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«Caffè Scorretto» «Si Salvini chi può»

Il clima è di quelli particolari. Non c’è alcun riferimento alle piogge o alla bella stagione che tra alti e bassi tarda ad arrivare e neppure alle condizioni meteo marine avverse che interrompono la continuità territoriale tra l’isola e la terraferma quest’anno più frequentemente rispetto a quelli in cui i vichinghi, a remi, andavano in giro per il mondo per scoprirne i lati nascosti. Intendo in questo bazar culturale, professionale, dell’etica e della politica a piacere, dove abbiamo imparato ad adattarci come virus. In cui fare il minimo indispensabile è la prassi per rimanere a galla, non affondare e non deludere nessuno. Una nuova Dc che della precedente non ha imparato niente se non la voglia di acquisire potere e magari di non sapere come gestirlo. Perciò è meglio tenersi sotto la soglia di tolleranza, perché superarla troppo, significherebbe assumersi una responsabilità specifica, un ruolo a volte difficile come quello di Sindaco. Le poche occasioni in cui si è rischiato di oltrepassare il limite e prendere una posizione netta sulle cose, intanto, non hanno –avuto- effetto. Sono compensate dal silenzio che occupa gli spazi tra una ribellione accennata e l’altra. Un aspetto di questa strategia, per chi non sa come usarla, è proprio il pericolo di non avere ritorni positivi benché ci si convinca del contrario. Tra enormi esplosioni d’ingiustizie sociali che sull’isola – diciamolo a voce alta–, in ogni Comune sono la quotidianità si formano grumi che ostacolano le innovazioni e i cambi radicali. Nessun rappresentante delle Istituzioni con un minimo di autorevolezza – lo so, trovarlo è difficile – è capace di denunciare lo sfruttamento del lavoro e dei lavoratori, clientele e favori a basso prezzo e politica da mercato rionale. Tutto ciò somiglia più a uno «Stato onirico» che a uno «Stato di diritto». Dove succede tutto e il contrario di tutto, dove la regola non regola e la politica non politica. Un non luogo in cui buon senso, pudore e competenza, specie nelle amministrazioni, restano offuscati da una discutibile fotografia che si nutre dell’idea di un criticabile «bene del paese». Ciò che è accaduto nei giorni scorsi a Ischia nella sfilata da barzelletta nella zona rossa colpita dal terremoto, ha del grottesco. Sembra un corpo attaccato a qualche marchingegno che si muove per inerzia quando arriva il VIP di turno e ne simula lo stato motorio. La stessa cosa accadde quando arrivò Mattarella. Tutti uniti, chi più e chi meno, da un denominatore comune che si fonda su un non pervenuto “bene” ma non si è ancora capito di chi. Nelle sue sfumature ci stordisce a tal punto da farcelo considerare il massimo dell’espressione artistico-politica e chi lo mette in mostra l’apice della sua ineguagliabile manifestazione. Questi aspetti non sono gli unici. Ce ne sono altri, e ognuno meriterebbe un approfondimento a se. Immagino, in queste condizioni, dove saremo tra vent’anni assieme ai resti di un’isola martoriata dall’inconsistenza mentre Salvini, magari in pensione, viene a pesca. Tuttavia, come si dice: il futuro è adesso. Ciò che possiamo fare è esserci o, per altro verso, manifestare la presenza nell’apparenza. Magari il solito e già visto prêt-à-porter di modelli e camaleonti dietro il capo della Lega per chiedergli «Santità, fate qualcosa» avrebbe avuto un significato diverso se la compattezza tra le amministrazioni non fosse stata una deficienza strutturale di questo scoglio. C’è bisogno di chi è in grado di rispondere in modo adeguato alla confusione per evitare di far passare segnali in cui la debolezza, al posto della forza, è il pilastro fondante di una società che – come dice Peppino Mazzella – è ipermatura sotto il profilo economico ma cui da anni mancano, perché non si è badato a realizzarle, le basi per gestirne i flussi. Il pericolo di non finire niente, perché non si è cominciato niente, e ridursi soltanto a selfie e richieste di autografi a un Capo o all’altro rimane alto. Va dato atto proprio a Peppe Mazzella di essere il sensibilizzatore di una nuova forma di gestione della cosa pubblica attraverso la STU (Società di Trasformazione Urbana), strumento cui fa cenno il Testo Unico degli Enti Locali all’articolo 120. Una Società per azioni finalizzata all’acquisizione di aree, progettazione e realizzazione degli interventi e, infine, la vendita delle opere realizzate. Uno strumento che se associato a un piano regolatore intercomunale (isolano!) potrebbe deviare in positivo il destino di sfollati e zone danneggiate nel tessuto e, forse, ormai da resuscitare e destinare a miglior vita. Passa la sensazione che si preferisce accodarsi alla logica per cui pur mostrando una sensibilità per il contingente in perenne emergenza – per il terremoto – con la volontà di amalgamare le attenzioni su un problema, invece si manca di un progetto di lunga durata, di una visione. Steve Jobs da noi avrebbe fatto la fame. Intanto non abbiamo visto sindaci, almeno finora, smarcarsi dal palcoscenico per prendere decisioni e sollecitare il territorio con progetti per la tutela degli interessi sociali ed economici e promuovere tavoli di concertazione su questo o quel problema con le associazioni al fine di adottare soluzioni sul lungo periodo. Forse in forma isolata e timida qualcuno si muove per il suo e non con il suo. Ai sindaci sono stati dati input su come tentare di risolvere il problema delle zone colpite dal sisma. Una su tutte, a settembre scorso, nel workshop realizzato da Progetto Ischia a Sant’Angelo. Tra i relatori l’urbanista Sebastiano Conte descrisse in modo puntuale, dove poteva realizzarsi un solco e stimolare, così, la collaborazione. Invece ci basta applaudire, giustamente, chi si appresta probabilmente a diventare il leader dell’alleanza di centro destra nel prossimo futuro. Dando spazio, giustamente, al suo carisma di attore (politico!), che venuto a trascorrere il ponte pasquale su una perla – di un Mediterraneo a mezza pensione – canna da pesca inclusa, ha rubato, giustamente, la scena a Frau Angela. Tra fotografie, selfie, dichiarazioni rimbalzate sui media, dell’isola e dei suoi problemi qualcuno magari se ne ricorderà e, viva Dio, favorirà l’estate che verrà. E intanto creare un clima di cooperazione tra i Comuni sarà ancora una volta l’ultimo di una serie di problemi inutili.

Facebook Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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