LE OPINIONI

IL COMMENTO Barca Italia: affonda la politica e con essa gli italiani

Il profluvio di parole, incontri, scontri, mosse tattiche, veti incrociati, astensioni, schede bianche, dubbi tra Presidente donna o Presidente uomo, che ha caratterizzato l’elezione del Presidente della Repubblica, ha certificato il livello più basso mai raggiunto dalla politica italiana. Mentre le crisi finanziarie, europee o mondiali, bruciano miliardi di euro o dollari o criptovalute, la crisi politica italiana brucia nomi, uomini, carriere, reputazioni. Questo lo hanno messo in rilievo giornali e televisioni, che – a loro volta – hanno dimostrato limiti impressionanti, con immagini e commenti retorici, abusati, raramente profondi. Ma quello che non è stato sufficientemente analizzato è che se i politici affondano sempre di più, non è che gli italiani riescono a stare a galla. Fino al punto che non si capisce più se a bucare la barca su cui navighiamo tutti, siano stati i politici o i cittadini. “Il pesce puzza dalla testa”, detto popolare che ci fa rimanere nell’ambito della metafora marina, non mi ha mai convinto. Nel caso del rapporto cittadini-rappresentanti politici, credo sia più corretto ritenere che chi ci rappresenta è lo specchio fedele di quel che siamo come popolo. Guardiamoci intorno. cosa vediamo in questi stessi giorni di paturnie per i destini del Quirinale? Vanificazione di una legge fatta per riavviare l’economia italiana nel più breve tempo possibile; parlo del 110% per l’edilizia. Emergono imbrogli, raggiri, falsificazioni; medici ed infermieri che, per qualche centinaio di euro, inoculano false vaccinazioni a no-vax che hanno bisogno del green pass. Arresti per tangenti per il rilascio di patenti comprate o per la restituzione impropria di patenti ritirate. Cooperative e uomini dell’apparato statale che speculano sugli immigrati. Cittadini che percepiscono indebitamente il reddito di cittadinanza o finti ciechi che rubano la pensione di invalidità. Per stare ad Ischia, cito il grido di allarme del Presidente dell’EAV che denuncia che la stragrande parte di utenti degli autobus non paga il biglietto. Altri hanno denunciato alcune distorsioni nell’assistenza post terremoto di Casamicciola, Lacco e Forio: finti danneggiati e parcheggiati in albergo senza averne i titoli. Per non parlare del dilagante e persistente abusivismo edilizio nella nostra isola che, per carità, non genera mostri, mega speculazioni, ma moltiplica la tendenza all’ampliamento di fabbricati, silenzioso e senza regole.

Così, paradossalmente, da un lato vediamo un ampio recupero e rifacimento di facciate, cappotto termico, consolidamenti statici, nuovi infissi, che potrebbero migliorare l’estetica e la sicurezza cittadina e, dall’altro, la continuazione di appendici abusive, casupole, capanni, nascosti da immancabili teli verdi. E intanto, qualche povero cristo, che ha veramente avuto la necessità di un’abitazione di fortuna, viene abbattuto da una giustizia che non sa graduare, distinguere, decidere priorità di intervento. Non ne parliamo del quadro complessivo estetico-architettonico che esce da una situazione così incontrollata. Altro che dilemma tra Piani urbanistici e Architettura, tema sollevato dal grande architetto Jean Nouvel e ripreso da Peppino Mazzella. A Ischia manca l’urbanistica, mancano i Piani Regolatori (diciamo la verità, i PUC fotocopia, lì dove sono stati approvati, sempre dai singoli Comuni, mai a livello intercomunale, sono un palliativo che serve a ben poco); manca il Piano di Ricostruzione Regionale per i Comuni terremotati (il cosiddetto Piano Preliminare dell’assessore regionale Discepolo è una cornice dozzinale di un quadro che merita ben altra attenzione) e vorrà pur dire qualcosa se è stato sostituito il Commissario Carlo Schilardi con Giovanni Legnini, prestigiosa figura, ex Vice Presidente del CSM e attuale Commissario per la Ricostruzione dell’Italia Centrale terremotata. Ad Ischia manca dunque la Pianificazione urbanistica ma, nel contempo, manca l’Architettura. O meglio, l’Architettura è solo per i ricchi, per le ville prestigiose; per il resto si ricorre al geometra, all’ingegnere lì dove occorrono calcoli strutturali complessi. A Ischia non è l’Urbanistica che costituisce “camicia di forza” per l’Architettura, come sostiene l’architetto Nouvel. Al contrario, è la mancanza di pianificazione che costringe a costruire di rapina, senza gusto, senza inserimento architettonico e paesaggistico nel contesto in cui si opera.

Ma il ragionamento ci sta portando lontano dalle finalità di questo articolo. L’obiettivo che ci siamo prefisso è quello di smontare il pregiudizio secondo il quale gli italiani sono brava gente, stufa di rappresentanti politici ladri, incapaci e incompetenti. Diciamolo con onestà: i rappresentanti del popolo che sono seduti in Parlamento e alla Regione sono il logico prodotto del popolo che li ha espressi (faccio salva la faccia dei rappresentanti seduti nei consessi comunali, non perché siano migliori, ma perché comunque sono maggiormente sotto tiro, meno distanti, ai quali possiamo più facilmente e più direttamente rinfacciare errori ed omissioni, come modestamente tentiamo di fare anche con questo giornale, mentre perfino un despota come De Luca ci appare troppo lontano, inafferrabile; figuriamoci i parlamentari). Del resto, di parlamentari Ischia ne ha uno, Senatore, che – senza offesa – rispetto a ciò che sta avvenendo in Parlamento sembra un alieno sbarcato da un altro pianeta. Ha giustamente scritto, in un post su FB, Lello Montuori: “E’ la scadente qualità della classe politica, specchio di un corpo elettorale inconsapevole, quando non complice della inadeguatezza dei suoi rappresentanti, a destare preoccupazione per il futuro del paese, chiunque sia l’ inquilino dei prossimi sette anni al Quirinale”. E Lello Montuori, dirigente pubblico di solida cultura umanistica e giuridica, pur facendo parte di una generazione ancora giovane, riconosce – con onestà – che l’Italia è costretta spesso ad aggrapparsi a generazioni di leader anziani, perché le generazioni successive hanno fallito. E non so, con altrettanta onestà, se la responsabilità del fallimento è solo delle generazioni successive o non ci fosse , in nuce, sotterraneo, già nella generazione del dopoguerra il germe di una involuzione e di un imbarbarimento etico e culturale, pronto a scoppiare parallelamente all’imporsi della logica consumistica e dello stilema dell’apparenza che sostituisce l’essenza.

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