LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «La cultura? Con quella (non) si mangia, forse, e si butta»

«E che so’ quelle?, – Quelle ..sono le nuvole! – E che so’ ‘ste nuvole? – Boh! – Quanto so belle, quanto so belle! – Ah, straziante meravigliosa bellezza del Creato!». Si tratta delle battute finali del corto pasoliniano “Che cosa sono le nuvole”. Alcune marionette parlanti, metà uomini, metà pupazzi, ne sono i protagonisti. In queste battute finali il pupo “Otello” (Ninetto Davoli) e il pupo Jago (Totò) danno vita a un dialogo surreale quasi onirico e inafferrabile allo “spettatore – osservatore” che può vedere solo ciò che è ma non quel che è occultato nella scena che perciò è immersa in un doppio piano di lettura. “Otello” è gettato per primo dal camion del burattinaio, Jago lo segue rotolando lungo la scarpata.

Il silenzio quasi estatico in cui contempla lo scenario fino ad allora mai visto, viene interrotto con la domanda su che cosa siano quegli ammassi nel cielo. “Jago” gli risponde che quelle sono le nuvole ma non sa cosa siano veramente. Sebbene le due marionette giacciano in discarica ormai inservibili e inutili Otello, avvolto dalla bellezza del cielo, spinge Jago ad affermare che, dopo tutto, il Creato non è solo straziante ma anche meraviglioso, lasciando intendere che il luogo dal quale si guarda il Creato, la discarica, non è importante. Non è il “dove” ad essere importante ma il “come” e questo dipende a sua volta da “chi” lo interpreta ovvero nella sua tendenza a farlo nel migliore dei modi. Probabilmente è lo stesso copione, la medesima conversazione surreale cui hanno dato “vita” enciclopedie e fumetti ammassati e intrecciati tra loro, accatastati su libri fotografici insieme a pagine di Oriana Fallaci e testi di diversi autori mentre scioglievano al Sole, uno sull’altro, in un cassonetto dell’isola ecologica di Forio. Morenti sotto il peso dell’incuria, devono aver assaporato le ultime nuvole estive apparentemente immobili sopra l’isola, dopo aver contribuito durante la loro esistenza a stabilire connessioni e relazioni tra il pensiero degli scrittori e spronato il “lettore – spettatore” a porsi domande, a scavare nel dubbio o a cercarne altri. La fotografia è stata scattata dall’avvocato Donatella Migliaccio il 6 luglio, che dal suo profilo social, come Otello nell’ardente desiderio di parlare con qualcuno, ha posto alcune domande. Per esempio che direzione avesse preso il progetto di costituire una biblioteca a Forio o quello di “book crossing”, tutto in una possibile logica di circolarità tale da mettere da parte quei volumi per sottrarli alla fine cui erano destinati, promuovere lo scambio e agevolare chi non ne avesse la possibilità per nutrire bellezza e cultura poiché la lettura di quelle pagine ingiallite dal tempo non sarebbe stata pregiudicata. Il giorno successivo, Donatella Migliaccio, si reca in Comune, a Forio, per capire come salvare quei libri. Alessandra Vuoso promotrice del progetto “book crossing” nel frattempo le offre la propria disponibilità per inserirli nella filiera dello scambio di libri che, come ha ricordato l’avvocato Migliaccio in un successivo post “val pena di ricordarlo ed evidenziarlo, gli assessori dei vari Comuni partecipanti si dicevano onorati e che i libri sono importanti ..[]”. Nel tentativo estremo quanto inutile di trovare qualcuno a cui chiedere e ricevere finalmente indicazioni in che modo recuperare quei testi, l’avvocato qualche giorno dopo raggiunge nuovamente il Comune di Forio. Nell’assenza di interlocutori, in quel momento si accorge che l’appello a salvare i libri era già finito al macero insieme a loro. È chiaro che per una grande fetta di persone sull’isola, non solo a Forio, esiste una superficie monodimensionale soltanto che all’usarla per assorbirne profondamente le radici, nel suo doppio piano di lettura, preferisce il vanto effimero delle parole di cui “cultura” e “condivisione” rappresentano un’architettura formale senza sostanza.

Si nota, e non è una novità, che l’assente ingiustificato è, ancora una volta, il dialogo tra Amministrazioni anche sul progetto book crossing. Lanciato da molte “protagoniste” come grande novità oltre che utile per spronare alla lettura e favorire il baratto di libri, in effetti, è manchevole dell’architrave principale del coordinamento e della comunicazione tra Enti tanto da far passare quel progetto nella dimensione dell’inutile e del superfluo. Singolare poi che quel cassonetto pieno possa collegarsi a vari livelli alla chiusura ormai permanente della Colombaia di Luchino Visconti trasformata in un inutile suppellettile dell’isola d’Ischia (anche se “cade” nel Comune di Forio), realizzando in un doppio piano di lettura una fitta trama col territorio. Destinata a sgretolarsi un poco alla volta sotto il peso del tempo, la Colombaia resta testimone instancabile di ammassi di nubi che le passano sul tetto condotte da un vento invisibile. La scena a doppio livello di lettura richiama le condizioni di un’isola più portata a crogiolarsi sugli allori, specie in presenza di articoli che la incoronano come “isola più bella del mondo”, e non fa nulla per mantenere quel primato conquistato dalla bellezza cui l’uomo non ha contribuito allo stesso modo di certe Amministrazioni evanescenti nelle criticità principali. Se Ischia sopravvive, se c’è quel che piace ad americani e turisti, non dipende che dalla Natura entusiasta e da poche persone le quali, ogni volta, cercano di porre un freno alla dissolutezza e all’indifferenza su cui l’altra parte continua a costruire imperi che si aggrovigliano tanto nel micro quanto nel macro. Come l’avvocato Migliaccio, però, pur provando nel proprio piccolo a interrompere il circuito del vizio vanitoso, non ci riescono. Con la conseguenza che la realtà cruda diviene un luogo in cui bisogna fare i conti con la straziante e meravigliosa bruttezza della miopia a tutti i costi. Come il burattinaio nel corto di Pasolini si propone voce esterna e didattica, allo stesso modo le sue parole possono calarsi senza alcun dubbio nelle vicende che riguardano l’isola d’Ischia, anche le più piccole: “Questa non è solo la commedia che si vede e che si sente; ma anche la commedia che non si vede e non si sente. Questa non è solo la commedia di ciò che si sa, ma anche di ciò che non si sa. Questa non è soltanto la commedia delle bugie che si dicono, ma anche della verità che non si dice”.
Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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