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Se non ci fossero gli scarafaggi

 

di Graziano Petrucci

Niente da fare. Per sentirci protetti e galleggiare nella conclusione che per fortuna non sta cambiando niente, siamo destinati a parlare delle stesse cose. Sono certo che ripeterle faccia bene ma bisogna fare molta attenzione altrimenti si rischia di diventare come quelli che si trovano seduti nel parco a parlare da soli mentre danno da mangiare alle anatre. Pensandoci, magari parlano proprio alle anatre! Gli unici argomenti che, al contrario, non passeranno mai sottotraccia, neppure nella lista delle repliche seriali sui giornali, tipo la politica coi i suoi personaggi in cerca d’autore, l’(in)sanità nell’ospedale, il lavoro sotto pagato con straordinari regalati all’impresa, il low coast di alcuni alberghi su cui magari potrebbe intervenire Federalberghi nello spettro delle sue possibilità o il turismo che ognuno intende a fatti propri; non scordandosi del trasporto pubblico e quello su gomma (ah, sì, vi ricordate che ho parlato pure del regolamento unico per i taxi!?), sono il calcio e la gnocca. Questi due, diciamocelo, apparentemente mettono d’accordo un po’ tutti gli studiosi del settore di cui alcuni possono dire di aver raggiunto brillanti risultati. Fatta qualche eccezione sono le uniche ragioni cui certi si scannerebbero (in senso figurato, eh) per analisi approfondite e si può attribuire proprio a questa fascia di argomenti il potere di resuscitare l’attenzione. Specie quella del sesso maschile – che di solito è scarsa- mentre siamo immersi nelle cose di ogni giorno. Per esempio intanto che ci rechiamo a lavoro o al bar alle prese con il caffè, oppure quando ci si sente persi nei corridoi di un supermercato tra scatolette di tonno e pannolini, il più delle volte senza una lista della spesa capace di rilevare la nostra posizione e indicarci in quale direzione sia l’uscita. A un tratto, però, può capitare che in quello stato confusionale le orecchie si drizzino se sentiamo parlare di questi temi delicati – se si tratta di calcio, altrimenti in caso differente, tipo per i maschietti, a drizzarsi non saranno le orecchie – per essere rapiti nella realtà e nella consapevolezza ritrovata – Dio, ti ringrazio!- che non saremo mai soli a questo mondo. Neppure se nostra moglie ci spedisce in missione suicida al banco dei salumi, cosa che a malincuore saremo costretti ad accettare consci che potremo non tornare vivi per la partita. Possiamo dividere, perciò, il cervello in due macro aree che si attivano quando le discussioni analizzano della “squadra del cuore” e della “gnocca del ..cuore”. Se ci fate caso, una volta che entra in gioco uno dei due ragionamenti, il tempo sembra fermarsi. Se poi a corredo c’è un culo che ci saltella davanti, magari nel supermercato, fare la spesa diventa la cosa più bella del mondo pure senza la certezza su cosa ficcheremo nel carrello dopo quella visione mistica. Tuttavia, voglio tentare un esperimento. Cioè se la vostra attenzione resuscita e che tipo di effetti e commenti vi provoca. Giovedì scorso mi sono imbarcato a Casamicciola per recarmi a Napoli. Aliscafo delle 13.50. Potete intuire di che compagnia si tratta. Comodamente seduto assieme ad altre persone – per lo più erano professoresse, pendolari, che tornavano a casa-, dopo Procida scattano in piedi e cominciano a emulare una danza tribale della Foresta dell’Amazzonia e urlare (ma devo dire in modo educato) per iniziare una telecronaca dell’accaduto. Due vicine di posto nello stesso istante avevano vissuto la medesima esperienza: una blatta (che comunemente chiameremo “scarafaggio”) lasciata la sua tana, pur essendo questo insetto lucifugo, si era catapultata fuori dal seggiolino per dirigersi in azione commando allo scopo di rivendicare il posto e salvaguardare la propria abitazione di necessità. Saltellata sulle gambe delle malcapitate e con la tenacia che è viva solo in chi ha deciso di combattere per i propri diritti, ha sfidato la sorte. Di lì in poi il panico delle passeggere è stato inevitabile le quali, abbandonato il campo di battaglia allo scarafaggio i cui familiari erano nelle retrovie, sono rimaste no in piedi fino al momento dell’attracco. “E tu che hai fatto?”, vi starete chiedendo. Ottima domanda. Beh, niente. Eravamo quasi a Napoli e ho deciso di rimanere fermo a osservare la scena. Pure perché la blatta, nel frattempo, doveva esser ripiombata da dove era uscita dopo il suo incarico da kamikaze. Scopro dal reportage delle docenti che nei giorni precedenti avevano segnalato al personale di bordo di alcuni posti dell’aliscafo diventati poco raccomandabili e che a causa delle frequentazioni d’insetti, di dimensioni differenti, chiedevano maggior sicurezza. Non so dirvi, se da giovedì scorso sul vettore si sia provveduto alla deblattizzazione. Posso dire, però che qualche giorno prima ho assistito a un episodio simile, questa volta di ritorno da Napoli. È evidente che alcune famiglie di scarafaggi – ne esistono 3500 specie diverse e 400 di queste sono in Italia – se hanno trovato un ambiente adatto per fermarsi e riprodursi c’è qualcosa che possiamo offrirgli. Accoglienza di alto livello, avanzi di cibo e spazzatura a buon mercato per esempio. Dopo questa parentesi possiamo tornare a parlare di (turismo), calcio e gnocca e farci tutte le elucubrazioni onanistiche. Fanculo gli altri problemi, magari ci divertiamo di più.

(PS. Al momento non abbiamo notizie circa eventuali aggiornamenti della situazione, ci auguriamo in senso migliorativo, “sull’aliscafo”. Presumiamo però che la compagnia si sia adoperata per igienizzare il vettore)

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