LE OPINIONI

IL COMMENTO Primazia e sussidiarietà in tema di sanità pubblica

Parto da alcune premesse: si continua a parlare di “distanziamento sociale”, ma il termine – ancorché largamente usato dalla comunità scientifica e dal mondo politico amministrativo – è (come mi ha brillantemente fatto notare il prof. Francesco L.Rispoli) inesatto. L’isolamento in casa (incomprensibilmente inglesizzato in “lockdown””) non ci separa socialmente ma solo fisicamente. Anzi, si sta registrando un ritrovato senso e bisogno di ciascuno di maggiore comunicazione ed interrelazione. Seconda premessa: i nostri amministratori locali, che non hanno mai amato la riflessione, la cultura, l’approfondimento, hanno scarsa considerazione, in nome della “fattività”, di chi cita scrittori o poeti, chi – a loro vedere – “filosofeggia”. E’ pur vero che il filosofo Hobbes richiama un antico adagio latino: Primum vivere, deinde philosophari” e che un altro adagio recita : Facta non verba” (Fatti non parole) e che Catone diceva: “Exigua est tribuenda fides, qui multa locuntur” (Bisogna avere poca fiducia in chi parla molto). Ma è vero anche che, a queste locuzioni, se ne possono opporre altre.

Per esempio, due fondamentali principi di Cartesio: “Dubium sapientiae initium” (il dubbio è l’inizio della conoscenza) e “Cogito ergo sum” (penso dunque sono). E dunque, per estensione, se “non penso” non sono, non esisto. E se non esisto non sono nemmeno in grado di produrre “fatti” significativi per me e per la collettività. Dunque è del tutto fuori luogo contrapporre all’obbligo (sacrosanto) di restare a casa per il rischio contagio, ancora altissimo, l’esigenza di pensare, leggere, riflettere. Sono esigenze che i nostri amministratori non avvertono e daranno conto alla propria cittadinanza di eventuali decisioni “irriflesse”, populistiche, superficiali e prive di necessaria competenza di diritto, di economia, di sanità ed anche di psicologia e sociologia. Ma lascino stare i cittadini che, attraverso le moderne forme di comunicazione ed anche di quelle tradizionali di stampa e tv, provano ad esercitare la forza del pensiero e della cultura per fronteggiare un nemico mai visto. Una cosa è condannare l’uso dei social in nome della difesa del corpo sociale da fake news pericolose e fuorvianti, altro è prendere in giro chi cerca di fortificare l’anima, costretta ad affrontare una situazione senza precedenti.

Detto questo, vediamo quali “fatti” sono capaci di produrre i nostri amministratori e quali conoscenze e capacità hanno di muoversi in un contesto istituzionale-normativo particolarmente complesso. Cosa notiamo ad Ischia, in questi giorni di pandemia? Uno scollamento tra Sindaci, tra Comune e Comune, tra amministrazioni comunali e Asl, tra amministratori e Prefetto, tra Comuni e Regione. A causa di che cosa? Prima causa è la frammentazione amministrativa dell’isola in sei Comuni e questo deve far riflettere per il futuro. Seconda causa, l’ignoranza (la chiamiamo così perché presupponiamo la buona fede, peggio sarebbe la conoscenza dei meccanismi e quindi l’uso della malafede) dei rapporti istituzionali corretti tra Comune, Regione, Governo. Nel balletto delle ordinanze sindacali, si sta andando a ruota libera. Sembrerebbe quasi che i nostri amministratori locali ne sappiano, in tema di sicurezza sanitaria, più dell’Asl, più della Regione, più del Governo e più del Comitato Tecnico scientifico. Per cui la rincorsa a test rapidi, ad obblighi di mascherine. In tutto questo, c’è una malintesa interpretazione del principio costituzionale della sussidiarietà. Che cos’è la sussidiarietà? E’ il principio secondo il quale deve svolgere le funzioni pubbliche l’ente più vicino ai cittadini. La legge costituzionale n.3 del 18/10/2001 apportò modifiche al titolo V della Costituzione. Tra l’altro, venne modificato l’art. 118 della Costituzione: “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”.

Ora, può un Comune, in uno”stato di emergenza” nazionale, agire in maniera scoordinata rispetto alle direttive sanitarie nazionali? No che non può! Si rischia di compromettere “l’esercizio unitario” della strategia sanitaria. Il Decreto legislativo 18 agosto 2000 n.267 “testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” all’art. 54 recita: “Il Sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma, sono preventivamente comunicati al Prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”. Preavvertono il Prefetto i nostri Sindaci? Hanno avuto il suo consenso e quello del Governo? Riteniamo di no. Hanno una sola importante giustificazione i nostri amministratori: che siamo un’isola e che, pertanto, scontiamo una situazione particolare e diversa dal continente. Ma questo andrebbe fatto valere in altra sede. Per esempio, dovrebbe elevarsi dall’Anci e dalla sua costola Ancim (Associazione Isole Minori) una strategia sanitaria differenziata per le isole. E’ così che bisognava e ancora bisogna muoversi, non con vestiti sanitari a tinte diverse, come il costume di Arlecchino.

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