LE OPINIONI

IL COMMENTO A settembre ci sono le lampughe

DI RAFFAELE MIRELLI

Le tante lamentele sulla partenza della stagione turistica sono all’ordine del giorno.

Per strada, sui giornali, alcuni le vorrebbero scrivere anche sulle strisce pedonali.

Gli appelli sui social si “buttano”: nascono così una serie infinita di opinionisti, “sapienti dei dati”, delle proiezioni “ortogonali”, ignorando da dove proviene questo “flagello” estivo. “Venite a Ischia, aiutateci!”. Poveri noi! Pronti come sempre a chiudere i battenti alla fine di settembre. Sì! Perché non si è ancora capito che essere una località di transito per la massa, ci ha portati proprio a questo cambiamento. Con molta probabilità si raggiungerà l’apice nei soli due mesi tra luglio e agosto, forse a settembre, ma non di più.

Siamo riusciti ad accorciare ancor di più lo specchio temporale in cui lavorare. E come? Stressati, piagnucoloni, frettolosi, approssimativi e pure scostumati.

Ads

Eppure, ci sono quei pochi “fessi” che pretendono di proiettare Ischia in un disegno di utenza annuale, argomento su cui si scrive per sei mesi, da anni, senza sortire risultati. Ci sono anche realtà che ben hanno cominciato perché offrono da sempre un servizio di qualità. Pretendiamo di registrare più presenze e non facciamo nulla per meritarcelo: dopo un inverno disastroso, umanamente, pretendiamo che il mondo ci guardi come “bellezza assoluta”. Lo si pretendeva facendo campagne pubblicitarie frettolose, irriverenti e, ovviamente, senza un contenuto: Ischia.

Ads

Ischia non c’è, non c’è una parte di essa perché fuori dal tempo. Il cuore termale per eccellenza. E personalmente a me sembra di essere già ad agosto, dato il caos che si crea nei fine settimana, data la barbara affluenza di un pubblico anche molto discutibile, a cui non possiamo negare l’accoglienza. Sia ben chiaro, Ischia non è il Vaticano. Si propongono analisi sulle tariffe per gli hotel, per i trasporti. Intanto l’isola sprofonda sempre più – inevitabilmente – in una gestione complessiva di abbandono. Non ci sono regole, non esiste un senso comune di vedere le cose, tanto grande è l’individualismo del cittadino isolano che, come un rapace ingordo, afferra tutto quello che può, prima di cadere in un letargo da sedativo. 

Non so se sono l’unico a notare che le pagine dei nostri quotidiani si ripetono ciclicamente da anni, con gli stessi contenuti: dal calo delle presenze a inizio stagione, al problema dei trasporti pubblici, dalle gestioni dei porti, al traffico. Diventiamo poi, per un breve periodo, “empatici” con la Festa di Sant’Anna. Poi si riparte con le lamentele di agosto: cafoni, via De Rivaz, la Mandra, immondizia, gli ischitani che fittano buchi. Insomma, ma davvero? Tutto daccapo? Di nuovo?

Poi ci si lamenta dei politici. E sì! Son loro a fare l’isola. Davvero? E che cosa facciamo noi isolani per determinare il cambiamento che vorremo? Siamo in pochi a volerlo effettivamente, diciamocelo chiaramente. La società isolana vive una crisi profonda da qualche anno, economica, umana. Il divario tra ricchezza e povertà aumenta sempre più, senza contare l’enorme ferita di Casamicciola, ormai spezzata, abbandonata alla cicatrice di un terremoto prima e… E sì! Diciamo sempre le stesse cose, non vi pare? Specie noi scrittori, senza fare nulla. Il ragionamento sulla collettività è un traguardo che non tutte le società tessono e raggiungono. 

Condividere intenti è un’utopia a Ischia. Questo male nasce nelle famiglie, nell’egoismo della razza: “Basta che campo io, del resto me ne frego. Basta che mio figlio, figlia lavori, del resto me ne frego”. Basta che, basta che e basta. Siamo una massa informe, alimentati da un piccolo istinto di sopravvivenza che non assicura nemmeno la sussistenza per un solo inverno, quello che ci attende nel modo più amaro.

Eppure, ci sono esempi a noi vicini, virtuosi: a Bacoli il sindaco ha esposto il suo piano per combattere il traffico estivo, in modo semplice e chiaro. Lo ha scritto anche sui social. Un atto rivoluzionario per i più, ma logico per alcuni. Sembra di vedere il futuro di un passato. Sembra di vedere un eroe con il mantello (e il merito è oggettivo). E noi cosa aspettiamo, che finisca l’estate per lamentarci di nuovo?

Credo di sì. Lo sappiamo tutti che le cose vanno progettate, che tra di noi ci sono persone che lo dicono da anni, decadi (quanto sono intelligenti!), che il mare è un bene prezioso, che la natura va rispettata, che i giovani sono il futuro, che Ischia è l’isola più bella del mediterraneo, che è bello festeggiare e mangiare, che il Castello è stupendo, ma a Forio c’è il tramonto più bello, che il vino è buono e che siamo tutti eroi, inventori di ruote; che dobbiamo parlare bene del nostro territorio e non possiamo fare analisi, perché troppo intellettuali, perché i politici (che si pensa siano degli esseri mitologici  con venti bocche e quaranta mani “arraffatrici”) provengano da un altro pianeta, che insomma a Ischia non si fa mai nulla, che bisogna vedere il mondo fuori per capire cosa accade veramente bla, bla bla bla… .

Ogni scusa è buona per dare la colpa agli altri: non sarebbe il caso di fare autocritica? Forse siamo noi isolani a non fare la differenza? Non siamo stati noi a volere lo stallo di una società che è praticamente ferma? Ce lo siamo mai chiesti?

L’isola la abitano gli ischitani, non le lampughe. Non scrivo da tempo per questo quotidiano per il semplice fatto che sono ormai stanco di ripetere le stesse cose da anni. Ciò non significa che non lavori personalmente a un cambiamento per migliorare me e il territorio che mi ospita. Il mondo, l’isola mi ospitano. Sono un ente passeggero che non conosce la sua data di scadenza, di fine e mi piacerebbe cambiare le cose, meritare il meglio. Non l‘eccellenza, altro parolone che davvero mi indispone. Ormai siamo diventati tutti eccellenze. Siamo come dei provoloni “veraci”, appesi alla corda del mercato locale. Siamo esseri in vendita per pochi mesi. Che cosa aspettiamo? Tanto arriverà settembre, quando il “parlamento delle lampughe” si riunirà per tirare il bilancio di una stagione finita – tutto sommato – “bene”, che ci ha storditi e lasciati a pel d’acqua inermi, pronti per essere pescati dai predatori più ingordi di sempre: noi, nemici di un bene che non sa essere preservato e valorizzato. I prossimi anni saranno cruciali per il destino dell’isola. Facciamo attenzione!

* FILOSOFO

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

1 Comment
Più vecchio
Più recente Più Votato
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Beta

È nato prima l’uovo o prima la gallina?
È innegabile che comunque sia andata, le due “parti” sono abbastanza specchio l’una dell’altra, basta considerare il numero mostruoso di auto isolane e lo stile di guida “prepotente” degli autoctoni, in spregio a pedoni, al riposo di concittadini e turisti ed al parcheggio selvaggio!
Tutto il resto segue a ruota…

Pulsante per tornare all'inizio
1
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex