CRONACA

Olmitello, un fiume di acqua nera in strada: che saluto all’estate

Dalla gola ormai interdetta da anni arrivano zaffate di cattivo odore e ruscelli marroni di acqua sporca. Uno schiaffo al buon nome dell'antica fonte

Un fiumiciattolo fetido e dal colore inequivocabile scende lentamente lungo la strada che raggiunge l’arenile del Maronti. Si fa strada tra le barche riportate in riva e nel bel mezzo del sentiero situato nel cuore dei Maronti. Ad osservarlo, perplessi, i turisti che, stupiti e decisamente schifati, si allontanano dal ruscello marroncino, segno inequivocabile da quelle parti qualche conduttura si deve essere rotta andando a peggiorare la reputazione di un posto che un tempo era un vero e proprio fiore all’occhiello del comune di Barano e che oggi invece è abbandonato all’incuria più totale. Ancora vivo è il ricordo di Peppe Iallonardo che proprio in questa gola, vessata dal maltempo, perso la vita nel tentativo di preservare l’attività di famiglia, felice punto di riferimento per quanti si recavano nel ristorante, poi costretto alla chiusura . Era un’oasi di pace. Oggi rimane solo il ricordo di quel luogo di tranquillità, tutto è sostituito da situazioni diffuse di abbandono.

L’acqua di fogna che finisce direttamente in mare andando ad alterare l’equilibrio della foce dell’Olmitello ne è la prova più evidente . Un luogo che già negli anni passati è stato oggetto dei controlli dell’Arpac che in qualche caso, proprio nel tratto di mare che bagna la spiaggia posizionata di fronte al laghetto di scolo che si forma in prossimità del ponte, è stato trovato fortemente inquinato da batteri. Davvero un pessimo saluto all’estate. Intanto all’interno della gola altre novità sono state aggiunte alla doccia che già è stata oggetto di interrogativi e stupore, dopo che era apparso un rubinetto nelle docce, ora il lavoro sembra essere stato completato con altri tubi e una piattaforma di pietra.

Chi ha fatto questo lavoro? Dalle voci che circolano – come dichiarato dall’avvocato Giuseppe Di Meglio nel commento all’immagine del rubinetto asciutto di qualche settimana fa – è stato un semplice cittadino a improvvisarsi idraulico. A proprie spese ha collegato il rubinetto alla vasca che all’interno dell’edificio abbandonato raccoglie l’acqua sorgiva. Per qualche giorno, secondo testimonianze dirette di chi ha frequentato la zona, l’impianto ha funzionato erogando l’ acqua poi qualcuno che evidentemente ha la possibilità di accedere alla vasca ha interrotto il collegamento. Qualche settimana fa secondo la testimonianza di chi ha frequentato la zona nel cuore dell’estate, era ancora presente un tubo da dove sgorgava l’acqua sorgiva e veniva tirata su dal sottosuolo tramite un motorino. A quando il ripristino alla situazione originale, ovvero la riapertura dello stabilimento, attrattore per migliaia di persone interessate a giovare della fonte miracolosa? Sempre secondo l’avvocato Di Meglio l’attuale Amministrazione non è favorevole a tale soluzione ed ha destinato un finanziamento di circa un milione di euro ottenuto per il recupero ambientale della sorgente di Olmitello, alla realizzazione di un seminterrato sotto l’attuale piazza. “Credo – ha dichiarato sui social l’avvocato baranese – che occorrerebbe una massiccia mobilitazione degli operatori e dei cittadini per una inversione di rotta”.

Dopo l’apposizione dei vari cartelli che ne vieterebbero l’ingresso e le ordinanze di divieto di accesso risalenti al 2007 e l’interdizione dell’area a partire dalla Cambusa effettuata nel febbraio del 2015, che ha sancito la chiusura delle strutture ricettive della Pensione Olmitello e l’Oasi la Vigna, l’Olmitello è diventata area ormai dimenticata a cui accedono solo i più temerari, a proprio rischio e pericolo. Ci si addentra, clandestinamente, per arrivare direttamente alla fonte della preziosa fonte dell’Olmitello e lo fa contro le disposizioni del Comune di Barano, tutto pur di non rinunciare alla preziosa e acqua che sgorga dalla fonte conosciuta fin dall’antichità. Acqua che rimane prigioniera e che fa dilagare la triste certezza, soprattutto tra coloro che erano abituati come abitudine quasi quotidiana a giovare di quelle acque, della progressiva perdita di ricchezze del territorio.

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