LE OPINIONI

IL COMMENTO L’isola e la bellezza di un’alba

DI ARIANNA ORLANDO

Giorno numero 22 di settembre e l’alba sorge in un modo complicato. La luce si gonfia a est e si allarga distendendosi sulla vegetazione e l’urbanità. Ischia è il luogo in cui la natura si interseca alle visioni antropocentriche e noi, cittadini di un’isola, aspettiamo l’alba con la luce che esplode tra gli angoli coniugati e alterni interni tra le rette dei rami alberati e i segmenti contriti e umiliati delle strutture urbane. Un fuoco invisibile divampa nelle cortecce degli alberi e il calore che ne proviene li costringe a denudarsi e a bruciare le foglie di colori giallo e arancio. Cadendo al suolo, questi fogli-foglie accartocciate tessono sui pavimenti di asfalto o di strade sterrate arazzi di rara bellezza. Un autunno appena nato, che sembra fatto di fiandra, prosciuga dalla pelle l’acqua di mare, risucchia il sole, placa gli ardori del forte caldo che costringeva ad aprire le persiane, a spostare le tende. Il nostro autunno appena venuto in questa parte mondo porta con sé un timidissimo freddo che accosta le persiane, che chiude le tende e costringe a una speciale intimità con sé stessi. 

I turisti sembrano poi venire risucchiati da un misterioso vortice al centro del mare: le loro valige li portano via e spariscono da un momento all’altro svuotando le strade come bottiglie di vetro. La loro quotidianità è venuta a riprenderseli in abiti da studente, da operaio, da impiegato e li ha rimessi al loro posto, quello da cui si erano discostati per raggiungerci in preda a una frenesia di bellezza e di mare. Vanno via ubriachi di bel mare e di bellezza. Torneranno? Se non torneranno, sapranno comunque che Ischia è per noi il centro del mondo e siamo così isola-centrici che abbiamo sul serio creduto che torneranno, chè senza la nostra isola non si può esistere, che bisogna raggiungerla ancora e ancora. Che strana creatura è il turista per l’isolano: viene da luoghi impensabili, a volte lontanissimi. Usa il nostro mare, adotta le nostre case, si annida in una stanza d’albergo e gode di tutto ciò che noi ignoriamo. Eppure questa bellezza e questo godimento sono i nostri! E ci appartengono in modo ventrale, atavico e sono effetti collaterali della nostra nascita ischitana, della nostra natura così “isolitudinata”. L’isola che ci ha messi al mondo ci dichiara guerra con le stragi naturali, con la politica talora deleteria, con l’indifferenza dei suoi coloni eppure a tutte queste prove, a tutte queste guerre resistiamo e siamo resilienti come la macchia mediterranea che si brucia e poi ricresce. Ischia ha questo bisogno di nascere in autunno, di “bruciarsi” di colori giallo e arancione, di lasciare che sfoghino le fioriture dei castagni. Ischia ha bisogno di questo autunno di fiandra per tessersi bella in modo nuovo, per diventare bosco e bosco mescolato a città e vuole che glielo lasciamo fare senza disturbarla troppo, permettendo alle more dell’Epomeo di marcire in pace sui rovi irraggiungibili per creare concime per more nuove.

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