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Caffè Scorretto Il circo(lo) isolano e la superiorità della specie

Ischia è un’isola speciale. Particolare. Nell’augurio che ciò non diventi una scusa per non far niente, poterla raccontare nei suoi aspetti somiglia a una possibilità remota di riscatto. Si tratta di un paese, l’isola, che molti ci invidiano (mentre non provano astio e neppure elogiano la parcellizzazione amministrativa). Perché nasconde potenzialità e risorse che altri luoghi possono soltanto immaginare e vorrebbero conquistare, statene certi. Come in tutti i posti di un’Italia disordinata e piena di figuranti, anche su questo scoglio “Benedetto “-non si sa ancora se dalla natura o da altro, da cui però gli essere umani vanno esclusi- si esaltano gli aspetti negativi. Sia chiaro.

Ischia è un’isola speciale. Particolare. Nell’augurio che ciò non diventi una scusa per non far niente, poterla raccontare nei suoi aspetti somiglia a una possibilità remota di riscatto. Si tratta di un paese, l’isola, che molti ci invidiano (mentre non provano astio e neppure elogiano la parcellizzazione amministrativa).

Nessuno afferma che bisogna tacere su ciò che non funziona, come preferirebbe qualcuno che spesso usa pressioni di amici (di amici) pure nei confronti di chi scrive, ma dirlo, parlare, urlare ciò che ancora è da migliorare deve diventare una specie di anticamera attraverso cui filtrare i problemi, monitorarli e proporre soluzioni. Sia da parte dei giornalisti e sia da chi fa politica (sempre che ci sia qualcuno disposto a farla seriamente e con provvedimenti che funzionino davvero e sempre che i primi vogliano fare davvero i giornalisti).  Per prima cosa dobbiamo destrutturare l’idea che abbiamo di questo lembo di terra, tanto che a volte è sperduto anche a noi. 

Ripercorrere le basi del vivere civile in comunità come dell’educazione civica, consumare l’ipocrisia che ci ha intossicato e soffocato, tornare insomma l’isola che vogliamo (lo desideriamo davvero e su quali idee?), rigettando qualsiasi tipo di imbarbarimento (i barbari, tali sono anche alcuni isolani a prescindere dal titolo di studio, potrebbero non capire ciò che dico), dovrebbe essere la “nuova” rotta. Per il momento ciò che è evidente, su tutto, e il brancolare nel buio, in cui collettività e singoli subiscono gli effetti. Si vede da come affrontiamo l’estate o da come, all’opposto, perdiamo facilmente di vista il focus sulle questioni importanti.  Che non è la percentuale dei turisti che manca rispetto ai decenni precedenti. Le vere ragioni sono da ricercarsi nella (nostra) incapacità di nutrire quella pratica e sana autocritica che avremmo dovuto costruire nel tempo. Li stiamo vedendo gli americani, gli inglesi, i russi, qualche francese o svedese, non mancano gli italiani, ma noi continuiamo a cadere nelle stesse difficoltà di sempre mostrando un’impreparazione orrenda. Da un lato si affaccia anche a Ischia una nuova tipologia di turisti, dalle nazionalità diverse, più per bontà divina che per bravura endogena escludendo qualche rara eccezione che tenta di favorire quel flusso cosmopolita, mentre la maggior parte dimostra di possedere un talento speciale nell’invidiare gli altri e nel fare poco -che a volte è inutile-o nulla per migliorarci. Dall’altro sono molte le attività e gli imprenditori che lamentano minori presenze e capacità di spesa ristretta, trasporti obsoleti e costosi, traffico caotico e divario enorme tra costi, ricavi e servizi. Chi li ascolta? Il problema è che non ci siamo accorti che abbiamo un problema grande quanto un isola.

Al contrario c’è chi non perde occasione per apparire dinanzi a telecamere, di sbucare dalle pagine dei giornali come un jolly per promuovere i risultati non ancora o mai ottenuti o favorire solo la propria immagine (per non farsi dimenticare nell’immaginario collettivo colmando, così, il voto con il vuoto)

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Forse più di uno o magari è lo stesso che assume molteplici forme. Le sei amministrazioni ancora non hanno partorito soluzioni univoche capaci di durare nel tempo. Al contrario c’è chi non perde occasione per apparire dinanzi a telecamere, di sbucare dalle pagine dei giornali come un jolly per promuovere i risultati non ancora o mai ottenuti o favorire solo la propria immagine (per non farsi dimenticare nell’immaginario collettivo colmando, così, il voto con il vuoto). Le amministrazioni, i sindaci, gli assessori, la pletora di sostenitori tanto degli uni quanto degli altri, quelli che spesso mostrano una presunta superiorità di “specie” politica, dove si sono rifugiati?

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Escludendo chi si è reso conto che questa supremazia è sintomo di arroganza e l’ha abbandonata da tempo, gli altri si sono accorti che è necessario governare i fenomeni invece di attribuirsi doti da organizzatori di eventi, di direttori artistici, insomma di “fenomeni” (che non risolvono niente)? In quale anfratto, intellettivo e politico, si trovano quando c’è bisogno di muoversi a tutela dell’economia del paese o degli esercenti e degli imprenditori di fronte alle ipotesi di chiusura delle attività commerciali di cui le amministrazioni -si può dire- sono corresponsabili? Da Lacco Ameno, per esempio, giungono notizie poco incoraggianti circa il futuro di alcune attività commerciali che meditano addirittura la chiusura dopo l’estate. La questione, allora, è rappresentata proprio dall’inerzia di amministratori ai quali manca la competenza per riequilibrare situazioni, storie particolari e attività economica. In cui resta il vuoto al posto delle basi di economia e politica economica, sempre più scollegati dalla certezza che ogni azione, come ogni atto, determina o delibera, è parte integrante di un sistema di gestione che non può farsi condurre dalla contingenza. Neppure si può tollerare che il meccanismo o comunque uno degli ingranaggi della nostra economia a tempo, si blocchi in piena estate.

Da Lacco Ameno, per esempio, giungono notizie poco incoraggianti circa il futuro di alcune attività commerciali che meditano addirittura la chiusura dopo l’estate

Ad esempio chiudendo improvvidamente alcune coste o tratti di mare e di spiaggia, come è accaduto prima Sant’Angelo e dopo a Ischia, per poi riaprirle sperando nella bontà di risultati positivi da parte dell’ARPAC. Ancora è ammissibile che ciò accada solo perché qualcuno non è in grado di predisporre un confronto serio e condiviso -tra amministrazioni- sulla necessità di costruire i depuratori? Il guaio è che amministratori con i “salvagente quadrati “non li abbiamo ancora visti. In compenso c’è chi sul social fa l’elenco di risultati ordinari mascherandoli di potenza straordinaria, quasi religiosa o divina. Se non smetteranno di rincorrere il palcoscenico mediatico, continueremo ad essere spettatori affamati e ai margini di questo “circo isolano“, in cui prevale in modo furbo l’improvvisa cospirazione di una superiorità della specie politica composta da trapezisti del nulla, giullari del transitorio e addestratori del niente.

Pagina FB Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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