LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Niente razzismo o allarmismo però il coronavirus mina il senso di appartenenza»

È chiaro che a Ischia, anche i sindaci, siano esseri umani. Né maghi, né supereroi ma persone come le altre. È altrettanto evidente che, come disse Bill Gates in una conferenza nel 2017, in casi di marcata necessità manca il senso dell’urgenza. E, aggiungo io, a prevalere è la percezione d’incertezza, la preoccupazione, e in casi come questo la psicosi collettiva e la paura.

A venir meno è la programmazione delle azioni oltre che il buon senso, considerando l’enorme mole d’informazioni, per lo più errate o amplificate o attenuate ad arte da alcuni media oltre che da virologi laureati su internet, che circolano su contagi, morti già avvenute o sulla diffusione del virus. Su cui medici e ricercatori in tutto il mondo, peraltro, stanno lavorando 24 ore su 24, 7 giorni su 7. L’ordinanza, che hanno firmato i cinque sindaci in carica, poi annullata dal Prefetto di Napoli, rientra nei poteri di un primo cittadino ai sensi dell’articolo 50, comma 5°, del Testo Unico degli Enti Locali: «In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali».

L’ordinanza avrebbe sospeso l’ingresso di persone provenienti da zone focolaio del coronavirus (il cui nome è COVID-19) per sole due settimane: fino al 9 marzo. Si può essere in disaccordo, certo, ma non si può dire si tratti di razzismo, parola molto di moda intrisa spesso di ideologia. Si può parlare al massimo di prevenzione, benché parziale e dettata dalla paura, poiché è stato l’unico modo, urgente, per avviare una serie di riflessioni e arginare l’eventuale diffondersi di un virus che l’OMS ha classificato come emergenza di livello internazionale. La stessa –prevenzione – che il virologo Roberto Burioni sta invocando, per l’Italia e la sua popolazione, da gennaio. Contro il medico sono state rivolte accuse di razzismo nel momento in cui ha affermato che sarebbe stata una norma di buon senso mettere in quarantena le persone provenienti da zone in cui il coronavirus si era già diffuso. Quello stesso razzismo che trova la sua controparte nel buonismo, nel perbenismo e nell’ideologia di matrice italica le sue radici dannose, e spesso si muove su basi di appartenenza politica superando ogni immaginazione. Da un lato però l’ordinanza “temporale” dei sindaci, mossi dalla paura, forse ha peccato nella forma, forse nei modi, probabilmente nel contenuto, molto nella comunicazione tra gli organi di governo locali e quelli di livello superiore. Magari non avrebbe affievolito gli ingressi sull’isola se non quelli di individui provenienti da Lombardia, Veneto e Cina, luoghi in cui il virus si sta propagando. Non avrebbe ridotto, per esempio, l’accesso di un siciliano o di un sardo o di un toscano che per qualsiasi motivo si fosse recato o trovato nel Lodigiano – dove è avvenuto il primo dei contagi – e di lì poi avesse deciso di trascorrere la propria vacanza a Ischia o di farci un salto. È un fatto, però, che i sindaci abbiano agito per la tutela della popolazione dell’isola d’Ischia fino a quando, come spiega l’articolo 6 del medesimo Testo Unico, «non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma». Stato e Regione, insomma, cui spetta, sempre secondo l’articolo 50, «la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali». Strumentalizzare politicamente la loro azione dettata dal particolare momento di impotenza, da un’emotività esasperata ed enfatizzata dall’eccesso di informazioni, anche parziali, nel tentare di ostacolare un nemico invisibile con gli strumenti, limitati, a disposizione, è sbagliato. I cinque primi cittadini hanno cercato di prendere tempo, sebbene per certi aspetti proprio questo tempo da subito si sia rilevato anti economico. Immaginate i rimborsi che le strutture alberghiere, ormai prenotate, avrebbero dovuto riconoscere ai mal capitati turisti. Sarebbe stato un danno. Sì, tuttavia sostenibile se lo scopo fosse stato capito in tempo anche dagli imprenditori, vale a dire salvaguardare una stagione turistica già incerta e il suo flusso che muove l’economia dell’isola d’Ischia. Se non fosse chiaro è il turismo che inizia a barcollare, in Italia e quindi anche sull’isola, a causa di una diffusione veloce e virulenta del COVID-19 che presenta focolai in tutto il mondo e mette a dura prova i sistemi sanitari degli Stati, compreso quello italiano. Le prenotazioni, negli alberghi isolani ma possiamo tranquillamente citare anche alcune zone d’Italia, iniziano a diminuire. Come gli approvvigionamenti nei supermercati, presi d’assalto si trasformano teatro adatto per scene di panico e isteria collettiva.

Bene hanno fatto i sindaci nel tentare di mettere una pezza. Giusto o sbagliato o parziale che sia, hanno preso una posizione. La domanda, tuttavia, riguarda la capacità di affermarne una nuova. Immaginate se scoppiasse un caso di contagio sull’isola. Con quale stagione economica e turistica, entrambe buie a quel punto, dovremmo fare i conti? Quali mezzi avremmo a disposizione per realizzare una strategia di contenimento? Chi controlla le persone, italiani e stranieri, in vacanza in varie zone del mondo anche con focolai, Cina compresa, per evitare una possibile diffusione al rientro sull’isola e realizzare misure di limitazione al fine di evitare una diffusione del virus? L’ospedale Rizzoli, oggi è in grado di sostenere una mole di lavoro che potrebbe essere ritrovarsi decuplicata dal periodo di emergenza vista anche l’insularità di Ischia e la lontananza dalla terraferma? In caso di gravità esiste un protocollo di trasporto dei possibili contagiati da coronavirus presso i reparti di malattie infettive a Napoli? Spetta ai sindaci, adesso, più che mai, chiedere l’intervento – come dice il Testo Unico degli Enti Locali – dei soggetti competenti per la costituzione di centri e organismi di assistenza, anche in via preventiva. Pensiamo inoltre al personale sanitario impiegato al Rizzoli e alla tutela di medici e infermieri, spesso lasciati soli, con l’invio di tute e mascherine? Pensiamo ai tamponi, unico modo chiaro per rilevare la presenza del virus in persone che possono trasmetterlo pure in maniera asintomatica, cioè senza sintomi evidenti? Richiederne in grande quantità, in ragione delle presenze che circoleranno a Ischia, oltre i residenti, adesso è tra le cose più sensate da fare. Il virus, in questa emergenza sanitaria di portata globale, non ha a che vedere con il razzismo. Riguarda la paura per la salute pubblica. Come abbiamo visto però, colpisce anche il nostro senso di appartenenza come Nazione, e il senso di comunità. Amplifica l’ignoranza ed enfatizza la parte più profonda, oscura, degli esseri umani, di noi stessi. Ed è questa situazione che, proprio per la presenza della paura mette a dura prova il sistema. E va gestita, con l’aiuto di tutti.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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