CRONACAPRIMO PIANO

UN COLPO AL CUORE

La Corte d’Appello dichiara inammissibile il ricorso presentato dalla mamma del piccolo Mattia e il tribunale dispone la sottrazione del bimbo di 8 anni alla genitrice e l’affidamento ad una casa famiglia. La cronaca delle strazianti scene vissute in un pomeriggio infernale a Lacco Ameno, il sindaco Pascale: «Una sconfitta dello Stato, impensabile una cosa del genere»

DI GAETANO FERRANDINO E IDA TROFA

Ci sono dei momenti in cui fare questo mestiere ti fa capire anche come possa essere il più schifoso del mondo. Succede quella volta in cui ti trovi costretto a raccontare quello che hai vissuto quasi trovandoti dentro a un incubo. L’incubo di un bambino sottratto alla madre dalla giustizia, che magari avrà avuto anche le sue solide ragioni ma che ha certamente adottato il più “contro natura” dei provvedimenti. L’incubo del ritrovarsi all’esterno di una palazzina con polizia e vigili del fuoco che cercano di entrare con le buone, ma con la genitrice che non vuole staccarsi (comprensibilmente) dal piccolo Mattia di otto anni. Fino all’epilogo, al piccolo che viene prelevato e portato via, in primo luogo da un’ambulanza per essere sicuri che le sue condizioni di salute siano buone. Poi in una casa famiglia, lontano da quella madre. Tutto questo mentre, allontanandosi, si sentono chiaramente le sue grida: “Non ci voglio andare, voglio stare con mamma”. L’ultimo atto di un pomeriggio di m… che più di m… proprio non si poteva immaginarlo. Sul posto anche l’assistente sociale Irene Orsino ed il sindaco di Lacco Ameno Giacomo Pascale che con impegno, passione, cuore ed abnegazione ha provato per la seconda volta a vestire i panni di mediatore e a impedire il peggio. Ma stavolta la decisione dell’autorità giudiziaria era arrivata in tarda mattinata in maniera chiara e indiscutibile e con essa la necessità di agire ad horas, con immediatezza e con urgenza.Lo stesso sindaco ci ha detto: “Quella di oggi (ieri, per chi legge, ndr) è stata una sconfitta dello Stato: mai avrei pensato si potesse arrivare ad una cosa del genere. Nemmeno ai peggiori criminali è stato riservato un trattamento del genere, non potrò dimenticare quanto mi è toccato vedere”. La storia di Mattia non è soltanto una di quelle storie che non avremmo mai voluto raccontare, è prima ancora una storia che non avremmo mai voluto vivere. E che adesso faremo fatica a scrollarci di dosso, come spesso succede quando ti poni domande senza riuscire a trovare risposte, più o meno adeguate che siano.

Gli eventi sono precipitati nella mattinata di giovedì, quando abbiamo capito che per evitare il peggio sarebbero servite una buona dose di fede (per chi ce l’ha) e sperare in un miracolo. La Corte di Appello di Napoli aveva infatti respinto il ricorso presentato dall’avvocato Girolamo Andrea Coffari e dalla collega Clotilde Di Meglio (ritenendolo inammissibile), sul quale era così immediatamente tornato l’incubo si essere prelevato dalle forze dell’ordine e strappato a sua mamma. 24 ore che sono sembrate lunghe una vita con il Tribunale di primo grado che in udienza si è riunito per l’appunto a metà mattinata di ieri. Respinto il predetto reclamo, è tornato valido il vecchio provvedimento del Tribunale. Un epilogo che però alla vigilia avevano intuito un po’ tutti, non soltanto i legali di mamma Mariarosaria, ma anche la stessa genitrice che in extremis aveva lanciato un appello all’agenzia di stampa DIRE nella speranza di attirare l’attenzione su un caso che ci permettiamo (senza credere di offendere nessuno) di definire quantomeno anomalo.  La donna aveva lanciato una richiesta d’aiuto, quasi un appello disperato: “Non c’e’ stato ascolto e tutela di mio figlio. La curatrice insiste con il prelievo e collocamento in casa famiglia e chiede la secretazione del provvedimento. Ci tengono in una morsa mortale, io dico basta. Basta terrore, basta violenza, vogliamo vivere, vogliamo giustizia. Fermatevi“. Un’invocazione che è caduta nel vuoto, così come le grida di quel bambino che chiedeva soltanto di poter rimanere con la mamma. Un’ultima istantanea in grado di trafiggerti cuore e stomano e lasciarti tra mille domande. Tutte, lo ripetiamo, che non troveranno un perché. Si chiude nel modo più doloroso – anche se va detto che la madre può ancora giocarsi la carta del ricorso in Cassazione, che certo sarà una strada seguita dai legali – una vicenda nata alcuni anni fa. Mattia, all’epoca manifestava paura e disagio nell’incontrare il padre anche in incontri protetti. L’uomo era stato querelato per molestie e violenza sul bambino ma il procedimento era giunto ad una archiviazione. Poi una spirale di eventi che hanno portato alla sottrazione del piccolo alla mamma ed all’affidamento ad una casa famiglia. 

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