LE OPINIONI

IL COMMENTO Intellettuali, politici e cittadini attivi

Mentre le prime pagine dei giornali locali e la preponderanza dei servizi televisivi locali si concentrano sul tira e molla dei possibili candidati alle elezioni amministrative di Casamicciola e Forio, c’è nell’isola un sia pur flebile respiro civile che attraversa i campi della scienza, della cultura e della partecipazione popolare e ci fa sperare che non tutti sono assopiti nel “sonno della ragione”. Fu il pittore spagnolo Francisco Goya che dipinse il famoso quadro “Il sonno della ragione genera mostri”. Non basta, insomma, essere creativi e fantasiosi, ci vuole l’intervento della ragione per incanalare la fantasia in senso produttivo di interessi diffusi. Altrimenti, da sola, la voglia di fare “a fantasia” genera mostri (cattivi risultati). E noi isolani, baciati dalla fortuna di una Natura eccezionale e da un benessere che in maniera troppo facile, nei decenni, ha beneficiato molti, crediamo davvero di poter andare avanti con l’inventiva e un po’ di intraprendenza. Trascuriamo del tutto l’idea che i problemi vanno analizzati, studiati, in quanto il mondo moderno è complesso. E così, per tornare all’agone elettorale, ad eccezione del candidato Sindaco di Forio Vito Iacono, che ha presentato un proprio programma (forse perfino troppo denso ed ambizioso) e del candidato Sindaco di Casamicciola Antonio Pisani, che ha pubblicamente fatte sue le proposte del professore Luongo di delocalizzazione degli abitanti dalla zona epicentrale del terremoto e dell’istituzione di un Parco Scientifico Europeo delle Acque e della Memoria in quell’area, oltre che battersi per il Parco Naturale Regionale Protetto del Monte Epomeo, sostenuto dal Comitato Rigenerazione Isola Verde, di cui Pisani è Presidente; oltre a questi due giovani candidati non si intravede null’altro. Siamo fermi alle vuote dichiarazioni di alleanze, di risentimenti e vendette, di conflitti personali.

L’agronomo Franco Mattera

A fronte di questo “vuoto politico” esiste, nel tessuto sociale isolano, un certo fervore civile e culturale, niente di clamoroso ma “corposo” se confrontato al nulla della politica. Solo per citare alcuni degli ultimi eventi culturali, ci sono stati in questi giorni convegni turistici, economici e sociali; si è avuto, alla Biblioteca Comunale un confronto tra l’agronomo Franco Mattera, nuovo Presidente del Centro Studi isola d’Ischia e Maria Capodanno, esponente storico della politica e cultura procidana, su analogie e differenze tra Ischia e Procida, con tanti spunti, aneddoti, resoconti storici, che hanno interessato ed allietato l’uditorio. Esistono associazioni di volontari come il Comitato “La Strada del buon senso” che continua a tenere sotto pressione i responsabili pubblici e i cittadini sulla necessità di usare tutta la prudenza atta ad evitare ancora morti per incidenti stradali e a lanciare un appello sul problema traffico, ormai insostenibile, e a proporre una serie di sensi unici come principio di una strategia per la mitigazione del traffico. Esistono associazioni di giovani, come “E poi ritorneremo” che illustrano, anche all’interno delle scuole, il tentativo di incoraggiare i giovani ischitani alla “restanza”, a dedicare cioè la loro intelligenza e voglia di fare alla propria isola, che non può fare a meno dei migliori cervelli che, se decidono di emigrare per arricchire il proprio bagaglio di esperienze, non è detto che non possano più tornare. Anche se, affinché tornino questi nostri giovani, dobbiamo assicurare loro due cose: il mantenimento di un canale di comunicazione e di accompagnamento nella loro esperienza extra isolana e un canale di reinserimento al lavoro qualora decidano di ritornare sull’isola. Noi, invece, allo stato, non sappiamo, neppure per approssimazione, quanti giovani si allontanano da Ischia, dove hanno deciso di vivere e lavorare, che lavoro fanno e se hanno l’obiettivo di ritornare un giorno sull’isola . E’ come se l’isola si accontentasse del solo biglietto di andata di questi suoi figli. E non sappiamo nemmeno se sono andati via per libera scelta o perché costretti dalla mancanza di lavoro.

La copertina del libro di Carlo Galli

Ma chiediamoci se c’è un modo, una possibilità di ricucire questa frattura tra il mondo politico e il meglio della cultura. E’ un problema, un dilemma che non riguarda ovviamente solo l’isola d’Ischia, anche se un’isola riesce ad evidenziare meglio i tratti di questa frattura. In questi giorni un noto filosofo napoletano, Roberto Esposito, ha scritto due illuminanti articoli (uno su Repubblica e l’altro sull’inserto culturale Robinson Libri) sull’argomento del rapporto tra politica e cultura, tra intellettuali ed istituzioni politiche. Lo ha fatto commentando due libri, due importanti saggi di studiosi: su Repubblica ha commentato il libro “Ideologia” di Carlo Galli e su Robinson ha commentato il libro “Senza intellettuali” di Giorgio Caravale. Da quando, si chiede Roberto Esposito, è che si parla di fine delle ideologie? Fin dal 1960, quando Daniel Bell scrisse il libro “La fine delle ideologie”. Ma siamo sicuri, scrive Galli, che sono finite le ideologie e che è un bene la loro fine? Certo, “ideologia” è un termine dal contenuto ambivalente, è ad un tempo illuminazione e propaganda, critica e dogmatismo. L’ideologia intende contrastare e abbattere un dominio ma per instaurarne un altro. E’ una visione del mondo che ne vuole sostituire un’altra, ritenuta superata. Ma, per esempio, la distinzione tra destra e sinistra politica rimane. Nel ’68 ci fu un tentativo di contrapporre “ movimento” ad “istituzioni”; negli anni più recenti i Cinque Stelle si sono detti indifferenti alla destra e alla sinistra e hanno riproposto il “movimentismo” poi cristallizzatosi in un ircocervo politico, a metà capro (partito) e a metà cervo (movimento). Però, attenzione; la globalizzazione, la rivoluzione tecnologica, il neoliberismo costituiscono una vera nuova concezione del mondo, una macchina ideologica che fa, della società, un’arena competitiva da “ mors tua, vita mea”, ovviamente da un punto di vista sociale ed economico. Per cui, correttamente, non siamo di fronte alla morte delle ideologie ma all’instaurazione di una nuova ideologia e di una nuova visione del mondo.

Giuseppe Luongo

Poi c’è il libro di Caravale “Senza intellettuali – Politica e cultura nell’ultimo trentennio in Italia”.. Siamo passati dalla teoria gramsciana dell’intellettuale organico, l’intellettuale cioè che doveva occupare le casematte delle istituzioni culturali per affermare una visione del mondo di stampo classista marxista, a una rottura tra intellettuali e politica. Anche questa frattura finisce con l’essere un’ideologia, la visione cioè secondo la quale non è possibile inserire, in un organismo politico, un’intelligenza collettiva. Ne consegue un disprezzo reciproco: la politica tende a considerare l’attività intellettuale un esercizio inutile che intralcia il “fare” e si perde nel “dire” e la cultura critica la politica, considerata priva di “visione” e di programmazione e chiusa negli interessi di Palazzo. Poi c’è stato, negli ultimi anni, una figura terza tra “politico” e “intellettuale”: il “tecnico”, ritenuto persona competente per materia ma “asettico”, neutrale, capace di mettersi al servizio della destra come della sinistra. Questo è il quadro attuale dei rapporti tra politica e intellettuali. Poi c’è una cittadinanza attiva, con basi culturali sufficienti anche se non specialistiche, che tenta di fare un lavoro certosino di ricucitura tra i due poli. Ambisce ad essere tessuto connettivo capace di riconciliare il “dire” col “fare” e la politica con la cultura e la scienza. Una cittadinanza che sa declinare il pensiero teorico in termini pratici ispirandosi alla nota teoria di Ludwig Wittgenstein della “mosca che deve uscire dalla bottiglia” ovvero di come il pensiero sia in grado di risolvere i problemi e liberare la mente dagli errori. Una cittadinanza in grado di recepire il messaggio allarmante e disperato di uno scienziato come il vulcanologo Giuseppe Luongo, il cui grido di allarme è: ”C’è una colossale incapacità dei maggiori organismi scientifici che manda in confusione le istituzioni politiche, le quali – a loro volta – aggiungono incapacità amministrativa all’incapacità scientifica”. Siamo tra l’incudine e il martello, ma vale la pena provarci lo stesso.

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