LE OPINIONI

IL COMMENTO Procida 2022, istruzioni per l’uso

DI ELENA COCCIA

È ragione di orgoglio per tutti e per tutte la designazione di Procida a Capitale Italiana della Cultura per il 2022. Per Procida anzitutto, nel senso di quell’ecosistema sociale e culturale, vivace e delicatissimo al tempo stesso, che l’Isola rappresenta: la sua straordinaria compenetrazione di linea di costa, borghi indimenticabili e sentieri interni; la sua comunità degli abitanti, i procidani e le procidane, che sono stati i veri protagonisti e protagoniste (e lo saranno ancora di più) di questa straordinaria vicenda, e che si configura, proprio come indica la Convenzione di Faro, come una vera e propria “comunità di patrimonio”. Ma anche in una dimensione più ampia: nel suo collegamento, tra mare e monte, con Monte di Procida; nella sua relazione con la più ampia zona omogenea dei Campi Flegrei e del Litorale Domizio (la cosiddetta Zona flegreo-giuglianese); e, da qui, all’intero territorio metropolitano.

Per parte nostra, credo che sia utile sottolineare, insieme, queste diversità e queste relazioni, perché hanno costituito, e a maggior ragione verranno a costituire, uno degli elementi di forza della caratterizzazione di Procida, in sé e come Capitale Italiana della Cultura. Forte è stato l’impegno, infatti, della Città Metropolitana di Napoli in questo senso, a partire dall’intenzione, enucleata nella delega metropolitana, alla promozione dello sviluppo a partire dalla cultura e alla cura del patrimonio culturale e della rete dei siti UNESCO. Si tratta cioè, per un verso, di fare della cultura una opportunità preziosa di sviluppo, di apertura di nuovi e buoni posti di lavoro, di promozione territoriale e di inclusione sociale; e, per altro verso, di immaginare il patrimonio culturale, in tutte le sue espressioni, materiali e immateriali, concrete e intangibili, non come una galleria di beni preziosi e rari, più o meno elitari o esclusivi, bensì come una rete diffusamente estesa e inclusiva sull’intero territorio locale e metropolitano, un potente strumento di disvelamento e di rammagliatura del territorio.

Ho potuto partecipare da protagonista a tutte le fasi della proposta, della candidatura e, alla fine, della designazione di Procida e ho toccato con mano l’entusiasmo che tale designazione ha determinato; ma non solo l’entusiasmo, anche la coerenza del progetto di candidatura con la strategia culturale che abbiamo proposto e con le indicazioni prospettiche che abbiamo condiviso nella redazione del Piano Strategico della Città Metropolitana di Napoli. Il progetto di candidatura ci propone una idea, una visione, in base alla quale e grazie alla quale “La Cultura non Isola”. È proprio così: Procida non è un’isola marginale o “minore”, la relazione con tutte le altre piccole isole che la hanno affiancata nel percorso di candidatura lo testimonia, e la sua centralità nel cuore del Mediterraneo lo evidenzia. La sua designazione a Capitale della Cultura è anche un segnale della qualità di un progetto culturale e di inclusione, al tempo stesso, di carattere metropolitano, che parla al nostro Mezzogiorno, rivelandone le ricchezze e le potenzialità, e che guarda all’intero Mediterraneo, mare-madre di culture e saperi, in cui le relazioni sociali e la cultura si offrono come antidoto alla guerra e alla violenza.

E poi Procida è uno scrigno di tesori e di diversità che va tutelato: quando parliamo del protagonismo degli abitanti, della partecipazione democratica e dei beni comuni, della “comunità di patrimonio”, alludiamo, al tempo stesso, alla cura del territorio, alla cultura come fattore di sviluppo, ad un turismo dolce, lento, sostenibile. Ed è bene ribadire l’unanime consenso, in primo luogo dei procidani e delle procidane, ma anche dell’amministrazione locale, del gruppo di lavoro della candidatura, della stessa Città Metropolitana, intorno alla idea della Cultura, che non Isola, e di un Isola, che si fa centro di relazioni e di culture, e che quindi saprà preservare il suo delicatissimo ecosistema da ogni tentativo di alterazione o addirittura di “turistificazione”. Proprio come nel nostro Manifesto e nella nostra Strategia «La cultura come cura – La cura come cultura» per itinerari culturali in spazi aperti con cui non solo rilanciare la fruizione culturale nel tempo duro della emergenza sanitaria e della crisi economica, ma anche definire un percorso di tutela del territorio, del paesaggio, dell’ecosistema.

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Proprio come nel Mito di Enea, così presente nell’immaginario del territorio e nel paesaggio dei Campi Flegrei: dove l’eroe si fa carico, si prende cura, riconosce le diversità, abbraccia il Mediterraneo. Più volte mi è capitato di affermare che Procida, pur avendo partecipato ad una competizione l’ha fatto con spirito inclusivo e questo è stato un motivo importante del suo successo e per lo stesso motivo sono sicura che quella del prossimo anno sarà un’occasione per tutte le isole del Golfo.

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Consigliera della Città Metropolitana di Napoli

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