LE OPINIONI

IL COMMENTO Il vero senso del natale: nè cafone nè intellettuale

Non sempre il popolo (termine vago che può essere tradotto con “maggioranza dei cittadini”) ha ragione. La classe dirigente, in particolare quella politico amministrativa, quando si rende conto che prevalgono, nelle istanze popolari, scelte irrazionali e di pancia, ha il dovere di assumere decisioni in contrasto con l’umore della maggioranza, spiegandone le ragioni. Ma una cosa la classe dirigente non può né deve fare: agire senza ascoltare preventivamente le rappresentanze significative della società e senza spiegare poi l’eventuale azione in difformità dal parere corrente. Si dà il caso che, nel Comune d’Ischia, succeda spesso che autoritariamente ( non “ autorevolmente”) si ponga mano ad un’opera o si organizzi un evento, prescindendo da tutto e da tutti, tranne poi a correggere il provvedimento in corsa, dietro la reazione negativa popolare. E così è successo anche per una “ presuntuosa” ed illeggibile illuminazione natalizia nel Borgo di Celsa. Il Natale è l’occasione meno adatta e che meno si confà a sperimentazioni di avanguardia. Si è tentato di teatralizzare un concetto complesso di recupero artigianale ( sedie di paglia esposte ai balconi) senza un minimo di presentazione logica del progetto alla collettività e con un sistema minimalista di illuminazione che non è piaciuto a nessuno. E così si è dovuto registrare la “ ribellione” e una ridicola “ corsa” e spese aggiuntive e a un tardivo “ ricorso” ad un potenziamento di illuminazione ( tutto di natura ittica) che ha creato un ibrido di luminarie.

Poi il Presidente di Aicom, Marco Laraspata si è precipitato a ringraziare il Sindaco per aver prontamente accolto le lamentele e corretto la precedente impostazione. Ma l’esperimento è fallito e il fallimento era nelle premesse, era nel metodo: la presunzione di elargire dall’alto, da un’intelligenza superiore, la novità al popolo. Naturalmente la reazione popolare può, in tali circostanze, assumere una forma radicale, opponendo ad un’idea troppo sofisticata del Natale, una visione esagerata di Natale “cafone”. Vero è che l’aggettivo “cafone” in questo caso vuole essere provocatorio e simbolico per indicare un concetto molto più accettabile e centrato: il Natale è un evento di significato universale ma intellegibile da tutti, è la più alta espressione di un sentire che accomuna popoli diversi, credenti e non credenti, uomini, donne, bambini ed anziani sotto ogni parallelo. Vogliamo allora, nell’imminenza della Natività, cercare di descrivere il vero “ senso” del Natale? E solo dopo averne afferrato il senso, ci renderemo tutti conto di come meglio si può celebrare e come meglio il paese può essere messo a festa in un prossimo Natale. Parto da un bellissimo articolo dello scrittore Alessandro D’Avenia, pubblicato sul Corriere della Sera di lunedì scorso. Il titolo era: 1223 d.C. La data è indicativa dell’anno in cui Francesco d’Assisi, passando per Greccio, paesino vicino a Rieti, decise di organizzare il Presepio vivente. D’Avenia ci spiega che “praesepium” in latino sta ad indicare la cassa per il fieno per gli animali: la “ mangiatoia” in altre parole; e che Betlemme, luogo di nascita di Gesù, significa “casa della carne” in lingua araba e “casa del pane” in ebraico. Mangiatoia, carne e pane stanno ad indicare il Verbo che si fa carne e sostanza: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre, pieno di grazia e verità” ( Vangelo di Giovanni 1,14).

Sempre lo scrittore D’Avenia ci spiega un’altra cosa interessante, che ci aiuta a capire come oggi dobbiamo interpretare il Natale; secondo l’antropologia più qualificata le società si distinguono tra “ fredde” e “ calde”. Le società fredde sono ripiegate sul passato, sui riti e sui miti e tendono ad esorcizzare il futuro, quasi invocando il “ fermo storico”. Le società calde amano invece il divenire e, proiettate nel futuro, quasi dimenticano il passato e il presente. Ebbene, nel corso della storia, ora prevale l’una ora l’altra delle due diverse forme, ma in genere le due componenti “ fredda” e “ calda” si mescolano. Nel caso specifico delle scelte del Natale a Ischia Ponte possiamo dire che è prevalsa la scelta “ calda” da parte dell’Amministrazione, la fuga verso la “ novità” che ha però trovato ostacolo da una collettività fortemente legata alla tradizione e ai riti, espressione forte di una microsocietà “ fredda”.

Ecco, se si ambiva, da parte degli amministratori e del suo entourage, impiantare un discorso culturale e avanguardista, sarebbe stato necessario saper leggere questa condizione antropologica. Ci poteva e ci può essere un mix di tradizione e innovazione? Abbiamo già detto che il Natale è un evento talmente rivoluzionario alla radice, avendo la Natività sconvolto tutti i canoni della ragione umana, da prestarsi molto poco ad innovazioni. Ogni innovazione al cospetto della divinità che si fa carne, diventa poca cosa. In questo Natale però Giovanni D’Amico, con la sua Associazione T.I.F.E.O. dimostrerà ( il 27 dicembre) come si possa coniugare cultura e tradizione, con la celebrazione dell’anniversario del matrimonio di Vittoria Colonna con Ferrante D’Avalos. Oltre a ciò, quello che si poteva e si potrebbe fare in futuro, volendo “ volare alto” e volendo coniugare fede e cultura, è narrare quanto il Natale abbia inciso ed influenzato l’arte e la letteratura.

In Italia esistono opere pittoriche stupende ispirate alla Natività e a tutto ciò che è connesso all’evento ( dall’Annunciazione alla visitazione, all’adorazione dei pastori e dei Magi, dalla presentazione al Tempio alla fuga in Egitto, dalla strage degli innocenti all’infanzia di Gesù). Opere di grandi artisti come Antonello da Messina, Lorenzo Monaco, Girolamo di Giovanni, Filippo Lippi, Tintoretto, Pinturicchio, Giovanni della Robbia e tanti altri). Non conosco a sufficienza le opere pittoriche presenti nelle chiese ischitane e in collezioni private dell’isola e non so quante e quali siano ispirate alla natività. Ma è un censimento che varrebbe la pena fare. ( Massimo Ielasi, pensaci tu!). E che dire della letteratura, delle poesie ispirate al più grande evento dell’umanità? Dal Paradiso di Dante a Iacopone da Todi, da Alessandro Manzoni a Guido Gozzano, da Luigi Pirandello a Salvatore Quasimodo, da Grazia Deledda a David Maria Turoldo, da Mario Luzi a Umberto Saba e a tanti altri. E allora che cosa la nostra isola poteva e potrebbe inventarsi per coniugare tradizione, fede, cultura, spettacolarità, senza rimanere ancorati al Natale cafone ma senza neppure avventurarsi nelle sperimentazioni minimaliste? Far rivivere l’avvento attraverso la pittura e la letteratura. Potremmo disseminare il Borgo di Celsa dei testi poetici ispirati al Natale ( magari proiettati sulle facciate dei palazzi del borgo), senza per questo rinunciare alle luci e agli addobbi tradizionali. Non sarebbe questo un modo di conciliare nuovo e vecchio, tradizione e novità, fede e cultura, rito ed arte? Anche questa proposta dovrebbe comunque passare per il vaglio preventivo della cittadinanza e non piovere dall’alto. Se scrivessimo, sotto le luci tradizionali, ad esempio le parole che papa Paolo VI pronunciò a Nazareth a gennaio 1964: “ la casa di Nazareth ci insegna il silenzio. Oh se rinascesse il noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito, mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo”. O se scrivessimo il testo “ Nuttata ‘e Natale” di Salvatore Di Giacomo: “ Dint’ ‘a na grotta scura dormeno ‘ e zampugnare:/ dormeno, appese a ‘e mura,/ e ronfeno, ‘e zampogne/ quase abbuffate ancora/ ‘a ll’ urdema nuvena”. E se riprendessimo, infine, i meravigliosi versi della poetessa contemporanea Maria Luisa Spaziani ( da Geometria del disordine”): “Natale è flauto d’alba, un fervore di radici/ che in nome tuo sprigionano acuti/ di ultrasuono./ Anche le stelle ascoltano gli azzurrognoli soli/ in eterno ubriachi di pura solitudine./ perché questo Tu sei, piccolo Dio che nasci/ e muori e poi rinasci sul cielo delle foglie:/ una voce che smuove e turba anche il cristallo,/ il mare, il sasso, il nulla inconsapevole./”

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Buon Natale a tutti gli ischitani e che il piccolo Dio che nasce porti consiglio (soprattutto ai consiglieri comunali impegnati domani 23 dicembre!).

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