LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «L’isola che dovrebbe esserci»

Ci sarebbe molto di cui parlare, discutere e, magari, approfondire. Specie sui “media” isolani, partendo dalla consapevolezza, però, che al contrario della convinzione abbastanza diffusa per cui “scrivere” è solo una perdita di tempo, da un lato bisogna riconoscere che fare il giornalista significa appartenere a una categoria di professionisti, oltre che rappresentare un lavoro al pari di chi fa l’avvocato o il commercialista e perciò andrebbe retribuito. Dall’altro, quindi, posta la funzione sociale dei “professionisti dell’informazione”, servirebbero editori in grado di sostenerli, appoggiarli magari nel fare inchieste che richiedono tempo e capacità di documentarsi, interrogare e argomentare. 

Ci sarebbe molto di cui parlare, discutere e, magari, approfondire. Specie sui “media” isolani, partendo dalla consapevolezza, però, che al contrario della convinzione abbastanza diffusa per cui “scrivere” è solo una perdita di tempo, da un lato bisogna riconoscere che fare il giornalista significa appartenere a una categoria di professionisti, oltre che rappresentare un lavoro al pari di chi fa l’avvocato o il commercialista e perciò andrebbe retribuito. Dall’altro, quindi, posta la funzione sociale dei “professionisti dell’informazione”, servirebbero editori in grado di sostenerli, appoggiarli magari nel fare inchieste che richiedono tempo e capacità di documentarsi, interrogare e argomentare

Insomma servirebbe aprire gli armadi, avere il coraggio di tirar fuori scheletri di qualche “benefattore” o resuscitare argomenti, a volte o spesso, debitamente occultati dalla puzza che ne verrebbe fuori.

In altre parole serve svegliarci dal torpore che ci avvolge a tutti i livelli e continua nella sua opera d’illusione. La colpa però non deriva solo da un lavoro “poco retribuito e a mezzo servizio” come non è solo della politica che ha perso il proprio ruolo di collante tra le istituzioni locali, il territorio e il corpo sociale. La responsabilità è pure della gente. È nostra! Quando c’è chi tenta di affrontare situazioni o temi difficili cercando di costruire discorsi seri, i giornali isolani giacciono nelle edicole. La percezione che non ci sia che una nicchia di persone con il desiderio di sapere che cosa succede – o non si muove – sull’isola è diffusa. La maggior parte, al contrario, non ha voglia di capire, scavare, ascoltare, interessarsi o leggere e quando ciò avviene, non sortisce che effetti parziali della durata di pochi istanti.

La colpa però non deriva solo da un lavoro “poco retribuito e a mezzo servizio” come non è solo della politica che ha perso il proprio ruolo di collante tra le istituzioni locali, il territorio e il corpo sociale. La responsabilità è pure della gente. È nostra! Quando c’è chi tenta di affrontare situazioni o temi difficili cercando di costruire discorsi seri, i giornali isolani giacciono nelle edicole

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Quando invece proprio la carta stampata rende all’opinione pubblica di gossip (locale) e frivolezze varie le edicole registrano il “tutto esaurito”, vuol dire che qualcosa non quadra. La frustrazione e il pettegolezzo restano ancora spirali alimentate dal luogo comune che ci striscia tra i piedi, mentre l’osservanza di una morale, su tutte quella pubblica, in molti casi mostriamo di essere disponibili a ridurla a semplice accessorio vintage. Continuiamo, insomma, a rimanere sul pezzo.

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Sì, un pezzo di scoglio con il suo provincialismo che si estende in ogni settore della Pubblica Amministrazione, come nel modo di questa di sostenere certi argomenti cui si aggiunge la completa incapacità della gente di andare oltre. Esiste una convinzione, non di poco conto, secondo la quale i “nostri” rappresentanti non sono altro che la proiezione dell’humus sociale. Se questo oggi mostra la sua estrema superficialità, una tale caratteristica non potrà che essere proiettata pure in chi ha il dovere e la responsabilità di governare un Comune e nelle “carte” che disegnano il futuro di questo fazzoletto di terra che, diviso in porzioni, galleggia sull’acqua. Un esempio, altrettanto superficiale per spiegare quanto il livello continui a restare mediocre, si può fare citando la disarmonia – la stessa di ogni anno – delle Amministrazioni isolane che hanno dimostrato di saper suonare attraverso le (sei) differenti ordinanze aventi a oggetto il divieto di sbarco. Sarebbe da riderci sopra se ciò non nascondesse il dramma e la tragicità di un’isola tirata per la giacca da interessi parziali e che non sa organizzarsi.

La frustrazione e il pettegolezzo restano ancora spirali alimentate dal luogo comune che ci striscia tra i piedi, mentre l’osservanza di una morale, su tutte quella pubblica, in molti casi mostriamo di essere disponibili a ridurla a semplice accessorio vintage. Continuiamo, insomma, a rimanere sul pezzo

A volte non sa neppure dove sia la sua casa. Per cercare una strada e farvi ritorno, invece che restare nelle retrovie ristrette dei temi di interesse pubblico (scuola, sanità, politica in generale), serve uno slancio. Sia perché se ci sono retrovie esiste una profondità che, da noi, diventa depressione fino all’ingresso della Pasqua successiva, sia perché c’è bisogno di ricostruire una grande “comunità” isolana in grado di gettarsi nella “form-azione” di un nuovo destino che sia, a un tempo, politico e sociale. Questa è l’isola che dovrebbe esserci ma che, invece, non c’è.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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