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Mindfulness, tra meditazione buddista e zen

  1. Viviamo in una società ormai “incessante”, sempre attiva è sempre più incapace di staccare la spina, sempre lì a digitare, condividere, perdendo il senso della differenza tra giorno e notte, tra feriale e festivo, tra casa e ufficio, tra reale e virtuale (pag. 5). La mindfulness (pienezza di mente, piena consapevolezza di sé) è un possibile antidoto a questa incessante deriva del progresso culturale e tecnologico (pag. 6).
  2. Le origini della mindfulness non possono essere ricondotte ad un contesto geografico e temporale preciso perché sono rintracciabili, seppur con nomi diversi, in un ampio territorio compreso tra la Cina e la Grecia in un periodo che va tra 2800 e 2200 anni fa (pag. 16). Al di là di tutte queste influenze, l’idea di mindfulness, per come viene strutturata e utilizzata oggi in ambito psicologico, affonda le sue origini principalmente nella meditazione buddista “vipassana” e, in buona parte, anche in quella “Zen” (pag. 17). Il più famoso medico che si è dedicato all’insegnamento della mindfulness è Jon kabat-Zinn (pag. 20). Una qualità importante della meditazione mindfulness non è il grado di benessere o rilassamento raggiunto, ma “la qualità non giudicante della nostra attenzione”(pag. 23). Il medico Jon kabat-Zinn è colui che ha introdotto la mindfulness nella medicina tradizionale, ma il lavoro di questo medico è solo una piccola parte di tutta l’attuale psicologia basata sulla mindfulness (pag. 30). Il perno su cui si basa la pratica meditativa della mindfulness è l’attenzione al momento presente (pag. 38). La mindfulness, grazie al suo svolgersi e al suo procedere nel tempo, permette il recupero della capacità di stupirsi, di cogliere la novità e la freschezza di ogni esperienza (pag. 87). Siamo così abituati a pensare in termini di “Io” che raramente cerchiamo di approfondire chi siamo davvero. Troppo spesso, in terapia, sentiamo persone dirci: “Non so chi sono”. Tale affermazione pone l’accento solo sul sè, come se fosse possibile essere qualcuno indipendentemente dalle nostre relazioni con gli altri e con il mondo (pag. 96).
  3. La respirazione diaframmatica: Purtroppo, a causa dello stress che accumuliamo nel corso della vita, impariamo progressivamente a vivere, e quindi a respirare, contratti, e a fare respiri più corti, utilizzando solo la parte alta dei polmoni… La mindfulness insegna ad avere una respirazione diaframmatica “bassa/di pancia”, cioè un tipo di respirazione che ha come conseguenza il rilassamento dei muscoli addominali, senza il quale non è nemmeno facilmente praticabile. è anche più lenta, lunga e profonda di quella “alta/di petto” (pag. 46).
  4. Mindfulness e preghiera cristiana: La la preghiera è uno stare davanti a Dio con tutto se stessi, senza escludere nulla di noi. è forse l’esercizio più alto di consapevolezza… Dio non è fuori di noi. È dentro, nella parte più profonda e nascosta di noi: in quel mondo interiore che spesso definiamo “cuore” (pag. 148). “Non uscire fuori, rientra in te stesso, nell’uomo interiore abita la verità”, “Eri con me, e non ero con te” (Sant’Agostino, Confessioni 10, 27, 38).
  5. La vera esperienza contemplativa consiste quindi nel rendersi conto di questo, e iniziare un viaggio interiore verso il centro della nostra anima dove appunto c’è Dio. Santa Teresa d’Avila (1515-1582) trascrive le sue esperienze spirituali, incentrate sulla mistica dell’interiorità nell’opera “Il castello interiore” (pag. 161).
  6. Anche alcuni autori spirituali del XX secolo trovano l’unificazione spirituale, la totalità del proprio essere nella presenza di Dio nella nostra vita. Fra questi Thomas Merton (1915-1968) è uno degli autori più importanti della letteratura cattolica e monastica del secolo scorso con il suo libro “La montagna dalle sette balze” che afferma la necessità di trovare il nostro vero io all’interno di noi stessi, in quel santuario interiore che è il vero tempio di Dio.

Post scriptum: Dal piccolo assaggio che ne ho dato, ognuno si accorge che “Mindfulness” è un libro veramente attuale. Ma non so se tutti riescono ad apprezzarne anche l’originalità, nell’avere cioè applicato la mindfulness anche alla lettura della Parola di Dio e alla preghiera. Il cardinale Martini intanto nella sua “lectio divina” ha precorso i tempi.

Don Vincenzo Avallone

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