LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «L’isola delle parrocchie»

Premessa 1. L’ha detto anche Sua Eccellenza, il vescovo Pietro Lagnese. Nel salutarlo, lo ringrazio per la sua presenza in questi anni. Il suo tentativo di smussare qualche angolo che caratterizza il piombo di quest’isola magari è andato a segno, sebbene per qualcuno appaia un sollievo la sua nomina in un’altra città. Vero, siamo un territorio con le sue difficoltà e le sue limitazioni, a volte fin troppo miope ed è e forse a causa di queste ristrettezze – l’ultima, più delle altre, è il non plus ultra – che non riesce a esprimere le proprie potenzialità (pure perché non è in grado di vederle). Nel congedarsi, Sua Eccellenza lo ha fatto attraverso una lettera indirizzata al “popolo” di Ischia. Il nuovo vescovo di Caserta nel messaggio di saluto ha rivolto un appello ai sindaci dei sei comuni. “Ai sindaci, in particolare, mi sono rivolto nei giorni scorsi per rappresentare loro l’emergenza sociale che l’Isola vive a causa della pandemia, e ho chiesto di mettersi insieme per venire incontro alle esigenze delle tante famiglie ischitane che vivono un momento di grande disagio, impegnandosi non solo ad affrontare il difficile momento presente, ma anche a lavorare, come auspica Papa Francesco nella Fratelli Tutti, per una migliore politica che sappia guardare in avanti e coinvolgere tutti nel ripensare il futuro di Ischia e sognare insieme un’Isola altra”.

Una piccola “sfida”, un incitamento a uscire da quest’ozio lisergico che continua a mietere vittime come nelle migliori fumerie d’oppio, gettata lì sul pavimento di quella consapevolezza che potrebbe condurre Ischia verso il futuro. Un’occasione per i sindaci e per tutti noi, che dovremmo cogliere adesso senza troppe restrizioni, mentre all’orizzonte la pandemia palesa una realtà che con le sue centinaia di sfumature non sarà proprio rosea. Nelle numerose “letterine” che molti hanno affidato in questi giorni a social e giornali per favorire regali, auspici e ricerca di desideri di collaborazione tra amministrazioni da chiedere in occasione del Natale, molte hanno al centro i saluti a Sua Eccellenza alcune invece contengono una dichiarazione “comune” da parte degli autori. Ossia che l’augurio del vescovo Lagnese, come gli altri, purtroppo, farà un buco nell’acqua. Certamente non per suo demerito, ci mancherebbe. Forse più a causa del ragionamento che prende corpo dall’esperienza – mai compiuta – e che arriva dal vasto panorama di proposte, suggerimenti e consigli andati a vuoto in questi anni, con lo scopo di stimolare le amministrazioni a giocare in squadra, (magari a calcetto poiché quella di calcio siamo stati capaci di farla fuori dalle serie che contano); a promuovere un lavoro congiunto verso l’unità, poiché è solo con questa che è possibile prendere il largo e uscire dallo stallo in cui ci troviamo da decenni. Sarà un Natale diverso fatto di colori accesi da zone rosse, gialle e arancioni, ma uguale in tutto e per tutto a quella zona grigia costruita sul disinteresse con cui certe visioni politiche si vestono per farsi scivolare addosso – meglio- gli appelli accorati che arrivano da più parti di questo micro mondo isolato a qualche chilometro dalla terraferma, per tentare di opporsi alla desertificazione della volontà di fare, e poter far bene, per l’isola e per i suoi abitanti, per il suo stato sociale, per il suo tessuto economico. Non si tratta di avere a che fare soltanto con la semplice politica, o di denigrare gli atteggiamenti che guardano sempre e comunque al proprio orticello quale rappresentazione esasperata di un certo onanismo amministrativo. Al contrario, siamo di fronte alla catalessi profonda che fa da contorno al lento declino di Ischia la quale, una volta, era capace di immaginarsi diversa, proiettarsi in una dimensione altra ma che oggi per sopravvivere annaspa alla ricerca del ricordo di questo o di quello (che seppero, un tempo, fare la differenza). Un “amarcord” di coordinate spazio temporali che aumenta la depressione di fronte all’incapacità attuale delle amministrazioni, questa si “condivisa”, di immaginare innovazioni, di promuovere scenari alternativi all’attuale, di riformulare un registro comune dentro cui rimettere le voci fondanti dell’economia isolana che, come l’Italia, forse sin da prima dell’avvento del virus, mostra la brutta copia di se stessa. Ecco che allora il Coronavirus in un gioco di immagini colorate dalla protervia dei DPCM, mostra quel che non c’è mai stato, se non forse in un lontano passato usato come elemento di confronto col presente. Pochi sono i pionieri che brandiscono l’idea di una “com-unione” tra amministrazioni insieme all’idea di un nuovo senso civico, di una rinascita. Tutto ciò oltre il tema “Comune Unico” che molti usano come pantomima retorica denigrandone e violentandone il “senso” di fronte all’egoismo “amministrativo” esasperato di sei “podestà”, come li ha definiti il giornalista Giuseppe Mazzella. Nihil novo sub sole, niente di nuovo sotto il sole, potremmo dire cinicamente.

Si tratta di un definitivo distacco dalla realtà che neppure l’appena trascorso appello al Sol Invictus del solstizio d’inverno, citato pure da Papa Ratzinger parlando della cristianizzazione della festa antico romana dedicata al Sole e agli Dei che lo rappresentavano, riuscirà a ricucire attraverso la “Nascita” di una nuova e ritrovata consapevolezza da parte di chi oggi detiene le redini delle “grotte comunali”. Alcuni sindaci, intanto, nel salutare il vescovo Lagnese, hanno affidato a lui e alle sue preghiere l’isola senza neppure immaginare che l’appello rivolto – ai sindaci – da Sua Eccellenza non è che una preghiera (a loro), a tutti gli effetti. Premessa 2. L’invito del vescovo non si esaurisce ai primi cittadini. “Con loro saluto pure il mondo della scuola, della cultura e della stampa, gli operatori del turismo, e tutte le altre realtà vive dell’Isola. Ischia è una terra dalle mille potenzialità. Lavorate perciò per il bene delle donne e degli uomini che vivono su questa meravigliosa Isola. Lavorate però insieme e non divisi; perché divisi non si va da nessuna parte”, continua il vescovo nel suo messaggio. Sua Eccellenza, dovremmo rifare l’isola in acque internazionali insieme alla sua “bandiera”. Un’isola che oggi è imbrigliata dalle sue “parrocchie” mentali, oltre la quantità di quelle politiche e religiose, le cui radici affondano in un ego profondo capace di respingere le utopie e i nuovi modi di pensare per lo più favorevoli ad abbattere a colpi di confronto quella mentalità resistente ai cambiamenti che vogliono costruire con scaltrezza visionaria un Regno dei Cieli possibili, ha necessità di uno scopo. Per farla un’isola “nuova”, per scrivere un nuovo racconto, dovremmo però cambiare innanzitutto noi stessi. E oggi non mi pare si possa dire di essere sulla strada giusta solo perché è Natale.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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