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Fine 2015, inizio 2016

Che la cronaca del 2015 abbia dovuto scrivere pagine nere a livello internazionale, nazionale e locale, è fuori di dubbio. Sì è vero, che si tende a dire così di ogni anno che passa, in quanto i fatti e gli eventi non sono mai pari alle aspettative. Però, stavolta, il bilancio nero è un po’ più vero. Tra guerre, emigrazioni, terrorismi, fame, crisi del lavoro, scandali, crolli di credibilità di pressoché tutte le principali istituzioni, aggiunti ai problemi che ognuno di noi, ogni famiglia è costretta ad affrontare quotidianamente, costituisce un bilancio davvero deprimente. Ma noi ischitani siamo, giocoforza, un po’ napoletani e,come ogni napoletano che si rispetti, dobbiamo avere una componente scaramantica. Non è vero, ma ci credo! Nella superstizione non c’è nulla di razionale, eppure ci deve essere un motivo per cui la superstizione persiste nei secoli. Ciò, mentre valori grandissimi che si sono affermati nel corso storico, si sono sbiaditi, trasformati, adeguati ai tempi. Come mai la superstizione resiste? Deve far parte di un angolino inaccessibile del nostro irrazionale, del nostro inconscio. La superstizione, non a caso, è stata spesso abbinata al sentimento religioso, perché entrambi valicano la soglia della pura ragione. La fede è un bisogno alto di ricerca di un al di là, di un altrove che renda la vita, la sofferenza, la morte,meno insopportabili e più speranzose di una “ continuazione eterna”. La superstizione, su un gradino ovviamente più basso di quello religioso, dà parimenti l’illusione che evitando la iettatura, le cose possano procedere meglio, senza danni e malanni. Che Napoli sia la capitale degli scongiuri lo si è visto chiaramente a Natale in via Dei Tribunali e dintorni, con le decine di negozi pieni di amuleti, corna, corni e gobbetti vari, La gobba del maschio, come si sa, porta bene, quella della donna porta male. Ed è forse questo il motivo di tanto odio sportivo dei napoletani per la blasonata Juventus che, guarda caso, è chiamata, a Torino, “ la goeba”, la gobba, madama la gobba. Vi racconto questo: in via dei Tribunali 304 c’è il negozio L’arte del Presepio di Carmine e Placido Quagliarella ( www.lartedelpresepio.com). In questo negozio è andato letteralmente a ruba un cornetto rosso con sopra un gobbetto che recava il seguente bigliettino ( il tutto da regalare agli amici a cui si vuol bene): “ Questo corno contiene il 10% di terracotta, il 10% di kazzimma napoletana e l’80% di fortuna illimitata, da consumarsi entro il 31/12/2099”. Ditemi voi in quale altra città al mondo viene proposto una cosa così! Ve ne racconto qualcun’altra: la zona tra via Roma ( via Toledo) e via Chiaia è storicamente considerata zona di massima concentrazione jettatoria. E’ d’obbligo, in tale luogo, lo scongiuro, perché negli stretti vicoli che caratterizzano la zona, si dice che alberghino ( nascoste) le “ Mmalore di Chiaia”. E’ da queste parti che, al Caffé d’Europa in Largo Palazzo, Paul d’Aspremont ( dagli occhi un poco storti e i capelli rossi) si accorse di essere guardato con sospetto e timore e si rese conto di essere considerato uno “ jettatore”. Parola terribile, insostenibile, per chi ne teme gli influssi negativi, ma anche per chi è considerato tale. A questo punto, sarete curiosi di sapere chi era Paul d’Aspremont. Ebbene, è un personaggio del famoso libro di Théophile Gautier, dal titolo “ Jettatura” ( 1857). Paul d’Aspremont ama perdutamente Alicia Ward, nobile inglesina, alla quale – involontariamente – non fa che arrecare malanni. Il Conte d’Altavilla cerca di convincere Alicia che la causa dei suoi mali è lo “ jettatore” d’Aspremont. La giovane inglesina è scettica ed è troppo razionale per credere a questa superstizione. Conclusione drammatica, muore il conte di Altavilla, muore la bella Alicia e, per la disperazione, muore anche d’Aspremont, provocando le fiamme sulla bocca del Vesuvio e facendo sollevare le onde del mare. In questo libro, ad un certo punto, d’Aspremont, vistosi guardato in cagnesco dal popolino, si vuole documentare sul fenomeno della jettatura e legge “ Cicalata sul fascino volgarmente detto jettatura” di Nicola Valletta, giurista e professore di diritto, napoletano. Quello di Valletta, scritto nel 1787, è un vero e proprio trattato per scongiurare e parare la jettatura. Viene esaminato ed esplorato ogni gesto, ogni caratteristica dello jettatore. A Valletta, seguirono a Napoli altri studiosi del fenomeno: Marugi, Schioppa, De Jorio. Il problema fu che, per essersi immersi troppo in quello studio, vennero essi stessi considerati jettatori. A De Jorio ( Conservatore dei vasi etruschi nel Museo Reale) capitò, ad esempio, di non essere ricevuto da re Ferdinando IV, per ben 8 anni. Quando Ferdinando si convinse a riceverlo, pur con la prudenza di un cornetto stretto nella mano, la notte stessa il re  morì di apoplessia. Ovviamente conosco casi di presunti jettatori isolani, ma mi guardo bene dal farne i nomi. Per difenderli dalla gogna mediatica e – diciamo la verità – anche per evitarne gli influssi. Sembra, comunque, che passando nei dintorni di questi soggetti, venga un’improvvisa allergia urticante alle parti basse, per cui tutti…si grattano!

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