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La memoria e le carte, per non dimenticare. Ebrei a Casamicciola nel convegno all’IT “Mattei”

Gianluca Castagna | Casamicciola Terme  Non possiamo più tacere. Vi sono casi in cui le circostanze della Storia sono così gravi e drammatiche che si avverte il disagio profondo del silenzio come un’imperdonabile omissione; come il venir meno la responsabilità, grande o piccola che sia, di tramandare alle nuove generazioni le ragioni di una catena di domande a cui devono essere trovate risposte. Anche dopo 80 anni.
Le circostanze dell’Olocausto, dello sterminio sistematico e gelidamente progettato a tavolino di ebrei (e non solo), sono forse le più tragiche e inspiegabili che abbia vissuto il Novecento. La memoria della Shoah è spesso ricondotta, e comodamente archiviata, a un atroce “inciampo”nella storia dell’umanità; un brutto ricordo, lontano nel tempo e nello spazio che, di fatto, non ci ha mai colpito direttamente, se non con scene toccanti lette sui libri o viste al cinema.
Niente di più sbagliato. Anche nei luoghi apparentemente più distanti dallo strazio della deportazione o dall’orrore disumano dei lager, può annidarsi il virus dell’odio, dell’intolleranza, della delazione, della connivenza con la pagine più oscure della nostra Storia. Soprattutto quando, tra le sue pieghe, emergono testimonianze e documenti inediti che raccontano quanto anche l’isola d’Ischia fu investita da eventi come la discriminazione antiebraica e la successiva deportazione nei campi di concentramento nazisti.

A un importante carteggio, quello rinvenuto da Gino Barbieri e illustrato con dovizia di particolari nello speciale del Golfo in edicola qualche giorno fa, il compito di sfidare analisi storiche e mediatiche, di costringerci a riflettere sui concetti di “comunità”, “razza”, “accoglienza”, di toccare con mano la verità della storia facendo parlare direttamente i suoi protagonisti, conservandone un’incancellabile memoria e acquistandone una consapevolezza da tramandare ai discendenti. Una ricerca, cominciata sul territorio di Casamicciola, e non ancora portata a termine.
Alle generazioni dei millennial, dei social, della rivoluzione digitale, ai tanti adolescenti isolani è oggi riservato un nuovo strumento nel passaggio di testimone della memoria dell’Olocausto. Un tassello in più che, diversamente da un vergognoso passato di premeditato oblio, può garantire un futuro di rispetto e di solidarietà con i valori e le tradizioni dell’uomo. Centinaia di studenti possono oggi leggere quanto capillare sia stata la persecuzione, arrivando a sorvegliare, scovare e intrappolare i cittadini ebrei perfino nelle lontane isole del Mediterraneo. Negandogli prima il diritto all’uguaglianza e poi il diritto stesso alla vita.

Pur nella specificità di ogni vicenda, le singole esperienze di ogni uomo, donna e bambino che dal 1938 (data di emanazione delle leggi razziali) agli anni della guerra si trovava in Europa, fu conseguenza della politica razzista antisemita portata avanti prima dal governo fascista e poi  dall’occupante nazista, ma anche dalla complicità di tanti italiani che denunciarono o girarono il capo dall’altra parte. Distruzione di vite innocenti, aumento della sofferenza di popolazioni inermi, un corteo lugubre di uomini e donne deportati o in fuga. Parzialmente morti anche quando sopravvissuti. Oggi i giovani possono cercare delle risposte. Ai loro padri, al contrario, è stato negato per troppo tempo il sacrosanto diritto alla conoscenza. Il diritto ad essere compiutamente informati sulle vergogne di un’epoca, ascoltare la voce dei sopravvissuti “opportunamente”nascosti nelle retrovie della società e della Storia. Per non dimenticare.
Come il titolo dell’incontro che gli studenti dell’Istituto tecnico “Enrico Mattei” di Casamicciola Terme hanno voluto dedicare alla Giornata della Memoria, tenutosi giovedì mattina nell’aula “Paolo Scaglione” della scuola di Via Principessa Margherita. Un’occasione per ospitare anche il convegno organizzato dall’Università Telematica Pegaso e dal quotidiano Il Golfo e presentare pubblicamente una serie di documenti, coevi agli eventi narrati, in cui accanto alle storie di tanti isolani pronti a salvare, o almeno provare a salvare qualche ebreo dai nazifascisti, ci sono le storie di quelli pronti a tradire, vendere e denunciare. Informative, soprattutto, quelle rinvenute dal Barbieri. Inviate dal prefetto Marziali alle autorità locali per scovare, controllare e al momento opportuno sequestrare gli ebrei presenti sul territorio. Perché qui vivevano o si trovavano in vacanza. Soprattutto a Casamicciola, grazie alla presenza di stabilimenti termali le cui acque erano conosciute da secoli in tutta Europa. Manifesti antiebraici, telegrammi, fotografie. Richieste continue, persistenti, assillanti. Di nomi e indirizzi. Agli alberghi, alla previdenza sociale, ai distretti militari, perfino alle opere pie. Un monitoraggio a maglie strettissime, aggressivo e accanito, verso “l’odioso” ebreo. Jude, giudeo. Come il marchio ‘d’infamia’ stampato sul passaporto che rendeva pressoché impossibile sottrarsi agli artigli della polizia.

L’indifferenza, le complicità, l’egoismo, la paura, gli opportunismi, le cattive coscienze. Focolai del virus antisemita. Non averlo debellato o, almeno combattuto fermamente, quando i criminali nazifascisti erano ancora sotto processo e l’indignazione era ancora profonda, è stata una colpa storica di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. E’questo il monito lanciato agli studenti del “Mattei”: i rigurgiti dell’antisemitismo e dell’odio verso “l’altro” di questi ultimi anni in Europa sono campanelli d’allarme che non vanno sottovalutati. Focolai di razzismo, negazionismo e indifferenza, male – quest’ultimo – tra i peggiori.
«Alziamoci e gridiamo forte “Mai più”», è l’invito del sindaco di Casamicciola Giovan Battista Castagna. «L’Olocausto non è stata soltanto una pagina di storia. E’ un ricordo necessario da tramandare di generazione in generazione. Come ci ricordava Primo Levi nel romanzo “Se questo è un uomo” quando l’intolleranza verso l’altro o il diverso si trasforma in un disegno politico o ideologico, il pericolo è dietro l’angolo». L’affondo sul presente. «Il nostro paese sta attraversando una fase politica molto difficile. Ogni giorno in tv guardiano i drammi dell’immigrazione. Sempre più la politica sta diventando intransigente e non ascolta il grido di dolore di tante persone. Ai giovani, cittadini di domani, dico: non siate intransigenti, ascoltate i dolori delle persone».
Per il direttore Ambrogio Mattera «Shoah, olocausto, genocidio sono tre parole terribili che conservano il senso dell’indicibile tragedia degli ebrei. Il carteggio rinvenuto dal prof. Gino Barbieri sulla caccia agli ebrei che avevano trovato rifugio temporaneo sulla nostra isola non è solo una preziosa testimonianza storica ma, grazie al trasferimento su supporto digitale avvenuto con la collaborazione degli studenti di Informatica di questo istituto, un’opportunità di documentazione e didattica fruibile per allievi e docenti».

Nel corso dell’incontro, ragazzi e ragazze delle classi quinte dell’Istituto Mattei hanno letto poesie, brani letterari e compiuto osservazioni legate alla tragedia dell’antisemitismo e delle persecuzioni razziali. Nei versi di Primo Levi, il campo di Fossoli (fin provincia di Modena), il principale punto di raccolta dei prigionieri ebrei in Italia. I moniti di Liliana Segre e Sami Modiani, tra i pochi sopravvissuti alla Shoah che possono ancora raccontarci quello che per molti non è “raccontabile”. Commozione e silenzio di fronte alla storia di Giovan Battista Cricco, ricordate nelle parole del suo bisnipote Giovanni (ex alunno del “Mattei”) che ha voluto chiudere il cerchio di un dolore familiare, troppo a lungo seppellito, cominciato a Nimis (dove viveva il bisnonno) e terminato solo quando, il 26 luglio 2016, è riuscito a varcare i cancelli di Dachau, primo campo di concentramento nazista e fabbrica della morte a larghissima scala. Suo nonno non era ebreo, ma fu deportato insieme a tutti i cittadini maschi di Nimis (in provincia di Udine) per rappresaglia a una battaglia vinta dai partigiani sui nazisti, prima a Buchenwald, poi a Dachau. Morì da uomo libero, di stenti, due giorni dopo l’arrivo degli americani a Dachau. Una verità emersa solo dopo molti anni, che tuttavia non è riuscita a placare la sofferenza di quanti videro trascinare via quest’uomo dai suoi affetti e non fare più ritorno. «Miononno diventò orfano e non si dette mai pace, anche se in famiglia non ne parlava mai. A un ex deportato scrisse: la mia paura è che, scomparsa la nostra generazione, verrà steso un velo su quanto accaduto e tutto finirà nel dimenticatoio. E’ ciò che mi spinto devo dare voce a questa storia, a questa sofferenza. Nessuno deve più subire tali crimini».

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La chiosa spetta al Dirigente scolastico del “Mattei” Prof. Antonio Siciliano: «Sono figlio anch’io  un sopravvissuto a un campo di prigionia. Non in Germania ma in Africa. Mio padre partì soldato nel 1939 a soli. E’ tornato nel 1948, una gioventù intera passata da prigioniero. Quando sento parlare di negazionismo, mi vengono i brividi. Ringrazio il prof. Barbieri di averci lasciato una copia in digitale di questa documentazione. Oggi è patrimonio di questa scuola e degli studenti dell’isola di Ischia». Poi ai ragazzi: «Di queste testimonianze fatene tesoro, perché domani sarete chiamati a difendere la libertà di ognuno di noi.»

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Il messaggio di Giosi Ferrandino, eurodeputato
«Voltandoci dall’altra parte,
ripetiamo gli stessi errori »

Bruxelles – «Li hanno portati via di notte. Non conoscevano il loro futuro. I bambini avevano freddo, chiedevano ai genitori cosa ne sarebbe stato di loro. C’è una confusione e paura. Lacrime ed incredulità. Non c’erano risposte ma era chiaro, in quei momenti, che l’umanità aveva deciso di voltarsi dall’altra parte, di guardare altrove. L’indifferenza aveva vinto. Che noi, la razza umana, avevamo perso.» Anche l’eurodeputato Giosi Ferrandino ha voluto partecipare alla Giornata di Memoria del “Mattei” inviando un messaggio da Bruxelles, letto dalla studentessa Chiara Muscatello. «Potrebbe essere un racconto da un passato che sembra remoto, il racconto di uno dei deportati nei campi di concentramento nazisti. Ma non è così. E attualità. Negli Stati Uniti come n in Europa. Credo ci insegni una cosa, in una giornata dalla valenza storica, culturale e sociale così significativa come quella di oggi: che a dispetto delle promesse che ci siamo fatti all’indomani di quell’indicibile errore che è stato l’Olocausto, stiamo ripetendo, ancora una volta, gli stessi errori, cioè voltarci dall’altra parte. Spero che questo mio messaggio possa scuotere le coscienze e contribuire a restituire a tutti noi una prospettiva diversa sui migranti, sui flussi migratori, che resta un fenomeno mondiale che non può essere fermato, ma che non per questo non deve essere governato. Sui doveri del soccorso in mare e dell’accoglienza, sulla tolleranza. Attenzione, però: tolleranza non significa rinunciare alla nostra essenza, al nostro stile di vita, alla nostra cultura, alle nostre tradizioni, alla nostra sicurezza, che vanno sempre salvaguardate.
Accogliere significa rispettare i precetti non solo del cristianesimo, ma anche della nostra società, della nostra cultura, della nostra Costituzione. Siamo stati emigranti, conosciamo le ragioni che ci hanno spinti lontani dalla nostra terra e dalle nostre famiglie. Conosciamo il dolore di sentirsi stranieri, odiati, disprezzati. E dobbiamo essere migliori di quelli che non ci hanno accolto, se non dopo decenni, affinché i nostri figli possano vivere in un mondo migliore di quello che abbiamo conosciuto noi.
Mi dispiace non essere lì con voi oggi. Il dovere mi ha trattenuto qui a Bruxelles. Ma sono lì con voi idealmente e, attraverso questo breve messaggio, spero di portare un contributo alla discussione. Vi ringrazio tutti e vi abbraccio, ma ringrazio soprattutto il dottor Ambrogio Mattera che, con l’eleganza e la competenza che ne compongono da sempre i tratti distintivi, riesce a offrire spunti di discussione così elevati destinati ad arricchire la nostra comunità.
Un saluto e a presto
Giosi Ferrandino

 

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