di tutto il mondo per la propria natura incontaminata. Infatti, tra le località promosse in Campania, figurano gli arenili di Forio (Chiaia e Cava dell’isola), Lacco Ameno (spiaggia libera), Barano (Maronti) e Procida (Porto e Punta Lingua).

Il quadro delineato dagli ambientalisti assume tuttavia contorni negativi se ci spostiamo in altre zone del Mezzogiorno: qui, a causa dell’alto numero di canali che sfociano in mare e dell’inefficienza dei sistemi di depurazione, il numero di zone inquinate aumenta nettamente. In Calabria, ad esempio, sono diciotto i siti catalogati dall’acqua come più o meno inquinati. La maglia nera spetta però alla Campania, capace di primeggiare in due classifiche negative. La nostra regione, infatti, presenta il più alto numero di punti di campionamento inquinati e di Comuni privi di depurazione, mentre soltanto undici risultano le località promosse: oltre alle già citate Ischia e a Procida, rispettano i termini imposti dalla legge il lago Fusaro a Bacoli, il lungomare Caracciolo a Napoli, la spiaggia delle Mortelle a Portici, la baia di Alimuri a Meta e il lungomare Marconi a Salerno.

«Purtroppo – commenta il responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti – i risultati deludenti in prossimità di foci, fossi e canali non ci sorprendono, dal momento che il problema riguarda non solo le aree costiere ma interessa gran parte del territorio nazionale. Nonostante siano passati undici anni dalle scadenze previste dalla direttiva europea sulla depurazione, l’Italia, infatti, è ancora in fortissimo ritardo. Circa il 25% della popolazione non è coperta da un adeguato servizio di depurazione e un terzo degli agglomerati urbani a livello nazionale è coinvolto da provvedimenti della Commissione europea. Sul nostro Paese pesano già due condanne e una terza procedura d’infrazione. Oltre i costi ambientali, ci sono inoltre quelli economici a carico della collettività: a partire dal 2016, il nostro Paese dovrà pagare 480 milioni di euro all’anno, fino al completamento degli interventi di adeguamento».

Decisamente imbarazzante è poi il dato relativo alla presenza dei cartelli informativi in spiaggia: «Durante l’estate – racconta Serena Carpentieri, responsabile Campagne di Legambiente – abbiamo ricevuto centinaia di segnalazioni di mare sporco da parte dei bagnanti grazie al servizio Sos Goletta. Le persone sono spesso disorientate, non sanno a chi rivolgersi per denunciare casi di inquinamento, dove consultare i dati ufficiali, come capire se stanno facendo il bagno in acque sicure e controllate. È indispensabile che il Ministero della Salute istituisca un numero verde per raccogliere le segnalazioni di cittadini e turisti e avvii, in collaborazione con le Regioni e gli enti locali, una chiara campagna informativa. Infine, non è più tollerabile l’assenza di cartelli di divieto di balneazione nelle aree dove non si può fare il bagno e i cartelli informativi sulla qualità delle acque. L’accesso all’informazione è un diritto di cittadini e turisti e un dovere per le autorità competenti e per tutti i comuni costieri, cosi come previsto dalla normativa sulla balneazione».

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«Gli scarichi non depurati – avverte Zampetti – sono i peggiori nemici del turismo. Il nostro monitoraggio ha l’obiettivo di non fermarsi alla sola denuncia, ma soprattutto di avviare un approfondimento e confronto per fermare l’inquinamento da mancata depurazione che si riversa in mare. Per alcune situazioni critiche da diversi anni, grazie alla stretta collaborazione con le forze dell’ordine e le amministrazioni locali, si è arrivati a individuare le cause e risolvere il problema. Ora c’è la legge sugli ecoreati, che prevede anche il reato di inquinamento ambientale, valido strumento contro chi continua a scaricare illegalmente nei fiumi e nel mare».

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La legge tanto attesa sugli ecoreati, il collegato ambientale e l’approvazione il 15 giugno scorso della norma sulle agenzie ambientali – che rappresenta il terzo anello di una serie di riforme ambientali indispensabili per avviare una riconversione ecologica dell’Italia – sono importanti traguardi che consentono di misurare quanta strada sia stata fatta e indicare il modello di sviluppo da mettere in campo. Il modello concreto è quello delle Aree marine protette che favoriscono la ricerca, promuovono il turismo sostenibile, creano occasioni di buona economia e pratiche virtuose che sono diventate modello ed esempio per i territori circostanti rappresentando un vero e proprio volano economico e da questa consapevolezza occorre ripartire.

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