LE OPINIONI

IL COMMENTO Un Sanremo a settimana per uscire dall’incubo

L’ultima rassicurazione, da parte del governo sul fronte Covid, è arrivata per bocca del sottosegretario alla Salute Andrea Costa. “Lo stato di emergenza non sarà prorogato oltre la data di scadenza”, prevista per il prossimo 31 marzo. Non è una dichiarazione da poco. Di fatto la fine dello stato di emergenza dovrebbe, infatti, coincidere con l’uscita quasi definitiva dal tunnel della crisi sanitaria ed anche economica. L’Italia ci arriva in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, dove in molti casi la “normalità” è tornata a livelli accettabili già da qualche settimana. E forse proprio la volontà di adeguarsi ai criteri generali adottati dalle altre nazioni, ha indotto il nostro governo alla sterzata decisiva verso la fine, almeno sulla carta, dell’emergenza Covid. Una notizia attesa e addirittura necessaria, preceduta in queste settimane da ulteriori misure di alleggerimento di restrizioni che hanno messo in ginocchio l’economia italiana ma che, stando almeno all’andamento della curva dei contagi e soprattutto alla pericolosità della nuova variante, non avevano più alcun senso. 

In tal senso la rimozione dell’obbligo di mascherina all’aperto è un altro passo fondamentale, anche dal punto di vista emotivo e psicologico, verso un lento ritorno alla vita. Certo resta da capire quale sarà l’atteggiamento e il comportamento dei cittadini campani di fronte alla decisione, già annunciata per altro, del governatore Vincenzo de Luca, di mantenere l’obbligo della mascherina anche per i prossimi mesi. Ci si concederà una libertà garantita dallo Stato nazionale o ci si adeguerà all’eccesso di prudenza del presidente della Regione? Un dilemma non da poco per cittadini che, probabilmente, sono anche stanchi di sentirsi sempre “differenti” rispetto al resto dell’Italia. In ogni caso la sensazione è che si vada lentamente verso l’uscita dal tunnel. Adesso la spallata definitiva alla crisi dovranno darla gli organi di stampa e quella pletora di virologi, immunologi, epidemiologi, scienziati, professori ed esperti, ognuno con le sue verità e le sue reprimende da rivolgere dal pulpito televisivo. Una comunicazione che per due anni ha basato tutto, o quasi, sul terrorismo mediatico, la paura, il timore e l’ossessione verso un virus reso ancora più dannoso e mortale di quello che è stato nella sua drammatica realtà. Una realtà che ha cambiato l’approccio alla vita delle persone.

Non è il green pass, infatti, come molti sostengono, a causare lo svuotamento di ristoranti, locali notturni e bar. Non è la certificazione verde ad indurre le persone a non andare a teatro o cinema a lasciare le strade delle nostre città desolatamente vuote, senza vita. In fin dei conti esibire un green pass è un po’ come esibire il biglietto per entrare allo stadio o l’abbonamento per salire in metropolitana. Nessuno si è mai sentito discriminato per una richiesta del genere. E il fatto che quasi il 90 per cento degli italiani abbiano accettato l’idea del green pass, rappresenta un altro elemento a sfavore di chi lo considera come il colpevole di tutto. Non può essere quello, dunque, il limite che condiziona il comportamento della gente, quanto piuttosto la paura indotta, la depressione, la poca voglia di vivere, la mancanza di entusiasmo. Senza considerare la minore possibilità di spesa, che riguarda tutti, indistintamente. Elementi su cui riflettere, perché la ripresa dell’economia è fondamentale per il rilancio del Paese e perché la stagione estiva non è così lontana come sembra. Non è pensabile un altro flop dopo quello dell’estate 2020, solo parzialmente recuperato nel corso della passata stagione estiva. 

La soluzione ideale, si perdoni l’ironia, sarebbe quella di avere un Festival di Sanremo a settimana, capace, come è accaduto durante i giorni dedicati alla canzonetta italica, di distrarre l’attenzione non solo delle persone ma soprattutto degli organi di comunicazione. Per sette giorni il Covid è sembrato quasi sparire dalle colonne dei giornali, dalle aperture dei telegiornali e dalle pagine online. Troppo impegnati ad occuparsi delle battute di Amadeus o delle performance del nuovo fenomeno Drusilla. Si è respirata un’aria nuova, meno pesante, quasi leggerissima, tanto per citare un brano che a Sanremo lo scorso anno ha “spaccato”. Finita la kermesse della città dei fiori, l’incubo è tornato, con bollettini, dati, numeri e morti in prima pagina. Ed è tornato lo stato di depressione collettiva. Adesso si attende il 31 marzo per l’uscita, almeno ufficiosa, dalla pandemia. Per una primavera di rilancio. Amen.

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