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“La lettera H”, Ronga: «Solidarietà e altruismo, così la bellezza sopravvive all’orrore dell’Olocausto»

Ischia |  Perché lo spettacolo si chiama “La lettera H”?
«Il protagonista, interpretato da Roberto Scotto Pagliara, riceve in America una lettera con una richiesta: una petizione per erigere un monumento ai caduti durante la Seconda Guerra Mondiale. L’elenco dei nomi è quello dei suoi vecchi compagni di classe. “La lettera H” è l’iniziale del cognome del suo compagno più caro. Il passato, in parte rimosso, riemerge con prepotenza, dilata il tempo della memoria, obbliga a fare delle scelte».
La letteratura sulla Shoah è sterminata. Ma tu hai scelto due testi letterari che nemmeno l’affrontano così direttamente, anche se finiscono per segnare la vita dei personaggi: “Vita e destino” di Vasiliji Grossman e “L’amico ritrovato” di Fred Ulhman.
«Sulla Shoah i documenti sono tantissimi, eppure credo che la letteratura sia capace di elevare le storie dei singoli a monito universale. Le pagine di “Vita e destino” sono intrise di umanità, e il romanzo di Ulhman, “L’amico ritrovato”, è un piccolo capolavoro, dove la propaganda razzista e discriminatoria avvelena progressivamente i rapporti all’interno di una classe. In entrambe le opere, però, c’è una luce nel fondo dell’abisso, si racconta come, anche nel buio della nefandezza e della disumanità, possano fiorire sentimenti di solidarietà e di altruismo. E’ la Bellezza che sopravvive e che resiste».
Dinanzi alle questioni poste dalla riflessione sull’Olocausto ci si imbatte sempre più spesso in tentativi di minimizzazione se non di negazione. E’ una deriva fisiologica, data la distanza sempre maggiore, o un desiderio inconscio di archiviare l’orrore?
«La distanza temporale, quasi fisiologicamente, offusca l’eccezionalità dell’Olocausto, e questa è una tendenza pericolosa, perché si rischia costantemente la rimozione dell’orrore per una tragedia immane che è nata nel cuore dell’Europa, della nostra Europa».
Dopo “Inno al sole” torni a lavorare con Lucianna De Falco. Da regista quanto si è disposti a cedere e quanto invece si può pretendere da un’attrice dal forte temperamento come la De Falco?
«Lucianna è un’attrice estremamente generosa, un talento straordinario con cui è bello misurarsi e riscoprire le ragioni del fare teatro. A ogni messinscena c’è sempre una completa adesione al progetto che si traduce innanzitutto nel rispetto del pubblico: una lezione di vita. In questo spettacolo la sua lettura teatralizzata delle pagine di Grossman impegna una vasta gamma di sentimenti e di intenzioni. Lucianna porta in scena una verità di cui si fa testimone come attrice e come donna».
A cosa lavorerai dopo “La lettera H”?
«In questo periodo sono molto impegnato con i laboratori nelle scuole. Il Liceo Statale Ischia è stato selezionato anche quest’anno al Festival Nazionale del Teatro Scolastico, e saremo in scena ad aprile al Teatro Bonci di Cesena con un lavoro su Don Giovanni. Sono solo quattro le scuole selezionate sul territorio nazionale e siamo molto contenti di partecipare al concorso. Ritorneremo al Polifunzionale nella tarda primavera con “Amerika” di Kafka, per il laboratorio teatrale dell’associazione Luca Brandi, e con “Ecclesiazuse” di Aristofane, sempre con il laboratorio del Liceo. E poi a febbraio c’è la replica del corto teatrale “Roots”, già messo in scena nelle vacanze di Natale, e che fa parte di un progetto teatrale più ampio sull’identità e le radici. Insomma, tante cose!»
(GIA.CA)

 

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