LE OPINIONI

IL COMMENTO Orgoglio e nostalgia

Aveva ragione il poeta, col verso: “E il naufragar m’è dolce in questo mare”. Quello leopardiano è uno degli ossimori (dolcezza-naufragio) più felici della poesia di tutti i tempi. Quando ti elevi dalla finitezza e dalla piccolezza (non solo fisica ma anche morale) delle cose, fino a vagare nell’infinito (spaziale e mentale) delle potenzialità umane, dell’intelletto, della cultura, della storia e delle interconnessioni spazio-temporali, tutto appare in una luce diversa: i confini si scolorano, perfino la morte, le malattie, le guerre si stemperano in una meravigliosa quiete dell’anima. Scusate questo incipit letterario-filosofico, ma esso è quantomai opportuno in un momento in cui ognuno di noi (e l’abitare un’isola lo rende ancora più evidente) è dibattuto tra il “banale quotidiano” (felice espressione del poeta greco Costantino Kavafis) e la complessità del mondo. La cronaca, il frastuono mediatico, la propaganda ottundono e annebbiano le menti, rendendoci anche più nemici l’uno dell’altro, mentre si richiederebbe riflessione, empatia, solidarietà. E veniamo a qualche esempio, a noi vicino, che possa rendere plastica questa idea. Oggi siamo al fotofinish di una settimana di propaganda elettorale che termina col silenzio e con il voto. Volti noti e volti emersi dall’anonimato (dove molti di loro precipiteranno di nuovo per insuccesso) si sono proposti all’elettorato. Saranno stati capaci di far vibrare le corde umane di chi si reca a votare? O avranno solo sollecitato interessi materiali delle persone? Non voglio cadere nel moralismo, nell’etica, che non è esattamente la sfera entro cui orbita la politica.

Ma qui occorre conoscere la “dialettica dei distinti” di Benedetto Croce. Tutto questo mentre una sorta di mondo parallelo della Cultura dibatte di temi che non hanno alcun punto di contatto con queste scaramucce minimali. Prendiamo la Campania, il Sud, il Mezzogiorno: una brava ministra, Mara Carfagna, fa dibattere, nella splendida Sorrento, ministri, economisti, industriali per un Sud diverso e si fa aiutare dallo Studio Ambrosetti, protagonista – da anni – a Cernobbio, di analisi e previsioni profonde sull’economia italiana, e cosa succede? Che si accende una polemica (è disarmante che ad alimentarla sia stato il Corriere del Mezzogiorno) sulla proposta, peraltro marginale rispetto all’intero studio, di inserire, nei programmi scolastici, lezioni di “orgoglio meridionale” per sviluppare il “senso di appartenenza”. Apriti cielo! Viene detto che Ambrosetti non ha titolo a parlare di Sud perché ha una visione nordista. E poi quale orgoglio meridionale vogliamo sviluppare se il Mezzogiorno è attanagliato dalla camorra e dall’incapacità amministrativa? E poi ancora, è ridicolo, in un mondo di multiappartenenze, predicare l’orgoglio meridionale. E così via, in un agitarsi di temi a guisa di maionese impazzita.

Posso dire che, a prescindere dall’inserimento della materia nelle scuole, avverto l’orgoglio meridionale? Posso dire che, all’interno di questa dimensione, mi sento orgoglioso della storia della nostra isola? Posso dire che mi sento contemporaneamente cittadino del Paese Italia, meridionale e ischitano? E dove sarebbe la contraddizione tra queste appartenenze? Ognuna di esse è indispensabile all’altra , è una scatola più piccola, via via contenuta in scatole sempre più grandi. Citerò un solo grande autore a supporto di quanto affermo: George Orwell, scrittore di lingua inglese, famoso autore di libri must come “La fattoria degli animali” e “1984”, che non molti sanno essere nato in India. Orwell era un vero e proprio “patriota”, contrario al “nazionalismo”, sapendo scindere il nazionalismo, che implica “potere”, voglia di imporre il proprio modello di vita ad altri, dal “patriottismo” che è invece “difensivo di un modello di vita, di luoghi, di storia, che non s’intende imporre ad altri”. E veniamo ad un altro argomento pregnante: la nostalgia. Magnificamente descritta nel libro di Ermanno Rea, trasposto in un film di successo del regista Mario Martone. La “saudade” (come la chiamano i portoghesi) è quell’irresistibile attrazione verso i luoghi di origine che non è mai attrazione irriflessa e incondizionata, è sempre un Odi et Amo catulliano, un prendere atto delle carenze ma anche delle potenzialità di un luogo. E’ così per Napoli, come per Ischia e penso di poterlo affermare dopo aver vissuto circa 30 anni a Bologna, che pure ho amato e apprezzato. Così è per il Rione Sanità a Napoli, afflitto da mille mali, in cui un parroco di quartiere cerca di fondare basi nuove , e così è per Ischia in declino, per la quale auspichiamo che un “prete laico”, prima o poi, venga a ribaltare il decadentismo morale e materiale nel quale ci stiamo, da tempo, avvitando.

Mi ha molto impressionato un’intervista del Corriere del Mezzogiorno al giornalista-scrittore napoletano Bruno Arpaia, che ormai vive a Milano. E’ lontano da Napoli ormai da 35 anni e, alla domanda: “Le manca Napoli?” risponde: “Se devo essere franco, no. Mi manca la lingua. Il napoletano, oltre all’italiano, per me è una patria”. Quindi, in realtà, Napoli gli manca. Napoli non è solo luogo fisico, è un corpo unico con la sua storia, la sua lingua, i suoi mali, le sue debolezze e le sue bellezze. Ischia è la stessa cosa. Però, c’è una grave incombente minaccia: il troppo turismo, l’overtourism come si dice in termine tecnico .Dice Arpaia: “In questo momento Napoli mi sembra un Parco a tema”. E’ quello che temo anche per Procida, colpita da improvviso successo. E’ quello che temo per Ischia, sempre più dipendente dalla “quantità” di turisti più che dalla “qualità”, perché deve riempire e soddisfare le troppe stanze create in una dissoluzione urbanistica senza fine. Dov’è, però che mi consolo e tutti gli ischitani dovrebbero consolarsi? Lì dove, nel giro di pochi giorni, assisti a due eventi di livello globale e locale, esaltando il glocalismo. Alla Biblioteca Antoniana, Ramon e Micol Rispoli, in collaborazione con il Festival della Filosofia di Raffaele Mirelli, hanno organizzato un incontro ad altissimo livello sul rapporto tra esseri umani e strumenti della tecnologia, tra pensiero e comunicazione dei media e social, con il prof. di Estetica Francesco Vitale dell’Università di Salerno e Francesco Canetti della Yale University, Sterling Professor of Humanities and Film and Media Studies. Qui, davvero, i temi della libertà umana, dal piccolissimo raggio locale di un’isola, si sono allargati ai grandi temi mondiali. E la consolazione arriva anche dalla Relazione tenuta dalla bravissima Mariangela Catuogno a Villa Gingerò a Lacco Ameno, sul ‘700 lacchese, organizzata da AIParc Isola d’Ischia, presieduta da Caterina Mazzella, in collaborazione col Comune di Lacco Ameno. La relazione ha fatto giustizia del ruolo svolto nel ‘700 anche da un piccolo Comune come Lacco (oltre Ischia e Forio) e ha reso bene l’idea dell’importanza del Grand Tour nella nostra isola, mosso da fattori non solo legati al termalismo ma anche all’archeologia, alla geologia, alla politica, all’economia.

Ischia fu visitata da regnanti, scienziati, letterati e fu culla di uomini locali dall’intuito eccezionale, come Don Pietro Monti nell’archeologia, come Francesco Buonocore del Casino Reale sul Porto d’Ischia e come Tommaso De Siano di Lacco Ameno, che era medico di professione, ma ebbe una cultura poliedrica e seppe mettere insieme elementi di storia, topografia, geologia, tali da localizzare esattamente l’agglomerato cittadino di Pitecusa, sia pure confondendo a volte elementi greci e latini. Ischia è stata al centro dei movimenti culturali e materiali del Mezzogiorno nelle varie epoche. Avremo poi modo di parlare del Progetto “Kepos 2022-Incontri su Archeologia e Paesaggio” che si svolge dal 10 giugno al 15 settembre, organizzato dai Giardini La Mortella-Fondazione Walton e vede al centro della divulgazione culturale ancora una volta l’archeologa Mariangela Catuogno, così come avremo modo di commentare il Festival Storiae, Archeologia e Narrazioni” ideato e coordinato da Alessandra Vuoso e che si svolge dall’11 al 19 giugno. Insomma, il trionfo di Storia e Archeologia. E così il moltiplicarsi di iniziative culturali di qualità dimostra che a Ischia il banale quotidiano coesiste con valori dello Spirito più alti. Sta a noi far prevalere l’uno anziché l’altro.

Ads
Ads

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Controllare Anche
Chiudi
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex