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Concessioni a gara, l’allarme di La Franca: «Saremo colonizzati, c’è il rischio di infiltrazioni malavitose»

Il presidente della Fiba-Confesercenti Ischia commenta lo scenario delineatosi dopo la decisione del Consiglio di Stato sulla prossima messa a gara delle concessioni balneari

Il Consiglio di Stato ha dato un input preoccupante. Come vi state muovendo come associazione di categoria?

«Stiamo elaborando le prossime mosse attraverso numerose assemblee, riunioni, anche da remoto. La maggior parte dei nostri consulenti legali e dei giuristi interpellati ha sostanzialmente sconfessato la sentenza del Consiglio di Stato, il quale ha oltrepassato le proprie competenze. Una decisione del genere avrebbe dovuto e potuto essere adottata dalla Corte Costituzionale, la quale può dichiarare l’illegittimità di una norma, ma non certo il Consiglio di Stato. Del resto lo stesso vicepresidente emerito della Consulta, Paolo Maddalena, è di questo avviso. Fra l’altro, la decisione riguarda non soltanto le concessioni per gli stabilimenti balneari, ma anche il demanio portuale: quindi travolgerebbe non soltanto il turismo balneare, ma anche tanti altri settori. I concessionari non possono più ottenere finanziamenti vista la situazione di incertezza. Mi meraviglio che i soloni che intervengono a favore della decisione del Consiglio di Stato, non intervengono invece sulla protezione delle coste dalle mareggiate, che anche sull’isola d’Ischia hanno provocato la scomparsa di grandi tratti di arenile, dai Maronti a Forio passando per Ischia. Impossibile fare programmazione e investimenti in questa situazione. Con questa messa a gara delle concessioni, rischiamo di vedere finire le nostre attività in mano alla criminalità organizzata».

«Il Consiglio di Stato ha oltrepassato le proprie competenze, lo ha dichiarato anche il vicepresidente della Corte Costituzionale. Lo Stato deve emanare una legge specifica, e credo che dopo gennaio ci saranno novità in tal senso»

Il sindaco di Barano in una recente intervista ha sottolineato il pericolo che la gestione degli arenili da mani isolane possa finire a soggetti provenienti dall’esterno, ma nell’epoca del libero mercato tutto sommato non ci può stare?

«Le gare toglieranno le concessioni ad aziende con esperienza nel settore, avvantaggiando le grosse multinazionali, come è accaduto altrove, ad esempio in Grecia, dove molte concessioni sono state assegnate ad aziende tedesche o comunque straniere. Invece, in Spagna hanno deciso di estendere le attuali concessioni per 75 anni, e nonostante il covid, le aziende iberiche stanno lavorando bene, praticando prezzi anche più alti di quelli fissati in Italia. Pensiamo inoltre al fatto che diversi Comuni avevano già concesso l’estensione della concessione fino al 2033: ciò significa che potrebbe esplodere una serie di migliaia di contenziosi da far paura, che di certo non conviene ai Comuni. A Ostia il M5S aveva messo a gara le concessioni, ma molte gare sono state annullate, altre sono andate deserte perché non convenienti. Assurdo infatti fare le gare in assenza di una precisa normativa. Inoltre la norma europea cozza con quella italiana, che prevede il diritto di prelazione dei vecchi concessionari».

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Cosa risponde a chi sostiene che però i balneari per decenni hanno goduto di privilegi magari non dovuti per concessioni perpetue?

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«In realtà questa problematica non nasce per contrastare gli imprenditori ischitani, ma a causa di situazioni maturate in Liguria, nel Lazio e in Toscana. La nostra isola non c’entra in questa controversia, visto che qui le strutture sono quasi tutte a carattere familiare, ma con quello che hanno stabilito i giudici le aziende straniere sarebbero favorite nelle gare, cosa che porterebbe facilmente a infiltrazioni poco chiare, tra prestanomi vari fino alla possibilità che le concessioni finiscano in mano alla camorra o la ‘ndrangheta. Il pericolo di far finire tutto in mani straniere è reale. E comunque si tratterebbe di entità che opererebbero solo in caso di profitti significativi, non come accade ora, in cui molti balneari locali spesso ci rimettono».

«La recente sentenza rischia di travolgere l’intero settore, che sull’isola conta 200 aziende, e 30mila a livello nazionale, con 300mila posti di lavoro a rischio, oltre che di consegnare le nostre aziende alla criminalità organizzata»

C’è chi sostiene che mettere a bando le spiagge potrebbe portare più soldi nelle tasche degli enti locali e della cittadinanza. Converrà con noi che in alcuni casi i canoni annuali pagati sono davvero miserrimi

«Non è per niente vero. Avevamo chiesto una rivalutazione del canone, che è stato aumentato quasi del 30%. Ma la questione è un’altra: noi paghiamo anche una concessione regionale, ridotta quest’anno a causa del covid, ma che comunque è stata versata, mentre gli occupanti di suolo pubblico non l’hanno pagata. I balneari non hanno ricevuto nessun ristoro quest’anno. Il problema è che la questione si trascina da quindici anni, dunque gli imprenditori del settore da tre lustri hanno una spada di Damocle sul capo che impedisce di lavorare con l’adeguata serenità per la programmazione. Le piccole imprese balneari dell’isola devono essere protette e aiutate. Nonostante il momento di difficoltà, abbiamo voluto pagare gli oneri, e in cambio vogliamo vedere riconosciuto il fatto che noi offriamo la professionalità che altri non hanno. In alcune località campane la camorra ha già messo lo zampino, si tratta dunque di un rischio reale. In tutta Italia i balneari sono trentamila, senza calcolare le concessioni portuali; abbiamo un indotto che coinvolge 300mila persone, il cui posto di lavoro è a rischio. Sull’isola sono ben 200 strutture. Non mi capacito che ci siano politici che, invece di pensare al reddito di cittadinanza, pensano a mettere a repentaglio un intero settore, che sulle spiagge offre tra l’altro anche il servizio di sicurezza, salvataggio, pronto soccorso, cose che nessun altro offre».

«Non è affatto vero che la messa a gara significherà maggiori introiti per gli enti: noi abbiamo già acconsentito a un aumento del canone annuale»

Un’ultima domanda: è possibile che imprenditori del settore possano consorziarsi per cercare di essere più solidi?

«Ma di fatto già noi balneari ci siamo consorziati tra stabilimenti, in materia di servizio di salvataggio. Tuttavia il consorzio legislativamente non viene favorito: in caso di mancato rinnovo della concessione, tutti i consorziati la perdono. A breve termine il Governo dovrà legiferare, emanando un regolamento specifico che regoli ogni situazione, e non va dimenticato il fatto che la revoca di una concessione deve essere prevista da una legge apposita, non da una sentenza del Consiglio di Stato. Quest’ultima rischia di distruggere un’intera economia, che a Ischia coinvolge anche il termalismo. I sindaci isolani possono e devono fare gli atti di protezione del settore, fissando paletti per le concessioni, riconoscendo la prelazione per i vecchi concessionari, visto che a livello di introiti per gli enti non ci saranno cambiamenti significativi. Ci sarà solo una enorme mole di contenziosi, che non converrà a nessuno. Sono convinto che da gennaio in poi succederà qualcosa a livello legislativo: tutte le forze politiche sono impegnate in tal senso, con l’esclusione del M5S».

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Luca

Sono decenni che fate gli imprenditori col bene pubblico pagando due lire e vi passate la concessione da padre a figlio. Il medioevo è finito….

Fabio

Si facciamo come la Spagna e prolunghiamo le concessioni per altri 75 anni, così barano avrà ancora la stessa amministrazione per altri 75 anni.

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Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex