LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Tutela del lavoro? Cominciamo a parlarne anche nelle campagne elettorali»

Ogni tanto è utile ripetersi, in particolare se si tratta di temi delicati. Il lavoro è uno di questi ecoinvolge le viscere della nostra società. Scrivevo 5 anni fa, nel 2015: «Comunque considerato il quadro, e le soluzioni per migliorare la qualità della vita, ben poche riflessioni sono state fatte per valutare la posizione dei lavoratori che suonano come problemi imbarazzanti. Tra chi è assunto nei bar o negli stabilimenti balneo termali o negli alberghi, le categorie sono tante. Da Ischia passando per Lacco Ameno e Casamicciola sino a Forio. Sembra che le loro condizioni di lavoro non interessino a nessuno. Eppure parte della nostra economia vede loro come necessario presupposto per esistere. Ci sono storie, per esempio di personale che percepisce una busta paga di 1500 euro e che deve riconsegnare, al datore di lavoro, il cinquanta per cento della retribuzione.

O quelle di chi non ha firmato il nuovo contratto nel turismo, comportamento che ha contribuito a non farlo richiamare dall’azienda dove ha trascorso una vita tra sacrifici, doveri e pochi diritti. A ben guardare si tratta di licenziamento vero e proprio. O i racconti di chi per scongiurare la rovina, ha ceduto alle minacce velate dell’imprenditore firmando questa tipologia contrattuale. Per intenderci, riguarda il comparto del turismo, dura tre anni e si concede un potere forse maggiore al datore di lavoro cui si riconoscono incentivi e sgravi fiscali. Tra i dipendenti che l’hanno «adottato», molti sono quelli che non sanno se percepiranno l’assegno di disoccupazione. Tecnicamente per essere erogato deve esserci un congedo dal lavoro alla fine della stagione turistica. La risposta sembra negativa, tenendo conto che la gran parte delle attività chiuderà durante l’inverno e che il contratto ha validità annuale. Una soluzione a questi come ad altri interrogativi bisogna pur darla. Qui potrebbe intervenire la Guardia di Finanza. Ah, dimenticavo. Un’altra domanda: che fine ha fatto l’ispettorato del lavoro? In mezzo a una montagna di storie, tutto sommato, ci sarebbe da lavorare per riportare l’isola almeno nell’alveo di una “Repubblica democratica fondata sul lavoro”, degli altri». Sembra ieri, invece è il presente. In tempi di Covid, poi, la situazione non si può dire certo migliorata. Anzi, siamo degenerati in quasi tutti i settori che dovrebbero (devono!) sostenere il turismo e sul lavoro e sulle condizioni che più volte sono state denunciate, abbiamo chiuso un occhio, o entrambi, per andare alla ricerca di chi non indossa la mascherina (negli ambienti di lavoro) per dare libero sfogo a ordinanze comunali e regionali. Sembra proprio un circo senza soluzioni, quest’isola.

Completamente allo sbando, ognuno fa quel che gli pare, mantecato in quel “piacere” omertoso che diventa una delle condizioni ambientalidi genere negativo di non poco rilievo visto che governa gran parte dell’economia anche isolana. Su questo punto, sulle condizioni contrattuali dei lavoratori, tranne forse da parte di chi combatte per il riconoscimento dei propri diritti, non c’è stata neanche una piccola levata di scudi né da parte di Federalberghi e, il che sarebbe stato ancora meglio, neppure dalla politica, dai sindaci, tra le cui fila, bontà mediata forse per qualcuno, c’è chi ha promesso una specie di sostegno – morale, si direbbe – alla categoria degli stagionali.Il punto nevralgico di questo mal costume, non solo isolano va sottolineato, sono proprio i lavoratori delle numerose attività commerciali, alberghi compresi. Si affannano in manifestazioni per chiedere non soltanto i soldi – promessi – dallo Stato o dalla Regione, molti non li hanno ancora ricevuti, ma soprattutto per testimoniare che dei propri diritti, riconosciuti a questo punto solo dalla Carta Costituzionale, (e se l’andazzo è questo, possiamo pure definirli “negati” dalla società) al momento non se ne vede nemmeno l’ombra. E in questa cultura del “non (riconoscimento del) lavoro” non solo ci siamo adagiati ma ci sguazziamo da anni facendo finta di niente, mentre passa sotto traccia la certezza che chi in questo particolare periodo concede lavoro è un salvatore e si può permettere di chiedere ai dipendenti un altro sforzo e, perciò, pagarli meno a monte ore invariato.

Ed è questo uno dei temi che forse dovrebbe trovare spazio pure nelle campagne elettorali. A Lacco Ameno, il prossimo settembre, ci saranno le elezioni per votare il nuovo sindaco e la giunta. E se proprio da questa campagna elettorale, nel programma delle coalizioni che si presenteranno, s’inserisse la difesa dei lavoratori stagionali e più in generale, della qualità del lavoro quale tema per approfondirne la disciplina e l’ipotesi di professionalizzazione della categoria e la sua tutela? Se Lacco Ameno si usasse come megafono per iniziare ad affrontare sull’isola il tema – quasi mai preso in considerazione dalla politicadi casa nostra – approfittando che, da un lato, il candidato alla carica di sindaco sembrerebbe essere il Sen. Domenico De Siano, imprenditoree proprietario di un vasto patrimonio tra supermercati e alberghi, e Giacomo Pascale, notoriamente più vicino alle fasce più deboli (l’ha dimostrato tra le altre cose nella gestione dei tragici eventi a seguito del terremoto del 2017), e destinatario ultimamente di richieste di aiuto da parte degli stagionali, a fare da contraltare? E se su questo, come su altri temi (ambiente ed eco sostenibilità, tecnologia, mobilità, gestione e amministrazione in genere ma in specie visione sul futuro), in vista proprio della campagna elettorale, si programmasse un “incontro” tra i due candidati sindaci, chiamandoli a confrontarsi e rispondere alle domande della stampa locale e, perché no, della cittadinanza per evitare di subire solo parole dai balconi e trasformare così la competizione da semplicemente elettorale e passiva a enormemente partecipativa?

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