LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Ischia contro Ischia» 

Non so se ci avete fatto caso ma, sintetizzando di molto il ragionamento, a Ischia esistono almeno due – si fa per dire – fazioni o squadre o gruppi o chiamateli come volete. Chi ne parla male e chi, al contrario, ne parla bene. All’interno di questi “insiemi” poi, ci sono almeno due sottocategorie, ossia quelli che ne parlano male a sproposito e quelli che ne parlano bene, spesso altrettanto a sproposito.

Raffaele Mirelli

Questi ultimi sono più inclini a lasciarsi abbagliare e dare attenzione a tramonti e panorami, forse per evitare di alzare il coperchio che negli anni la società isolana ha costruito sia con il consenso della politica e della stampa, e del modo in cui è stata interpretata da chi ne ha avuta la responsabilità, per “non svegliare il cane che dorme” direbbe qualcuno. La capacità di analisi, invece, tanto della realtà quanto dei problemi o delle criticità che imprigionano il “sistema Ischia” si pone come una categoria a sé. A chi ne fa parte, è richiesta, su tutto, una posizione la più possibile neutra, non ideologizzata, comunque lontana da posizioni “politiche” o pretestuose, con lo scopo di approfondire che cosa non funziona e che cosa invece può e deve essere migliorato. In quest’ambiente la capacità di comunicare insieme a come si produce questa sorta di artigianato dell’analisi attraverso l’uso delle parole, diviene fondamentale per la crescita di una società. Ne consegue che seguendo questa direzione si può fare un’altra distinzione – sempre brevemente – tra chi resta ancorato a una visione per lo più “lineare” della realtà, a tratti banale, e chi, all’opposto, è in grado di muovere il focus per spostare, di volta in volta, il proprio punto di osservazione per scomporre il problema, risalendo da questo alle cause che lo determinano partendo però sempre da ciò che, insomma, si vede.

Franco Borgogna

Scrivere, specie su un quotidiano – che sia locale o nazionale – al pari di altri, è un lavoro e non è per niente, come crede qualcuno, una perdita di tempo o qualcosa che si può fare in modo semplice. Anche questo “lavoro intellettuale” dovrebbe sottostare al principio che non è tanto il “dove”, ma il “come” si compie (e dunque si scrive). Come tutti i “lavori” richiede doti particolari che possono essere sviluppate a patto di voler continuare a studiare e sforzarsi di cambiare la visione delle e sulle cose. Scrivere, in altre parole, è un’attività che possono compiere tutti, considerando che la maggior parte ha seguito un percorso di studi standard ma assume su di sé una responsabilità pesante perché attraverso le parole – che dipendono dall’ampiezza o ristrettezza del vocabolario che ognuno possiede – si può migliorare o peggiorare la società. Scrivere, allo stesso modo parlare o esporre certi argomenti e ragionamenti, discendono sia dalla capacità di seguire la curiosità sia dalla voglia di imparare e scoprire cose nuove. A ciò si aggiunge la volontà di frequentare linguaggi diversi, passando per esempio per la lettura, per le arti visive o la fotografia come il cinema, con il fine di favorire la “semplice” operazione di allontanarsi dall’appiattimento e dalla standardizzazione in cui spesso a livello locale cade tanto la forma quanto il contenuto determinando per conseguenza il blocco della società. Bisognerebbe evitare, perciò, di sedersi e pensare che possa bastare un qualunque corso di studi – accademico o di scuola superiore– per dire ciò che si vuole che, in buona sostanza, è sempre migliorabile e andrebbe allontanato il più possibile dalla piattezza del linguaggio come dalla semplificazione. Le scuole dell’isola d’Ischia hanno un compito che di norma non è detto, quasi allo stesso modo della “stampa”. Vale a dire che hanno il dovere di migliorare sempre più nel contenuto poiché è importantissima la capacità di stimolare gli alunni e la gente alla lettura, l’unico antidoto per sviluppare il pensiero critico mettendo chiunque nella condizione di confrontarsi con il “pensiero” scritto, sia di natura locale sia di produzione più ampia. Non solo per sensibilizzare la “società di domani” all’azione del leggere – i libri non ne sono esclusi, anzi vanno favoriti – agevolandone lo studio e la comprensione dei fenomeni ma per metterli nella condizione di capire che il mondo non è solo connesso ma, per questo, è diventato visibilmente anche complesso.

Luigi Della Monica

Una postilla finale. Uno studio dell’Università di Amsterdam del 2006, afferma che comprendere una frase non è questione di contenuto: fatichiamo a capire chi dice cose che non si addicono al proprio ruolo o figura. Verrebbe da pensare, perciò, al riconoscimento della figura stessa. Nell’articolo del Corriere della Sera che nello stesso anno ha trattato l’argomento, l’autrice Serena Patierno dice “che l’identità di chi parla è fondamentale per il nostro cervello ai fini della comprensione di un discorso. Se ci sono forti incoerenze, questa fallisce. Non solo l’associazione tra significato e significante – l’immagine acustica di una parola – non è così immediata e banale, ma anche il significato attribuibile a una frase non può essere separato dal contesto sociale che avvolge e coinvolge il momento in cui questa è emessa”. E riguardo alla relazione tra forma e contenuto, aggiunge che “il significato, quindi, non si costruisce solamente a partire dalla coerenza grammaticale e dalla conversione delle parole in idee. Il contesto sociale, e l’identità del parlante, costituiscono indizi altrettanto importanti che possono togliere coerenza e significato a un discorso proprio come gli errori grammaticali. Il processo, inoltre, è assolutamente veloce: fra i 200 e i 300 millisecondi sono sufficienti perché il cervello reagisca alla sorpresa che lo depista. È chiaro che il significato non è il risultato della somma dei singoli significati. I processi che lo regolano sono molto più complessi: «Il linguaggio – dichiara il professor van Berkum che ha condotto la ricerca olandese – evolve in modo strettamente correlato alla società, ai suoi bisogni comunicativi». In un attimo afferriamo il messaggio verbale, lo analizziamo grammaticalmente e lo inseriamo in un contesto complesso, fatto d’informazioni che riguardano l’individuo parlante, l’ambiente e molti altri aspetti per nulla contenutistici, bensì «formali»”.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci  

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