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La ludopatia, quella malattia nemica di Ischia

La ludopatia. Una malattia nemica di Ischia che può anche uccidere Ormai non è difficile trovare sportelli e centri dove si combatte la ludopatia, negli ospedali e nelle Asl, perché la ‘malattia del gioco’ è ormai entrata prepotentemente nell’elenco delle patologie più diffuse e le statistiche ci danno un’immagine devastante fatta di famiglie rovinate dalla febbre del gioco. Gli ultimi dati disponibili, sono quelli relativi al 2016, e la Campania è una delle regioni messe peggio, con una spesa complessiva di 10 miliardi che solo in parte è mitigata dalle vincite, pari a 8 miliardi, visto che non tutti coloro che giocano vincono e recuperano l’80% di quello che spendono e, quindi, ci ritroviamo a fare i conti con pochi vincitori e tantissimi perdenti che volatilizzano i loro stipendi, i risparmi di una vita e si indebitano. Il tutto per vivere l’emozione del gioco. Un’emozione che, in Campania, costa, in media per ogni famiglia, 4.600 euro all’anno, una cifra che è quasi pari a quello che si spende per alimentarsi. Una vera assurdità.

Recentemente, con il cosiddetto decreto dignità, il Governo ha provato a mettere un freno, vietando le pubblicità, ma, da giornalista, prima che da politico e rappresentante delle Istituzioni, dico che sarebbe necessaria anche una regolamentazione dell’informazione che, troppo spesso, enfatizza vincite con articoli che valgono come e più delle pubblicità. Chi legge quegli articoli in cui si racconta di vincite a un determinato gioco d’azzardo rischia di convincersi che sia facile vincere e potrebbe essere spinto a giocare e a sperperare denaro. Bisogna anche limitare al massimo l’accesso al gioco d’azzardo e, in tal senso, ricordo la battaglia, vinta, sulle slot machine che erano state installate sui traghetti in viaggio nel Golfo di Napoli e alle quali accedevano anche minorenni e addirittura bambini ai quali i genitori insegnavano a usare quelle macchinette infernali senza alcuna remora e responsabilità. Quelle slot machine sui traghetti sono state eliminate, ma ora è necessario ridurre ancor di più la possibilità che persone a rischio, per età o per condizione sociale e psichica, possano finire nella morsa del gioco e, per farlo, la strada da seguire, in attesa di norme più stringenti a carattere nazionale, è quella di adottare ordinanze, sulla scia degli esempi di alcuni Comuni, in cui si vietano l’apertura di sale da gioco e scommessa a ridosso di sedi ‘sensibili’ tra cui Chiese, ospedali e scuole.

Chiaramente, però, le ordinanze hanno valore dopo l’emanazione e, quindi, le tante sale e i punti gioco disseminati già nelle nostre strade possono restare aperti, motivo per cui la sfida è anche quella di trovare un modo per chiudere quelle attività. In attesa di quegli interventi, però, bisogna intensificare i controlli anche per dare un senso alle norme già esistenti, soprattutto per quanto riguarda l’accesso dei minorenni. Parallelamente è importante mettere in piedi task force di volontari ed esperti che girino nelle sale scommesse e nei vari punti dove è possibile giocare d’azzardo per individuare le persone già colpite da ludopatia o a rischio per indirizzarli verso percorsi di recupero che gli permettano di recuperare la loro vita e quella dei loro cari. Non dimentichiamo che il gioco d’azzardo ha già ucciso a Ischia provocando anche il suicidio di un 18enne. Vittima giovanissima di un sistema marcio.

Francesco Emilio Borrelli* Consigliere regionale Verdi

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