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Teleposto di Monte Vico, il Demanio: «Procedura rispettata, impossibile fermare la vendita al privato»

L’Agenzia illustra i motivi per i quali è da ritenere legittima l’aggiudicazione dell’immobile, nonostante la richiesta di sospensione dell’iter da parte del Comune di Lacco

Si conferma l’estrema difficoltà del tentativo di evitare il perfezionamento dell’acquisto dell’ex teleposto. Anzi, secondo il Demanio, non vi sarebbero spiragli giuridici praticabili. Parliamo della struttura, ormai in rovina, che campeggia sulla collina di Monte Vico a Lacco Ameno, un tempo adibita a usi militari, che il Demanio aveva messo in vendita. Il Comune di Lacco Ameno, come altri enti pubblici, avrebbe potuto usufruire del diritto di prelazione prima che la procedura di vendita venisse innescata, ma Regione, Comune e Città Metropolitana sono rimasti silenti. Una circostanza che secondo il Demanio ostacola l’ipotesi di sospensione della vendita, ipotesi che la nuova amministrazione appena insediata stava studiando, pur senza nascondersi quanto sia problematica.

Come i lettori ricorderanno, a settembre l’aggiudicazione provvisoria era andata, per una cifra di oltre mezzo milione di euro, a uno studio di commercialisti napoletani. La contrastata elezione comunale si è conclusa a ottobre col ballottaggio e il successivo insediamento della nuova amministrazione Pascale, ma a quanto pare il tentativo di bloccare la vendita al privato sembra destinato a infrangersi contro i meandri delle tempistiche burocratiche, a cui si è aggiunto il lungo commissariamento che ha di fatto imbalsamato l’azione amministrativa.

Secondo il Demanio è inapplicabile la “prelazione artistica” prevista dal Codice dei Beni Culturali, in quanto il bene non appartiene a un privato

L’Agenzia del Demanio ha infatti risposto nei giorni scorsi alla nota inviata dal Comune lo scorso 16 ottobre con cui si chiedeva di sospendere la procedura di alienazione, appellandosi al diritto di prelazione previsto dall’articolo 60 del “Codice dei beni culturali” (Dlgs 42/2004), ed è una risposta che non lascia molte speranze.

L’ex teleposto era stato dichiarato “di interesse storico culturale” dal Ministero dei Beni Culturali nel 2010. Successivamente, il compendio era stato selezionato dal Demanio per ricomprenderlo in quel “portafoglio” immobiliare da destinare al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica previsti dalla legge 145/2018 con cui il Governo puntava ad attuare un programma di dismissioni immobiliare per ottenere introiti pari a non meno di 950 milioni di euro per il 2019 e a 150 milioni per il 2020 e per il 2021.

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Trattandosi di un bene appartenente alla categoria del demanio culturale, l’Agenzia aveva bisogno dell’autorizzazione del Ministero, prevista dall’articolo 55 del Codice dei beni culturali, e il Ministero nell’estate 2019 aveva emesso l’autorizzazione alla vendita.

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Sulla procedura pesa il silenzio degli enti territoriali dopo l’annuncio dell’Agenzia della volontà di alienare il complesso

Intanto è arrivata l’emergenza-covid, che ha imposto la posticipazione della pubblicazione del bando di vendita del teleposto a giugno 2020, mentre l’Agenzia del Demanio con una nota del 25 ottobre 2019, quindi subito dopo la caduta della prima amministrazione Pascale, aveva comunicato alla Regione Campania, alla Città Metropolitana di Napoli e al Comune di Lacco Ameno la volontà di procedere alla vendita del bene per consentire l’esercizio del diritto di opzione previsto dall’articolo 1 comma 437 della legge 311/2004. Proprio tale comma, infatti, riconosce a favore delle Regioni e degli enti territoriali locali, sul cui territorio sorgono gli immobili in vendita, il diritto di opzione all’acquisto entro 15 giorni dal ricevimento della determinazione a vendere, comunicata dall’Agenzia “prima dell’avvio delle procedure”.

È questo uno degli snodi decisivi della faccenda: dopo tale avviso, non è arrivata nessuna risposta nei termini di legge, né nel successivo periodo di tempo più lungo, prima citato, per esercitare tale diritto di opzione. Ed è anche comprensibile la possibile causa: di fatto, dopo la caduta della prima amministrazione Pascale, i due commissari prefettizi succedutisi alla Torre dell’Orologio in Piazza Santa Restituta hanno gestito l’ordinaria amministrazione, senza impegnare l’ente nella vicenda della vendita del Teleposto.

Questa è la sequenza di eventi che ha indotto l’Agenzia del Demanio a comunicare al Comune di Lacco che “non sussistono i presupposti di diritto per procedere alla sospensione della procedura di alienazione” dell’ex Teleposto. Inoltre, per completezza l’Agenzia ha anche evidenziato che le disposizioni degli articoli 59, 60 e 62 del “Codice dei beni Culturali”, che disciplinano la cosiddetta “prelazione artistica”, non sono applicabili al caso in questione, perché l’Ufficio legislativo del Ministero dei Beni Culturali ha attestato che tali articoli si applicano soltanto alle procedure di vendita che hanno ad oggetto beni culturali appartenenti a una persona fisica, oppure a società commerciali, vale a dire i cosiddetti “beni culturali privati”. La distinzione tra beni culturali privati e beni appartenenti al demanio storico-artistico si riflette sul regime giuridico applicabile, e più specificamente sulla disciplina differenziata in merito alla vendita. Secondo il Demanio, le norme sulla “prelazione artistica” si applicano alla negoziazione dei “beni culturali privati”, cioè come detto appartenenti a una persona fisica o a una società commerciale, per la quale non è richiesta la preventiva autorizzazione ai sensi del citato articolo 55 del Codice dei beni culturali, quando si verifichino gli estremi, come in caso di vendita.

L’Agenzia ha quindi chiuso la porta all’ipotesi di sospensione dell’alienazione, e ha annunciato che provvederà alla formalizzazione del contratto di vendita dell’ex Teleposto, vista la “legittimità della procedura di alienazione”, in quanto ritenuta conforme al quadro normativo.

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