CRONACAPRIMO PIANO

«IL PORTO? PAGHIAMO LE “CASTRONIERIE” DEL PASSATO»

Lacco Ameno e il caso dell’approdo turistico a Marina di Capitello, irrompe lo “sceriffo” Giovanni De Siano: il consigliere delegato in una intervista a Il Golfo ripercorre le tappe della vicenda partendo dal lontano 2015. E dai tanti, troppi errori commessi nel dare via libera e Perrella. E sul futuro…

L’eterna querelle del porto: gli ultimi sviluppi hanno finito per rendere la questione, dal punto di vista giudiziaria, ancora un po’ più complessa. E a questo punto?

«A questo punto direi che siamo in attesa della scadenza naturale di tutte le proroghe che secondo il Consiglio di Stato portano al dicembre 2023. Vero è che per noi queste proroghe all’attuale sub-concessionario non si sarebbero mai dovute applicare, così come aveva disposto il giudice Pastore Alinardi in primo grado nella sentenza dell’Evi. Ormai siamo a fine settembre, la stagione è finita, restano questi tre mesi, dopo di che speriamo di rientrare in possesso delle nostre aree, quantomeno dal primo gennaio 2024».

Qualche giorno fa proprio al nostro giornale il sindaco Pascale, ribadendo ancora una volta la giustezza dell’iniziativa portata avanti dall’amministrazione per reimpossessarsi del porto, parlando proprio della scadenza del 31 dicembre prossimo aggiunse: “a meno che lo Stato o l’UE non si inventi qualcos’altro”. Tecnicamente, questo timore ce l’ha anche Lei, oppure crede che stavolta la questione si chiuderà definitivamente?

«”Timore” ormai è un eufemismo: guardando all’esito di tutti i vari gradi di giudizio finora svolti, non mi meraviglio più di nulla. Tutte le sentenze del Tar più recenti a livello nazionali sono quasi interamente orientate alla scadenza di dicembre senza nessuna proroga. Tuttavia lo Stato italiano ad oggi non ha fornito ai Comuni nessuno strumento per poter imbastire le gare e i nuovi affidamenti. Quindi io non vorrei che ci si agganciasse a una ulteriore proroga che potrebbe uscire dal cilindro del governo italiano. Ma ripeto, tutte le proroghe ad oggi non dovrebbero essere applicabili: noi non stiamo parlando di un concessionario, ma di un sub-concessionario con un progetto di finanza, che prevede una data di inizio e di una fine ben precise, sottoscritte in un contratto. A me sembra che tale contratto non abbia alcuna valenza. In ogni caso, il timore di una ulteriore proroga c’è sempre. Insieme all’amministrazione faremo qualsiasi cosa affinché il Comune possa rientrare in possesso delle aree almeno dal primo gennaio».

«L’auspicio è di rientrare in possesso delle aree portuali dal primo gennaio, ma non mi meraviglierei se lo Stato o l’UE tirassero fuori dal cilindro un’ennesima proroga, che però come tutte le altre non sarebbero applicabili a una sub-concessionae, visto che parliamo di un project-financing, non di una concessione»

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Mettiamo che per ipotesi si arrivi al 31 dicembre, non ci saranno proroghe, il Comune torna in possesso del porto. Resta il fatto, come sostiene lo stesso sindaco, che senza nemmeno versare canoni negli ultimi anni, il sub-concessionario si è tenuto la struttura per qualche annetto in più. Su tali presupposti la domanda è: non sarebbe stato il caso di chiudere la partita una volta insediata la nuova amministrazione piuttosto che andare allo scontro, oppure Lei, che ha vissuto in prima persona tutte le dinamiche, rifarebbe le stesse scelte?

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«Sicuramente rifarei le stesse scelte, anzi forse sarei un po’ più “duro”. Il problema non è il mancato incasso ai danni del Comune. Bisognerebbe partire dall’inizio: il progetto di finanza (project financing) che è stato affidato nasce da delle basi che già dimostravano che il sub-concessionario non avrebbe rispettato gli impegni. E mi spiego: nel 2015, quando per la prima volta gli fu assegnata la sub-concessione per un solo anno, il canone di quella stagione non lo ha versato, o meglio, ne ha versato una parte e poi ha contestato una cifra pari a 80mila euro affermando che mancavano alcune cose. Quando ha presentato la finanza di progetto, per poter ottenere l’approvazione avrebbe dovuto versare questi 80mila euro, visto che era appunto in debito verso il Comune. L’amministrazione dell’epoca si industriò concedendogli un rateizzo. Il sub-concessionario accettò tale rateizzo, dunque prendendo il “pacchetto” così com’era: in tal modo gli fu approvato il project financing. Il punto focale è che non appena egli viene in possesso delle aree, scrive al comune dicendo: “Guardate, non vi verso più gli 80mila euro che vi dovevo, perché a mio giudizio mancano determinate cose”. Tuttavia, se egli aveva presentato un progetto, aveva visionato le aree e tutto ciò che c’era da fare, e ha poi accettato il rateizzo per poter poi usufruire del project financing, è mai possibile che di punto in bianco cambi idea? Per quanto riguarda le cifre, checché se ne dica in giro, io ero prontissimo a venire incontro al sub-concessionario per capire cosa mancava alla realizzazione del suo progetto, e se il comune era stato manchevole in qualcosa, ci si sarebbe potuti sedere a un tavolo. Ma mai e poi mai si sarebbe potuto trattare sulla durata del contratto: se firmi un contratto di 5 anni, esso deve durare 5 anni. Non può durare sette».

«Ilprojectfinancing nasce da delle basi che da subito dimostravano che il sub-concessionario non avrebbe rispettato gli impegni. Egli aveva accettato di pagare 80mila euro dovuti per la sola stagione 2015, ma dopo che ottenne l’approvazione del progetto cambiò idea e decise di non voler pagare»

Si parla anche di pignoramenti che il comune ha provato a fare, e di soldi che sui conti correnti non si sono trovati. A posteriori, non essendo né io né Lei dei commercialisti, credo che tale circostanza, per un soggetto giuridico come una Scarl alle prese con la gestione di una struttura del genere, forse si possa definire come una imprudenza.

«Non lo metto in dubbio. I fatti dicono che io, che ero all’opposizione quando venne decisa la concessione alla Scarl, ho denunciato la vicenda in tutte le sedi, ci sono processi tuttora in atto, anche se coi templi biblici della giustizia italiana potrebbero andare in prescrizione, già all’epoca mi chiedevo come fosse stato possibile che una Scarl, che aveva un capitale sociale davvero irrisorio di poche decine di migliaia di euro, potesse anche solo pensare di progettare lavori per quasi tre milioni. Era evidente, secondo me, già all’epoca che l’operazione non poteva funzionare, era un “pacco”, e quindi io ho fatto tutto quanto dovevo: la mia azione amministrativa, allora come oggi, segue sempre lo stesso solco. Non ho cambiato di una virgola il mio pensiero. Evidentemente l’ha cambiato il sindaco, che giustamente si è reso conto di aver fatto una “castroneria” sette anni fa».

«Per quanto riguarda le cifre, checché se ne dica in giro, io ero prontissimo a venire incontro al sub-concessionario, però mai e poi mai si sarebbe potuto trattare sulla durata del contratto: se firmi un contratto di 5 anni, esso deve durare 5 anni. Non può durare sette»

Ultima domanda. A chi sostiene che Giovanni De Siano con questa battaglia ne ha fatto una questione personale cosa risponde?

«Io non credo che sia una questione personale. Io sto semplicemente rispettando ciò che avevo proposto in campagna elettorale, le persone mi hanno votato per quello. Capisco che in genere le dichiarazioni programmatiche dei politici durante la campagna elettorale vengono reputate semplici chiacchiere, ma io semplicemente promesso che avrei fatto una cosa, e sto continuando a farla. Con il sub-concessionario non ho mai parlato personalmente, quindi non c’è nessuna guerra personale».

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