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Indagini e “intrecci” sul metano, si dimette il generale Adinolfi

Il numero due della Gdf, Michele Adinolfi, lascia in anticipo le Fiamme Gialle. L’addio al corpo dove ha trascorso più di 40 anni di carriera, fino a ricoprire – a luglio scorso – l’incarico di comandante in seconda, è fissato per domani. Va in pensione sette mesi prima della scadenza naturale del mandato, e abdicando dunque alla corsa per la poltrona di comandante generale del corpo: il generale Saverio Capolupo lascerà a fine maggio 2016. Mantiene però la pensione al massimo, dribblando gli eventuali ritocchi al ribasso che potrebbero arrivare da Palazzo Chigi.Quanto al vertice del corpo,Adinolfi ormai aveva poche chance.

A quella poltrona aveva puntato all’inizio del 2014, proprio il periodo a cui risalgono le intercettazioni, senza rilevanza penale, tra il generale, il futuro premier Matteo Renzi, Luca Lotti e Dario Nardella. Quelle chiacchiere hanno corroborato l’immagine di Adinolfi come uomo dalle relazioni importanti. Che gli sono costate care, anche se è stato capace, comunque, di uscire immacolato dalle inchieste che negli ultimi anni, quando si è ritrovato indagato e intercettato, lo hanno lambito. A metterlo all’angolo aveva provato il pm Woodcock ai tempi dell’inchiesta P4. L’ex deputato Marco Milanese riferì di una cena tra Adinolfi e il patron dell’Adnkronos, Pippo Marra. A tavola il generale avrebbe rivelato a Marra dell’esistenza di un’inchiesta contro Luigi Bisignagni, ritenuto capo della «loggia» dai pm partenopei. Tanto bastò a Woodcock per indagare Adinolfi. Che si difese spiegando che quella cena c’era stata, ma nel 2009, molto prima che l’indagine avesse inizio. E alla fine la procura chiese l’archiviazione per l’alto ufficiale.

L’ultimo sgambetto riservato al generale della Gdf è stato invece più mediatico che giudiziario. Intercettato a margine dell’inchiesta (sempre diWoodcock) su Cpl Concordia, quella che di fatto ha spedito dritto a Poggioreale il sindaco d’Ischia Giosi Ferrandino, Adinolfi a luglio scorso si è visto spiattellare sui giornali la sua importante rete di relazioni. Chiacchierate intercettate tra fine 2013 e inizio 2014 con Renzi (che, prossimo a insediarsi a Palazzo Chigi, si sfoga definendo Enrico Letta «un incapace»), sms al futuro sottosegretario di Palazzo Chigi Lotti per manifestare stupore sulla proroga in anticipo concessa al comandante generale Capolupo (e Lotti replica «Con nostra avversione»), la rivelazione (a cena con il sindaco di Firenze Dario Nardella e l’ex capo di gabinetto di Tremonti, Vincenzo Fortunato) che Gianni Letta e l’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro tenessero «per le palle» il figlio dell’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, scambi di affettuosità con lo stesso Gianni Letta («Mi vuoi ancora bene?», chiosa Adinolfi, «sempre te ne voglio», risponde Letta).Lui stemperò le polemiche incendiarie ma di fatto oggi lo si può ritenere a tutti gli effetti un’altra testa che cade nella storia della metanizzazione di Ischia. Che, a questo punto, rischia seriamente di mietere più vittime lontano dai confini della nostra isola che sulla stessa.

 

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