CRONACAPRIMO PIANO

«Ischia, svegliati»: adesso l’isola deve mettersi in discussione

Possiamo continuare a scrivere, discutere e immaginare le cose che dobbiamo fare, senza impostare infine quel processo che induce a capire il “come” questi cambiamenti debbano avvenire? Conosciamo le problematiche sul nostro territorio, che ogni giorno qualcuno ricorda di elencare sui quotidiani locali; siamo tutti pronti a elencare soluzioni, visioni, esempi virtuosi, ma entriamo difficilmente in una fase poco piacevole per tutti: “come” facciamo, concretizziamo, introduciamo questi cambiamenti? Capisco che nessuno abbia la risposta alla questione di “come” attuare i tanti processi che da 30 anni, almeno in riferimento alla mia vita, sento e sentiamo ripeterci dai tanti cittadini impegnati nel sociale, nelle istituzioni, nella rappresentanza di categorie. Ma forse dovremmo ammettere, più di ogni altra cosa, che eludiamo l’attitudine al discutere o elaborare un processo del “come” fare le cose. Forse perché un tale processo metterebbe in discussione ognuno di noi? Forse perché un processo del genere renderebbe un sindaco impopolare, un cittadino antipatico, un rappresentate di categoria antitetico all’idea generale di portatore di interessi? Insomma, lo sappiamo tutti: è nella natura umana schivare cambiamenti che ci porterebbero al di fuori della nostra comfort zone. Quindi cosa facciamo? Lasciamo scorrere il tempo, subendo cambiamenti dettati da forze maggiori. Ci limitiamo a ragionare sulla piccola realtà che ci circondano, spesso rimanendo imbrigliati in corridoi mentali lontani dai cambiamenti e dalle evoluzioni che altrove concorrono e cambiano il mondo e quindi anche la nostra vita locale. Avendo accettato la globalizzazione 30 anni or sono, spesso dimentichiamo che le scelte di organizzazioni sovrannazionali cambiano la nostra vita locale. 

L’IMPORTANZA DI ANALIZZARE I CAMBIAMENTI MACRO

Questo ragionamento iniziale fa da premessa alla mia volontà di provare a comunicare, nelle prossime righe, raccontando una mia personale esperienza, ma evitando di parlare di Ischia. Prima di essere convinti, a livello locale, di fare una scelta, è necessario analizzare i cambiamenti macro. Se non lo si fa, la conseguenza è che si rincorrono esigenze sociali, culturali e di mercato inutili. Quante volte sentiamo dire: “Stiamo sempre dieci anni indietro!”. Forse se ognuno di noi, nel suo piccolo, contribuisse a quella discussione sul “come” fare le cose, potremmo guadagnare su quel gap in pochi anni. Ma vogliamo veramente farlo? Forse potremmo smettere di parlare solo di cosa avviene e non avviene sul nostro territorio e guardare, analizzare, studiare come il mondo attorno a noi si sta evolvendo. Indipendentemente dal fatto che un domani riusciremo ad essere green, premium o mindfulness. Perché magari, in futuro, anche riuscendoci, forse non sarà più necessario.

BOOKING, ROTTERDAM E IL SUO CLICK DAY

Sono reduce da una trasferta a Rotterdam, dove, per il V anno consecutivo, booking.com, la più grande compagnia di intermediazione turistica alberghiera, ha organizzato il Click Day: un evento con un format ben consolidato, della durata di 48 ore, in cui si svolgono una cinquantina di incontri, spesso in contemporanea, sulle future attitudini dei viaggiatori e del comparto turistico. I relatori, esperti del settore turistico e non solo, sono per lo più consulenti di grandi aziende, con una carriera importante alle spalle. Già tre settimane prima del Click day, con una password personale, si può scaricare una app creata apposta per la manifestazione. Oltre a fornire informazioni generali, su come raggiungere il luogo e la mappa delle sale dell’edificio dove si svolgono gli incontri, questa permette di creare un’agenda personale per selezionare, all’interno del programma, gli appuntamenti di proprio interesse. Vi si trova anche l’elenco completo dei relatori, col loro profilo, nonché dei partecipanti, cui si possono inviare messaggi direttamente. Inoltre, si possono postare o condividere in tempo reale i commenti sul meeting: un vero e proprio piccolo social dedicato. La giornata è scandita da conferenze, workshop, discussioni, interviste, coffee break, pranzo ed un principale evento serale. 

Ads

Il tutto avviene all’interno di una fabbrica dismessa e riqualificata, (vedi Monte della Misericordia), in sei sale, una delle quali dedicata, con vari stand, a offrire i prodotti che l’OTA organizzatrice fornisce alle strutture alberghiere e ai property manager, provenienti da tutto il mondo: più o meno 700 persone, tra invitati e ospiti paganti, al costo di ca. 500 euro. Perché ritengo importante partecipare a questi convegni? Perché da Ischia, anche un piccolo imprenditore alberghiero dovrebbe fare questo sforzo, pari a una trasferta promozionale per una fiera turistica? Il progresso corre veloce, anche nel monto dei viaggi e del turismo: se vogliamo rimanere protagonisti della nostra attività ricettiva, non possiamo esimerci dall’analizzare realtà aziendali che da lontano condizionano sempre più la nostra gestione lavorativa. Nei vari incontri si è parlato del cambiamento comportamentale del viaggiatore, partendo dalle piattaforme GDS, fino ad arrivare agli odierni portali. Si è parlato di un servizio che il cliente compra da lontano per avere un prodotto locale.  Si è parlato del fatto che la vacanza non è un bene che si può restituire se non piace: le aspettative di un viaggiatore sono alte, le aspettative di un operatore altrettanto. Il viaggiatore non può restare deluso da un’esperienza in cui ha investito tempo e denaro, l’albergatore non può permettersi di avere un cliente scontento nella sua struttura. Specie al giorno d’oggi, quando la comunicazione corre sul filo, anzi in wireless. Non si tratta solo dell’ultimo sistema di pagamento o della nuova piattaforma digitale messa a disposizione da booking.com. Non è il parterre ideale nel quale, in veste di presidente degli albergatori di Ischia e Procida, potrei chiedere a booking di smettere di applicare le commissioni sull’IVA, o di modificare i prezzi degli alberghi senza chiedere l’autorizzazione, o pubblicare prezzi basic o di pubblicare correttamente la misura dell’imposta di soggiorno… No, questi eventi servono a capire altro. Parlo di organizzazioni che oggi elaborano un numero infinito di dati prodotti da tutti noi e ingaggiano fior fiore di menti per elaborare e analizzare tali nozioni. Grazie anche alla nuova tecnologia, permettono loro, di conoscere sempre più nei dettagli il nostro modo di operare e gli spostamenti, le preferenze e le esigenze dei nostri clienti, che loro chiamano “nostri clienti”. Ma lavorare insieme vuol dire prima di tutto condividere un processo ed essere sicuri che tutti gli attori protagonisti abbiano lo stesso processo in mente anche se personalizziamo poi ognuno a modo proprio. Troppo spesso condividiamo idee con colleghi o nel mio caso con istituzioni, per poi accorgerci che avevamo in mente un’altra visione, un altro processo, un’altra immagine. Di questo si è parlato approfonditamente con consulenti di grandi aziende che vivono problemi simili alle nostre realtà imprenditoriali familiari. 

Ads

COSA CI ASPETTA NEL 2030

La prossima decade sarà la più decostruttiva della nostra storia, dipende da noi se affrontarla con paurosa angoscia o eccitante sfida. L’intelligenza artificiale avrà la possibilità di risolvere problemi mille volte più velocemente dell’uomo entro il 2030, il sistema di blokchain permetterà di creare transazioni in modo trasparente, abbiamo i big data che condizioneranno o anticiperanno i nostri desideri o preferenze di acquisto.  Se continuiamo a guardare solo fuori dalla nostra casa sarà difficile capire cosa vorranno comprare domani la GEN-Z o generazione Z. Sì, la Generazione Z o Centennials (conosciuta anche come iGenPost-Millennials o Plurals) identifica le persone nate dopo i Millennials. La generazione è generalmente circoscritta ai nati dall’inizio del 1997 fino al 2012. Un aspetto importante di questa generazione è il suo diffuso utilizzo di Internet sin dalla nascita. I membri della Generazione Z sono considerati come avvezzi all’uso della tecnologia e dei social media, che incidono per una parte significativa nel loro processo di socializzazione. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che crescere in un periodo di grave recessione dà loro una sensazione di instabilità e insicurezza, tuttavia sembrano essere i più desiderosi di aiutare il proprio paese, e molto simili alla generazione del baby-boom. Parliamo di una generazione che non si interessa del fatturato ma dello scopo, che parla della casa e della vacanza ideale, e a cui non interessa il prezzo a 14.99 euro o la formula gratis 3 per 2. Loro considerano altro. In india la generazione Z ha bypassato o non conosce il computer portatile perché usa solo il telefonino. Costruiranno le loro case con le stampanti – pratica già in atto in California, dove si costruire la casa anche con le stampanti 3D. E proprio sulle stampanti 3D, Amazon ha investito 4,7 miliardi di dollari per poter portare entro il 2030 a casa nostra questo hardware, perché prevede di stampare il 20% dei suoi prodotti direttamente sulla nostra scrivania. Mi domando, se riusciremo a stampare un tavolo o una sedia a casa nostra, perché dovremmo avere un martello e un cacciavite a casa? Forse li andremo a vedere al museo un domani? Sospetto che fra 15 anni la nostra industria, il nostro processo di produzione, le figure professionali non saranno per niente quelle di oggi. Di questo e altro si è discusso nell’evento evento citato, dove si cerca di conoscere e comunicare anche con la persona seduta al tuo fianco, perché specie nei workshop vengono posti dei quesiti sui quali lavorare, sviluppare, collaborare, dare un parere, porre domande. 

PER I VIAGGI? SI SPENDE IN ESPERIENZE, NON IN BENI

Parola chiave di quest’anno: Experience. Le persone viaggiano di più, per meno giorni, spendono meno in beni, ma molto più in esperienze. Dal 2009 possiamo dire che c’è stato un cambio comportamentale proprio attraverso l’uso massiccio del telefonino. Il 2009 è anche l’anno di Instagram, la gente comincia a dare più valore all’esperienza che vuole immortalare perché vista e condivisa sui social. Nel 2009 la gente posta attraverso app immagini che poi creeranno l’esperienza “influente”. La App di EasyJet rileva il post di instagram con la località e ti mostra il volo su quella destinazione. Media tradizionali colgono l’occasione per creare pellicole ad alta definizione, Hollywood comincia a produrre film in alta vividezza con effetti 3D, ved. Avatar. La gente è pronta ad immergersi in queste animazioni digitali per immergersi in mondi virtuali che rappresentano, appunto, nuove esperienze. Senza dimenticare i giochi che a casa pratichiamo con le tante play station, anche con azione fisica. Ma questo modo di immergersi in esperienze multisensoriali ha coinvolto anche altri settori. Nel mangiare, oggi siamo pronti alle varie esperienze di street food o ristoranti che permetto di farti vedere le cucine in prima persona, dove, davanti a te e con te, si sviluppa tutto il processo di realizzazione del piatto. Ma anche nel settore della ospitalità, il 47% delle unità abitative scelte riguarda l’esperienza inusuale che quella stanza permette di fare nel soggiornarci. Che sia una suite di un albergo, una capanna indiana, un igloo trasparente, una camera di un faro. Abbiniamo il viaggio alla escursione, all’incontro, alla pratica che ci fa sentire particolari, eletti, esclusivi, upgraded. Importante è cogliere lo scatto, farlo diventare virale e manifestare l’esperienza fortunata. L’hashtag “#Experience” è una delle parole più utilizzate. 

Ma cosa vuol dire veramente esperienza? Perché si stra-usa il concetto? Perché anche senza un vero motivo? L’esperienza da raccontare e da postare è qualcosa che si associa ad un’intensa sensazione, quando si raggiunge il picco di una emozione spirituale, artistica, di ottimismo. Sentiamo il bisogno di condividere queste esperienze, cerchiamo le pose più assurde per un selfie. Ipocritamente cerchiamo di far diventare virale il razionale. Il viaggiatore entra al Louvre per scattare la foto della Monna Lisa, ma senza vederla con i propri occhi. La gente fa foto velocemente in luoghi dove è stata per poi postarle da casa e far credere che sia ancora in viaggio. Il viaggiatore odierno comunica il suo viaggio più che godere del suo viaggio: c’è una sconnessione con il mondo reale. 

Eppure il concetto del viaggio è nel DNA dell’uomo da secoli, come mai oggi ci troviamo davanti ad una crisi di esperienza così evidente? Eppure è proprio il viaggio a rappresentare quella azione per staccare dalla routine, per trovare se stessi, entrare in contatto con nuove culture, modi di pensare. Dobbiamo riprendere a respirare profondamente. Se tutto è un’esperienza, niente lo è! Quindi, basta un’unica vera profonda esperienza che includa una vera sorpresa per ritrovare il collegamento. Questa è la nuova sfida che noi operatori del turismo dobbiamo affrontare. Dobbiamo portare il viaggiatore nuovamente a guardarsi attorno, a collegarsi con il paesaggio che lo circonda, a conoscere altra gente e ad alzare la testa da quel piccolo schermo. Ma attenzione: non puoi architettare un’esperienza, la puoi solo facilitare. Un’esperienza gratificante genera una buona salute, tutto il resto è consumo. L’esperienza viene dal cuore, non da un algoritmo. Per creare una giusta esperienza di vacanza dobbiamo avere una chiara visione dei nostri competitori, ma spesso focalizziamo male chi sono i nostri veri competitori. Reed Hastings CEO di Netflix ha detto: il nostro più grande competitore è il dormire! E chi fa le maratone delle serie TV davanti al computer ne sa qualcosa. Quindi se fai un’analisi del mercato cerca di capire chi sono i veri competitor. Per creare una giusta esperienza di vacanza dobbiamo assicurare una trasparenza. Far credere in te è fondamentale oggi, anche manifestando quello che non puoi fare in modo da evitare quelli che hanno esigenze che non puoi soddisfare. 

ECCO PERCHE’ SERVE UNA BRANDIZZAZIONE PER ISCHIA

Per creare una giusta vacanza devi sapere a che punto sei con il tuo prodotto. Se sai dove sei posizionato sarai anche pronto a fare il passo seguente. Motivo per cui Federalberghi consiglia da anni una brandizzazione per Ischia. Per creare una giusta vacanza devi creare una giusta dipendenza dal tuo prodotto, se un’esperienza piace, facilmente si creerà il desiderio di riviverla. Per creare una giusta vacanza devi creare un limite di scelta. Chiaro e semplice. La forza psicologica della scelta limitata è molto importante. Porre percorsi precisi al tuo cliente ti permette di esercitare al miglior modo la tua prestazione, anche se lui pensa di poter scegliere. Per creare una giusta vacanza devi saper tenere sotto controllo il soggiorno dell’ospite: benvenuto nel labirinto. 

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex