LE OPINIONI

IL COMMENTO Non con il mio consenso

DI ARIANNA ORLANDO

All’ennesimo giorno di guerra in Ucraina, guardo i miei libri con sconforto e penso “cosa posso trovarci io dentro che non ci abbiano trovato loro, gli attentatori della democrazia, gli impositori della tirannide?”. Quale libro, quale cultura, quale scuola abbiano incontrato nella loro vita coloro che dispensano morte e sacrifici, coloro che costringono le mura a scrollarsi dai ferri che le tengono in piedi e i ferri a sciogliersi come ghiaccio al calore delle bombe. Quale amore, quale dolore, quale condizione abbiano affrontato coloro che colorano il cielo con i razzi amici della tirannide e dell’oppressione, quali parole contenga la loro lingua per dire “orrore”, “morte”, “stupro”. Come si possa domani, quando la guerra sarà finita, tornare a guardare in faccia l’innocenza interrogativa, spiegarle che la guerra è un fatto umano come è un fatto umano la natura del corpo, la facoltà di parlare, il detto “l’uomo è un animale sociale” di Aristotele.

Allora a tutte queste cose, nell’ennesimo giorno di guerra, non mi viene voglia di rispondere perché tutto il mondo non si riduce al contrasto bene-male e giusto-sbagliato detto in parole così scarne e come si potrebbe spiegarlo d’altra parte alla molteplicità di donne e uomini, di bambini e bambine che sono vittime dello stupro di guerra? Come si spiega a una vittima di stupro di guerra la “guerra”? Come si spiega il problema delle armi nucleari che possono dilaniare il mondo alle coscienze già interamente dilaniate? Come si spiega che la dinamite è uno strumento cattivo se uno degli strumenti più pericolosi in questo preciso momento in cui sto parlando, o forse scrivendo, è il corpo umano? In Ucraina sta succedendo esattamente questo: lo stupro di guerra e si sta abbattendo con vergognosa ferocia su uomini, donne e bambini e ne sta dilaniando i corpi e lo spirito e sta conducendo l’umanità verso un inguaribile abisso. Ma lo stupro di guerra non è una novità perché il dottor Mukwege e Nadia Murad (entrambi Premio Nobel per la pace anno 2018) ne parlano da sempre e si battono perché milioni di persone risorgano dalle ceneri in cui sono state frantumate, perché a milioni di altre persone non accada di incenerirsi. Il dottor Denis Mukwege è l’uomo che vorrei essere se non mi sentissi donna. E’ il “sarto di farfalle” che alla City of Joy cuce le ali alle donne che le hanno perse, ridona speranza agli occhi che hanno pianto ogni lacrima possibile, ricostruisce le donne non solo fattivamente nella carne ma nello spirito. E ripeto che se io fossi un uomo, vorrei essere Denis Mukwege e nessun altro perché lui è un benefattore dell’umanità, l’uomo che ha fatto delle ferite dello stupro aiuole per la nascita di rose e fiori. Nadia Murad è invece l’esempio della resurrezione, la rinascita della farfalla a cui scuciono e distruggono le ali e lei se ne inventa di nuove, le trae dai nulla sconosciuti, converte la materia dilaniata in forza spirituale e trascina milioni di donne con il suo esempio e con la sua vita.

Denis Mukwege

A Nadia Murad e a Denis Mukwege devo la mia conoscenza in stupro di guerra ma soprattutto a loro devo la speranza che anche nel più orribile dei delitti e delle offese è possibile rinvenire una possibilità di rinascita ed è questo il messaggio che voglio veicolare a tutte le persone che sono vittime di violenza nel mondo. E a loro che voglio dire di non perdere la speranza nel bene e a tutti gli altri voglio dire di farci a nostra volta “sarti e sostenitori di farfalle”. Talvolta siamo spinti dal credere che il difendere i diritti degli altri sia un atto di straordinario altruismo da lodare con parole ricche di lusinghe e complimenti ma la verità è che la difesa dei diritti altrui deve comparire ai nostri occhi come un atto di generosissimo egoismo: la democrazia è uno specchio, la libertà è uno specchio e non si può pretenderli per sé senza assicurarli ad altri. Non si può pretendere di vivere nel migliore mondo possibile se non si cerca di estenderne il concetto a tutti affinché tutti insieme lo si possa proteggere e custodire. Non si può essere uomo o donna, ragazzo o ragazza, bambino o bambina e tacere di fronte agli stupri di guerra che sono una realtà mondiale che deve mettere in allarme qualsiasi essere umano. Potresti dirmi “le tue parole non servono a niente” e io vorrei che tu me lo dicessi perché mi piacerebbe risponderti e spiegarti. Se non dici nulla, ciò che io dico cade nel vuoto e tu non capirai mai perché le mie parole, così minute da entrare tutte in un foglio, servono invece.

Nadia Murad

Alcuni pensano che parlare di queste cose, cose di stupro di guerra così lontano anche se è in Europa, così diverso perché “mica è la mia cultura, qui non è mai successo”, è parlare solo di stupro di guerra. Questa è la mentalità del “not in mybackyard” del tipo che se la spazzatura non è nel mio giardino, chi se ne importa. E non ti importa della violenza, del bullismo, dell’abuso di potere, della costrizione, dell’insulto sessista? Non ti importa , se sei donna, di sentirti dire “ma come lo hai avuto quel lavoro? Nel letto di chi sei andata?”, non ti importa, se sei uomo, sentirti poco virile perché gli altri dicono che “maschi si è se si fa così e basta”? Non ti importa che la scuola o la piazza siano luoghi sicuri senza bulli e senza predatori? Non ti importa che tua figlia possa vestirsi come le sembra giusto, senza giudizi-insulti-imprecazioni? Non sei stanca di sentirti dire “te la sei cercata”? E non sei stanca delle donne che si disprezzano a vicenda invece di supportarsi a vicenda? Allora concordi con me che non è del backyard di qualcun altro che sto parlando. Sto parlando di cose così vicine che il loro odore è dappertutto. Sto parlando di una violenza perpetua che invade il mondo e che bisogna contrastare con il potere del culto della gentilezza. Insegnate bellezza. Siate portatori e portatrici di rispetto. Esercitate il buon esempio. Condannate l’indifferenza e disprezzate l’intolleranza di genere, di cultura e “””di razza””” (che parola odiosa!).

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E’ ovvio: le mie parole non saranno capaci stamattina di sottrarre alla violenza qualcuno, ah se fossero in grado di farlo ne direi molte ma molte di più! Questo è il motivo per cui tu dici: “le tue parole non servono a niente”. Ma io, grazie alle mie parole, non sto praticando l’indifferenza, la stessa che fa sì che tante Nadia Murad siano invisibili, la stessa che costrinse Liliana Segre e tutti gli altri ai lager nazisti, la stessa di chi finge di non vedere questo o quel bambino malmenato o quel bullo. Che bello è poter dire a chi vive il peggiore dei delitti che esiste al mondo un uomo che nella vita fa il sarto di farfalle, una donna che nella vita insegna a riempire le ferite con la terra per coltivare meravigliose piante e fiori. Mie care donne, miei cari uomini, mie care persone del mondo, abbiate forza! Ecco, vedi, le mie parole non servono a niente: ma sono i miei fiori e le mie farfalle e te le dono. Le mie parole non servono a niente ma se non le dico le farfalle non imparano a volare, i fiori appassiscono nei vasi e io perdo la possibilità di negare con forza il mio (il nostro) consenso.

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