Illegittima l’installazione del ripetitore telefonico della Tim al Fango. È questo il responso che emerge nel parere legale che l’avvocato Lorenzo Bruno Molinaro ha depositato ieri presso l’ufficio del Protocollo del Comune di Lacco Ameno. Il parere era stato richiesto nei giorni scorsi dall’ufficio tecnico di Piazza Santa Restituta, dopo le polemiche e le proteste levatesi una settimana fa dagli abitanti di località Costa, sulla strada Lacco-Fango, dove l’apparecchiatura è stata installata. Il fatto che il podere in questione fosse di proprietà della madre del comandante della polizia locale, il dottor Raffaele Monti, aveva accentuato i malumori dei residenti, presto riunitisi per cercare di incanalare la protesta verso l’amministrazione comunale, colpevole, secondo gli abitanti del posto, di non aver prestato la dovuta attenzione alla richiesta della Compagnia telefonica del 20 giugno scorso, soprattutto in ordine ai potenziali rischi per la salute umana derivanti dalle onde elettromagnetiche emesse dall’antenna, ma anche relativamente all’iter procedurale della richiesta stessa.
Anzi, ad essere precisi quella della Tim fu ciò che può classificarsi come una comunicazione di “attività di edilizia libera” presentata ai sensi del Testo unico per l’edilizia. In ogni caso, i residenti a un certo punto avevano paventato anche il pericolo che la struttura da mobile avrebbe potuto divenire in qualche modo definitiva. Tuttavia, visto il clamore mediatico sollevato, ben difficilmente l’antenna resterà al suo posto dopo il 15 settembre, che rappresenta il termine massimo del contratto in essere tra il titolare del terreno e la Compagnia. In ogni caso, l’avvocato Molinaro ha depositato un corposo e articolato parere che poggia sull’analisi di tre tipi di aspetti: quelli urbanistico-edilizi, quelli paesaggistici e quelli relativi alla normativa antisismica, di ciascuno dei quali leggete a parte i dettagli. Ieri sera, intanto, il comitato dei residenti si è nuovamente riunito per mantenere costante l’attenzione sulla questione, anche se la manifestazione pubblica di protesta che secondo alcuni si sarebbe dovuta svolgersi ieri nel tardo pomeriggio per le vie del paese è stata rinviata a data da destinarsi. Tuttavia, come già anticipammo qualche giorno fa, i tempi tecnici impedirebbero la reale efficacia di un eventuale ricorso: stante la sospensione feriale, anche da parte del comitato dei residenti non sarebbe fruttuoso impegnarsi in un’azione giudiziaria quando il 15 settembre la struttura verrà in ogni caso rimossa, come il Comune ha già annunciato.
LA TIM NON HA ACQUISITO L’AUTORIZZAZIONE UNITARIA DAL COMUNE. Sotto l’aspetto urbanistico ed edilizio, secondo l’avvocato Molinaro la società Telecom Italia s.r.l. non poteva ritenersi legittimata alla installazione della stazione radio base, avvalendosi per giunta di una semplice comunicazione di “attività di edilizia libera” presentata ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lett. e-bis, del T.U. n. 380 del 2001. Tale disposizione esclude l’obbligo del permesso a costruire per “le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e a essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all’amministrazione comunale”. Al contrario, sostiene l’esperto cassazionista, l’articolo 86 del “Codice delle comunicazioni elettroniche” del 2003 non esclude affatto la necessità che l’ente locale proceda alle proprie valutazioni di natura urbanistico-edilizia in ordine alla assentibilità delle opere, senza, peraltro, distinguere tra opere temporanee ed opere definitive, limitandosi soltanto a stabilire che tali valutazioni vengano effettuate all’atto del rilascio dell’autorizzazione unitaria di cui all’articolo 86, e non già all’interno di separato procedimento ordinariamente previsto. Nel caso del ripetitore al Fango, risulta dimostrato che l’autorizzazione unitaria non è mai stata acquisita dalla società di telefonia, quindi la comunicazione dalla stessa effettuata (in surroga) è da ritenere inidonea ed improduttiva di effetti.
NON SI TRATTAVA DI SPETTACOLI O EVENTI. Anche sotto l’aspetto paesaggistico non sarebbe bastata la semplice comunicazione al Comune. Come scrive l’avvocato Molinaro, l’articolo 2, comma 1, allegato A, punto A.16, del d.P.R. n. 31 del 2017, stabilisce che “non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all’Allegato «A». (…) A16. Occupazione temporanea di suolo privato, pubblico o di uso pubblico mediante installazione di strutture o di manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione, per manifestazioni, spettacoli, eventi o per esposizioni e vendita di merci, per il solo periodo di svolgimento della manifestazione, comunque non superiore a 120 giorni nell’anno solare”. Trattandosi di norma di stretta interpretazione, come tutte quelle riguardanti la tutela del paesaggio, principio fondamentale della nostra Costituzione, il legale ha ribadito che la disposizione invocata dalla Compagnia telefonica non poteva trovare concreta applicazione. Nella comunicazione del 20 giugno 2017, è mancata ogni specifica indicazione, come espressamente richiesto dalla normativa, di quelle “manifestazioni, spettacoli ed eventi”, a cui il legislatore ricollega la deroga per la particolare esigenza da soddisfare, peraltro “per il solo periodo di svolgimento della manifestazione”. Secondo l’avvocato Molinaro, è evidente che a giustificare l’esonero dall’obbligo di acquisire, in tali casi, l’autorizzazione paesaggistica non può di certo valere il generico riferimento a “manifestazioni” che possono essere sempre organizzate o al prevedibile (ma non del tutto scontato) aumento del fabbisogno nel periodo estivo anche per eventuali necessità di “protezione civile” o di “soccorso a mare”. È ragionevole ipotizzare che l’autorizzazione paesaggistica non sia prescritta laddove la stazione radio base serva a potenziare le infrastrutture esistenti in occasione di manifestazioni predefinite come, ad esempio, quelle di Ravello Festival (Ravello, 1º luglio – 30 settembre), Umbria Jazz (Perugia, luglio), del Festival dei Due Mondi (Spoleto, ultimo venerdì di giugno fino alla terza domenica successiva), della Notte della Taranta (Salento, 3 – 22 agosto), della Sagra del Redentore (Nuoro, 17 – 29 agosto), di Imperium, Dramma in Musica (Minori, 1 agosto – 5 settembre). In tali casi, le manifestazioni turistiche sono già programmate e ben individuate o individuabili e, dunque, ben possono legittimare l’applicazione del regime derogatorio. Negli altri casi appare viceversa indubbio che l’autorizzazione paesaggistica debba essere acquisita ed è certo che la società Telecom Italia non l’abbia nemmeno richiesta, pur avendo espressamente dichiarato che “l’area oggetto di installazione è sottoposta a vincolo paesaggistico si sensi del d.lgs. 42/2004”. «Ne deriva – conclude l’avvocato Molinaro – che l’intervento eseguito, non potendo ritenersi valida ed efficace la comunicazione del 20 giugno 2017, né pertinente il richiamo in esso contenuto al punto 16.A del d.P.R. n. 31 del 2017, è stato realizzato in assenza della prescritta autorizzazione paesaggistica».
LACCO AMENO NON È UN COMUNE “A BASSA SISMICITÀ”. Manca l’autorizzazione sismica. È questo un ulteriore motivo a base dell’illegittimità dell’installazione dell’antenna Tim. L’articolo 12, comma 3, del regolamento regionale n. 4 del 2010 include, infatti, nell’elenco degli interventi assoggettati a regime autorizzatorio (sia pure con istruttoria in forma semplificata), anche “le antenne per telefonia mobile, da installare anche su edifici esistenti, nonché le strutture di sostegno per dispositivi di telecomunicazione, illuminazione, segnaletica stradale (quali pali, tralicci, torri faro…), isolate, non ancorate ad edifici, di altezza strutturale = 10 m”. L’illegittimità della installazione è, inoltre, aggravata dal fatto che il comune di Lacco Ameno, assoggettato a vincolo sismico come ogni altro comune dell’isola d’Ischia, non è un comune “a bassa sismicità”. «Ed è risaputo – scrive l’avvocato Molinaro – che gli obblighi di denuncia e di autorizzazione, come chiarito dalla Cassazione penale, sussistono anche nelle zone a basso rischio sismico e a prescindere dall’entità delle opere e dalla natura dei materiali impiegati, sicché la loro violazione configura un reato contravvenzionale istantaneo ad effetti permanenti, con l’unica eccezione costituita dalle opere di manutenzione straordinaria ordinaria».