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Lacco Ameno, il Consiglio di Stato scrive la parola fine: sorride Pascale

Finalmente la sentenza che chiude la controversia dieci mesi dopo le elezioni: il Barone eletto sindaco al primo turno con 1540 voti contro i 1538 di De Siano

Stavolta il verdetto è definitivo. Giacomo Pascale è e resta sindaco di Lacco Ameno, in virtù dei risultati del primo turno elettorale del 20 settembre scorso. Il Consiglio di stato dopo quasi due settimane di attesa ha finalmente pubblicato la sentenza sul ricorso contro la sentenza del Tar, che a gennaio aveva già decretato l’affermazione del “Barone” per uno scarto di tre voti al primo turno. Il Consiglio di Stato ha invece stabilito uno scarto appena minore, confermando Pascale sindaco in virtù di 1540 voti conseguiti dalla sua lista, contro i 1538 della lista del senatore Domenico De Siano. Il primo scrutinio era invece finito incredibilmente in parità, dai seggi era uscito il computo totale di 1541 voti ciascuno, dopo che tuttavia a spoglio appena concluso Pascale era stato inizialmente proclamato vincitore con tre voti di vantaggio, poi ridottisi nel giro di qualche ora a uno soltanto per arrivare infine al pareggio che aveva costretto il paese del Fungo ad andare al ballottaggio di inizio ottobre, dove Giacomo Pascale prevalse ancora una volta con 156 voti di vantaggio.

Ma il senatore di Forza Italia non si era arreso: l’inverno scorso è quindi stato caratterizzato da ricorsi amministrativi e provvedimenti dilatori, che hanno alimentato per altri dieci mesi un’incertezza che è svanita finalmente soltanto ieri. A metà estate si dissolvono quindi le nubi sulla compagine amministrativa guidata da Pascale, che indubbiamente trae nuovo vigore dal verdetto, ed è lecito attendersi un cambio di marcia nell’azione dell’amministrazione dopo il “freno a mano tirato” provocato dalla pendente spada di Damocle di una eventuale sentenza di ribaltamento dell’esito, che invece è stato sostanzialmente confermato per quattro volte, visto che proprio dalle operazioni di verificazione decise dal Consiglio di Stato e affidate alla Prefettura sono emersi altri due voti non conteggiati al primo turno, ed entrambi erano a favore di Pascale. Di fatto, quest’ultimo avrebbe vinto già al primo turno, ha prevalso poi al ballottaggio, e ha ottenuto la conferma giudiziaria della vittoria sia davanti al Tar che davanti al Consiglio di Stato. Un poker di sigilli per controfirmare un’affermazione elettorale maturata contro la maggioranza dei pronostici della prima ora, e che in parte ha mutato anche gli equilibri isolani.

Secondo la Seconda Sezione del Consiglio di Stato il risultato della competizione elettorale si sarebbe attestato, al primo turno, su 1540 voti per la Lista n. 2 (1541 meno 3, più 2 derivanti dall’errore di conteggio delle sezioni 3 e 4), e 1538 per la Lista n. 1 (1541 meno 4 più uno indebitamente annullato), con la conseguenza che il candidato sindaco della prima e la sua compagine elettorale sarebbero risultati comunque vittoriosi

Nella lunga sentenza, oltre 40 pagine, il Consiglio di Stato ha inizialmente “rimproverato” la Prefettura, stigmatizzando l’ordine della documentazione scaturita dai controlli sulle schede contestate, e ha poi rivendicato la correttezza della propria decisione relativa alle operazioni di verificazione, in contrasto con quanto invece aveva ritenuto il Tar in primo grado, secondo cui era sufficiente basarsi sulla documentazione prodotta dalle parti a sostegno delle proprie ragioni.

Successivamente il collegio passa ad analizzare nel dettaglio le singole schede contestate, dirimendo e interpretando le cancellature, gli errori grammaticali, i nomi incompleti, ma arriva anche a fare un’osservazione significativa, relativamente ad alcuni punti degli appelli incidentali, nei quali “si contesta la illegittima modifica del risultato elettorale, attraverso rettifica di 435 preferenze in 434, riferite alla sez. 3; 440 in 439, nella sezione 4. Le irregolarità denunciate troverebbero conforto nel fatto che non vi è corrispondenza tra il numero dei votanti riportato nel verbale delle operazioni e quello comunicato dal Presidente di seggio all’ufficio elettorale comunale. Sul punto, il verificatore, a fronte delle effettive discrasie riscontrate, ha provveduto al riconteggio delle schede rilevando come effettivamente i voti assegnati alla lista n. 2, collegata al candidato sindaco Giacomo Pascale, sono risultati 435 nella sezione 3 e 440 nella sezione 4. Trattandosi di appelli incidentali condizionati, il relativo scrutinio neppure si renderebbe necessario, avendo la disamina degli appelli principali e incidentali nelle altre parti sopra esposte confermato la correttezza del risultato elettorale.

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Appare dunque ininfluente, ovvero semplicemente rafforzativo del risultato medesimo – scrivono i giudici – la comprovata circostanza che alla Lista n. 2 (Pascale) all’esito del riconteggio dovevano essere attribuiti i due voti non riportati dalla tabella di scrutinio al verbale di seggio delle sezioni 3 e 4, sì da addivenire ad un totale di 1540 voti, cioè due voti in più di quelli attribuiti alla Lista n. 1”. Anzi, secondo il Consiglio di Stato, tali conclusioni non vengono alterate “dall’avvenuta presentazione di motivi aggiunti sia da parte del signor Domenico De Siano che del signor Giacomo Pascale, avendo entrambi tratto spunto dagli esiti della verificazione, contestati in punto di fatto e, conseguentemente, di diritto. Il Collegio li ritiene infatti inammissibili, salvo per singoli aspetti residuali, la cui ininfluenza ai fini dell’alterazione dell’esito dell’odierno giudizio consente di pretermetterne un più approfondito scrutinio”. In sostanza, dopo dieci mesi vengono riconosciuti i due voti non conteggiati nello scrutinio di settembre, entrambi a favore del candidato poi eletto sindaco.

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Nelle conclusioni il collegio rileva che, anche alla luce del complessivo esame dei mezzi processuali articolati nella sentenza, “il risultato della competizione elettorale si sarebbe attestato, al primo turno, su 1540 voti per la Lista n. 2 (1541 meno 3, più 2 derivanti dall’errore di conteggio delle sezioni 3 e 4), e 1538 per la Lista n. 1 (1541 meno 4 più uno indebitamente annullato), con la conseguenza che il candidato sindaco della prima e la sua compagine elettorale sarebbero risultati comunque vittoriosi. Va pertanto confermata la applicazione nella fattispecie del condiviso indirizzo già richiamato dal primo giudice secondo il quale, nella materia elettorale, il principio della prova di resistenza, nel quadro di una corretta composizione tra l’esigenza di reintegrare la legittimità violata nel corso delle operazioni elettorali e quella di salvaguardare la volontà del corpo elettorale, non consente di pronunciare l’annullamento degli atti della procedura laddove l’illegittimità non determinerebbe alcuna sostanziale modifica dei risultati medesimi, lasciando inalterati gli originari rapporti di forza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2014 n. 4241). A ciò consegue la conferma della sentenza di prime cure, seppure con diversa motivazione, in parziale accoglimento sia degli appelli principali che incidentali, ferma restando la inammissibilità dei motivi di censura riferiti a schede della cui esistenza non è stato fornito riscontro documentale”.

Il collegio ha stabilito che va confermata l’applicazione, già operata dal Tar, del principio della prova di resistenza, “nel quadro di una corretta composizione tra l’esigenza di reintegrare la legittimità violata nel corso delle operazioni elettorali e quella di salvaguardare la volontà del corpo elettorale, non consente di pronunciare l’annullamento degli atti della procedura laddove l’illegittimità non determinerebbe alcuna sostanziale modifica dei risultati medesimi, lasciando inalterati gli originari rapporti di forza”

Giacomo Pascale, dunque, è il sindaco di Lacco Ameno e tale esito va considerato valido sin dal primo turno, consegnando il ballottaggio alla curiosità statistica della storia elettorale all’ombra del Fungo, senza sottovalutarne tuttavia il peso politico vista la chiara prevalenza che nel secondo turno premiò il primo cittadino. Finisce così una logorante disputa, iniziata ben prima della inedita campagna elettorale estiva di un anno fa, perché la spaccatura nella maggioranza risale all’estate 2019, che portò alla caduta della prima amministrazione Pascale nell’autunno successivo. Ventiquattro mesi vissuti pericolosamente, ma adesso sembra finalmente arrivata la parola fine, imprevisti permettendo. Da oggi la parola passa dalle aule di tribunale al dibattito politico e all’azione amministrativa, di nuovo arbitri del confronto democratico. Era ora.

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