CRONACAPRIMO PIANO

Stangata “termale” per il Comune d’Ischia

La Corte di Appello accoglie le ragioni della curatela della Gestione Nuove Terme Comunali srl e dispone che l’ente di via Iasolino dovrà pagare la somma “monstre” di 1.088.000 euro oltre interessi di rivalutazione e spese legali. Capovolto in toto il giudizio di primo grado che aveva visto il Comune vincitore su tutta la linea. E adesso…

Una sentenza sotto certi aspetti sorprendente e che rappresenta un vero e proprio terremoto soprattutto per i risvolti che la stessa potrà avere sull’Ente che si trova a subirla. E che, soprattutto, arriva in maniera inaspettata a dar credito a quanto riferito da diversi addetti ai lavori. Per il Comune di Ischia è arrivata una vera e propria mazzata, l’ente di via Iasolino infatti dovrà pagare alla curatela del fallimento della Gestione Nuove Terme Comunali srl la somma “monstre” di 1.080.000 euro, così come stabilito con l’ordinanza n. 197 dalla Corte d’Appello. La vicenda è di quelle oltremodo complessa e pare tanto ricordare la favola del pifferaio che partito per suonare si ritrovò con l’essere suonato. Siamo davanti ad una storia che necessità della pazienza e dell’attenzione del lettore per essere riassunta, dal momento che parte dal lontano 1990. E’ in quel periodo che il Comune d’Ischia concedeva in locazione per 15 anni il complesso termale in pessime condizioni alla società Gestione Nuove Terme Comunali srl, partecipata dal Comune al 30%, a canone agevolato con il costo dei lavori di ristrutturazione che sarebbe ricaduto per metà sulle casse comunali e per l’altra metà a carico della società che otteneva tra l’altro anche un finanziamento (una quota a tasso perduto e un’altra a tasso agevolato).

DALLA GENESI DEL 1990 AL LODO DEL 2003

Il contenzioso giudiziario tra le parti si innesca nel momento in cui la GTNC srl aziona l’arbitrato per far dichiarare invalida, perché ritenuta vessatoria, la clausola del contratto che poneva i costi di ristrutturazione per metà a carico della società conduttrice. Il lodo rigettava la domanda della società che però nel frattempo in virtù dei processi giuridici innescati si era resa morosa non versando il canone dovuto all’ente di via Iasolino. La Corte di Appello di Napoli confermava il lodo con sentenza del 2003. Passano altri due anni, si arriva al 2005: il contratto di locazione scade e il Comune di Ischia decide di concedere il rinnovo della locazione per ulteriori nove anni ad un canone agevolato che avrebbe tenuto conto delle spese sostenute dalla società per la ristrutturazione, per quanto le stesse fossero state disconosciute dalla precitata sentenza, confermativa del lodo arbitrale del 2003. Che però, evidentemente, sul palazzo municipale nessuno conosceva, almeno in una fase iniziale.

LA DELIBERA IN AUTOTUTELA ALL’ORIGINE DEL BRACCIO DI FERRO

La faccenda si complica quando poi gli amministratori locali vengono a conoscenza della sentenza e decidono in autotutela di annullare, con apposita delibera di giunta, la delibera di rinnovo del contratto a canone agevolato (che come detto teneva conto delle opere seguite) predisponendo una nuova delibera e soprattutto un nuovo e modificato contratto che la società Gestione Nuove Terme Comunali si rifiutava di sottoscrivere ritenendo valido – anche perché decisamente più vantaggioso – quello firmato precedentemente e poi annullato. A questo punto il Comune si trova costretto ad agire in giudizio per far dichiarare la nullità o anche la risoluzione del contratto annullato in autotutela oltre che per chiedere il danno per quella che viene ritenuta un’occupazione illegittima del complesso termale da parte della società GNTC. Quest’ultima si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande dell’ente locale e in riconvenzionale la condanna al rimborso delle opere effettuate e dunque delle migliorie apportate alla struttura. La matassa si ingarbugliava ancora di più quando nelle more del giudizio la predetta società falliva, a questo punto il curatore riassumeva il giudizio insistendo per l’accoglimento della domanda riconvenzionale. Il braccio di ferro si concludeva con il Comune d’Ischia che vedeva accolte le sue domande, con quelle della curatela che finivano con l’essere rigettate.

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Ed è a questo punto che accade il colpo di scena. La curatela del fallimento della Gestione Nuove Terme Comunali srl proponeva appello riproponendo per filo e per segno le domande rigettate in primo grado. Dal canto suo il Comune di Ischia come da prassi si costituiva proponendo appello incidentale sulla quantificazione dei danni da illegittima occupazione operata dal Tribunale. La Corte d’Appello dichiarava improcedibile la domanda di risarcimento danni proposta dall’ente di via Iasolino, sostenendo che lo stesso avrebbe dovuto proporla innanzi al tribunale competente. Ma la vera mazzata arriva con l’accoglimento della domanda della curatela che significa un rimborso per circa un milione e centomila euro oltre interessi e spese legali. Una vera e propria pugnalata alle casse comunali che di questi tempi a Ischia come in ogni angolo dello Stivale certo non sono delle più floride.

PERCHE’ LA CORTE D’APPELLO HA DECISO PRO CURATELA

E’ davvero lunga, complessa e articolata la sentenza firmata da Gabriella Iori, Assunta D’Amore e Antonio Quaranta che riassume i motivi del ricorso e poi nella parte finale sottolinea: “Avuto riguardo all’esito finale della lite, che ha visto l’accoglimento non integrale della impugnazione principale e, stante il rigetto di quella incidentale, la prevalente soccombenza del Comune appellato, che pure aveva ottenuto in prime cure l’accoglimento della domanda di annullamento dell’originario contratto di locazione per vizio del consenso, capo della decisione non investito da impugnazione, appare conforme a giustizia porre a suo carico la metà delle spese del doppio grado, liquidate per tale frazione come da dispositivo secondo il criterio del decisum piuttosto che del disputatum. La residua metà delle predette spese va invece compensata tra le parti.
A norma dell’art. 13, comma 1° quater del D.P.R. n°115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. n°228 del 24.12.12, destinato a trovare applicazione ai procedimenti di appello introdotti in data successiva al 28.12.12, quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1- bis. Il giudice deve dare atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui alla norma in esame mentre l’obbligo di pagamento sorge al momento del suo deposito”. Da qui la decisione con cui la Corte d’Appello “definitivamente pronunciando sull’appello proposto, avverso la sentenza in epigrafe, dalla Gestione Nuove Terme Comunali srl., nei confronti del Comune di Ischia nonché sull’appello incidentale proposto da quest’ultimo con comparsa di costituzione depositata telematicamente in data 12.6.18, così provvede: 1°) Accoglie l’appello principale, per quanto di ragione, e per l’effetto, riformata in parte qua la impugnata sentenza: a) dichiara improcedibile, a seguito della dichiarazione di intervenuto fallimento, la domanda del Comune di Ischia volta a conseguire la condanna della società al risarcimento danni, stante la vis atractiva che ne avrebbe comportato la devoluzione alla cognizione del giudice fallimentare; b) condanna il Comune appellato, in accoglimento della domanda riconvenzionale già a suo tempo intentata dalla G.N.T.C.
S.r.L. in bonis, al pagamento in favore della appellante della somma di €. 1.080.000,00, (€. 60.000,00 annui per tutta la durata del rapporto, di 18 anni), dovuta a titolo di riconosciuti esborsi sostenuti per lavori di adeguamento e miglioramento apportati al complesso immobiliare oggetto di locazione, oltre interessi legali decorrenti dalle singole scadenze al saldo; 2°) Rigetta l’appello incidentale, essendo la relativa domanda travolta dalla stessa, decretata improcedibilità della pretesa risarcitoria; 3°) Condanna il Comune appellato alla rifusione della metà delle spese processuali del doppio grado, liquidate per tale frazione quelle del primo in complessivi €. 8.000,00, di cui €. 3.200,00 ed €. 4.800,00 per compensi, e quelle del secondo in complessivi €.  7.225,78, di cui €. 408,28 per spese ed €. 6.817,50 per compensi, il tutto oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% sui compensi, I.V.A. e C.P.A. come per legge; 4°) Compensa tra le parti la residua metà delle spese del doppio grado; 5°) Attesta che sussistono i presupposti di assoggettamento dell’appellato Comune alla contribuzione ulteriore come prevista per legge”.

LE RICHIESTE DELLA CURATELA ACCOLTE IN APPELLO

Ecco quali erano le richieste formulate dalla curatela nel contenzioso di cui abbiamo ampiamente illustrato e che sono state accolte in sede di Appello: “1) erroneità della pronuncia di accoglimento della richiesta del Comune di Ischia di condanna della società Gestione Nuova Terme Comunali al risarcimento dei danni da esso formulata per l’illegittima occupazione dell’immobile per il periodo di sua durata, successivamente all’intervenuto rinnovo, rigettando implicitamente l’eccezione formulata da essa di improcedibilità della domanda nella sede de qua; 2) erroneità della stessa pronuncia per avere rigettato la richiesta formulata illo tempore in via riconvenzionale, dalla società allora in bonis e, per essa, dalla subentrante volta a conseguire la condanna del Comune attore al pagamento della maggiore cifra dovuta per i miglioramenti al complesso immobiliare di proprietà comunale, concesso in locazione alla s.r.l. Gestione Nuove Terme Comunali e dal medesimo riconosciuto alla società con la delibera n°147 del 24.6.2005; 3) errore della statuizione nel rigettare la domanda di pagamento dei maggiori importi sostenendo che sussistesse il giudicato circa la non debenza di tali maggiori somme; 4) mancato accoglimento, quanto meno, della domanda, comunque reiterata in subordine da essa tesa al riconoscimento e alla conseguente condanna del Comune al pagamento della minor somma di €.  1.080.000,00, sicuramente riconosciuta dal Comune nello stesso contratto vigente dal 7.7.2005, oggetto di pretesa di annullamento chiesto con il presente giudizio, (€. 60.000,00 annui, in deconto sul canone di mercato, per 18 anni di durata); 5) mancata condanna dell’ente territoriale, malgrado il riconoscimento fattone, di tutti gli importi ben maggiori dovuti alla società G.N.T.C. S.r.L. per i lavori effettivamente eseguiti e, in via di estremo subordine, della somma sopra indicata, di €. 1.080.000,00, come riconosciuta dal Comune nel contratto vigente dal 7.7.2005. Concludeva quindi perché, in riforma della impugnata sentenza: si fosse dichiarata improcedibile la domanda del Comune volta a conseguire la condanna della società al pagamento di un preteso risarcimento danni, essendo la domanda divenuta, a seguito della dichiarazione di fallimento, di sopravvenuta competenza del tribunale fallimentare, ed altresì per l’avvenuta formazione del giudicato sulla inesistenza del relativo diritto per definitivo rigetto del credito in sede di accertamento dello stato passivo del fallimento; si fossero accolte le domande riconvenzionali proposte dalla G.N.T.C.”.

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