CRONACAPRIMO PIANO

E’ tempo di inCASsare

Il Comune di Lacco Ameno aveva negato il contributo di autonoma sistemazione ad un cittadino che si è rivolto all’autorità giudiziaria assistito dall’avvocato Sergio Trani. La sentenza del giudice dà ragione all’uomo su tutta la linea, per l’ente del Fungo mazzata da circa 60.000 euro tra somme arretrati, interessi e spese legali. Le parole di un teste e di un agente di pm

Il Comune di Lacco Ameno gli ha negato per anni il beneficio previsto per tutti coloro che avevano subito danni all’abitazione nella quale vivevano a seguito del sisma del 21 agosto 2017. E così A.P., cittadino lacchese, ha adito le vie giudiziarie assistito dall’avvocato Sergio Trani. E adesso ha ottenuto una sentenza che gli consentirà di entrare in possesso di tutte quelle somme che – secondo il giudice della sezione distaccata di Ischia dott. Ettore Pastore Alinante – gli sono state ingiustamente negate. La vicenda nasce dalla mancata erogazione del contributo di autonoma sistemazione a questo cittadino lacchese. Una storia che si è snodata su più sentieri, nel tempo infatti sono state prodotte anche richieste di accesso agli atti e di emissione del contributo in via stragiudiziale, con il Comune del Fungo che ha sempre risposto picche. Da qui la decisione di ricorrere all’autorità giudiziaria con l’ente di Piazza Santa Restituta che si è costituito sostenendo di non essere il legittimato passivo perché la questione era di competenza della presidenza del Consiglio dei Ministri. Una tesi, questa, smontata dall’avvocato Sergio Trani dal momento che la sentenza stabilisce che l’unico legittimato passivo era proprio il Comune di Lacco Ameno. Nel merito, di fatto, come leggeremo a breve, è stato stabilito che il ricorrente aveva pieno diritto a percepire il CAS unitamente all’intero nucleo familiare: troppo debole la difesa della controparte, che si era limitato a presentare delle relazioni della polizia municipale peraltro redatte ex post, ossia un anno dopo dall’evento sismico, nelle quali in buona sostanza si leggeva che non era stato possibile accertare se nell’agosto 2017 CC fosse effettivamente domiciliato presso l’abitazione di via Oneso poi sgomberata a seguito dell’evento calamitoso. Un muro contro muro che porterà il Comune a doversi sobbarcare non soltanto il pagamento del contributo non versato con gli interessi e le spese legali e di registrazione (bisogna adesso capire se il commissario straordinario intenderà riconoscere queste somme attraverso quelle destinate alla bisogna): una valutazione più attenta che avrebbe portato ad evitare una stangata che più o meno dovrebbe aggirarsi sui 60.000 euro, che certamente non sono bruscolini. Per la cronaca, il Comune di Lacco Ameno aveva anche costituito una commissione di esperti chiamata a vagliare tutte le istanze CAS ma evidentemente nel caso di specie è stato commesso un palese errore, come accertato dalla sentenza del tribunale.

Nei motivi della decisione il giudice scrive tra l’altro: “Il soggetto titolare passivo del rapporto giuridico dedotto in giudizio non è la Presidenza del Consiglio dei Ministri, bensì il Comune di Lacco Ameno, al quale (unitamente ai Comuni di Casamicciola Terme e di Forio) il Commissario Delegato ha erogato i fondi da destinare agli aventi diritto al CAS – come si evince dalla ordinanza 17 del 2017 del suddetto Commissario Delegato; ora, se ai Comuni interessati dal sisma vengono trasferiti i fondi che poi detti enti erogano agli aventi diritto al CAS, ne deriva che questi ultimi il loro diritto a beneficiare del contributo devono esercitarlo nei confronti dei Comuni; il rapporto interno tra Comuni e PCM, poi, è irrilevante per gli aventi diritto al CAS”. Insomma, non ha fatto breccia in sede giudiziaria la strategia di voler girare la patata bollente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. C’è poi una testimonianza risultata parimenti decisiva ed è quella di M.C. che sentito dal giudice rispondeva tra l’altro: “Sono a conoscenza della circostanza che il Signor A.P. abitava stabilmente nell’immobile di Lacco Ameno fino al tempo del terremoto, so che era pendolare perché lavora a Napoli, dopo il terremoto l’ho ospitato per qualche giorno a casa mia poi si è trasferito a Napoli. Lui lavorava ad Arzano ma faceva costantemente il pendolare anche dopo essersi sposato. Dopo il terremoto l’immobile è risultato inagibile, per cui i Vigili del Fuoco permettevano solo l’ingresso per poter ritirare gli effetti personali, anche io ho aiutato l’attore a ritirare quanto necessario. In quel periodo A.P. era in ferie ed era presente sull’isola tutto il giorno. Ricordo che A.P. ha comprato l’immobile di Lacco Ameno circa 18, 19 anni fa e dopo i lavori di ristrutturazione ha sempre abitato li, anche facendo il pendolare”.

Al riguardo il giudice Pastore Alinante nel dispositivo aggiunge che “non vi sono specifiche ragioni per non prestare fede a quanto riferito dal teste, essendo ben possibile che una persona che lavora ad Arzano risieda ad Ischia e faccia il pendolare tra tali due località in Provincia di Napoli; quanto alla moglie dell’attore, costei dopo essersi allontanata dalla casa portando con sé i figli, vi era tornata sia pure in periodo di vacanze scolastiche, ed al momento del sisma risiedeva lì; confermano poi quanto riferito dal teste i bollettini emessi ante sisma da spa Enel Energia nei confronti di A.P. all’indirizzo di Lacco Ameno: segno che, in quell’abitazione, l’energia elettrica veniva consumata, e quindi la casa era abitata”. Conclusioni queste che come rimarca il giudice non venivano smentite neppure dall’agente di polizia municipale Maria Scaccino che redasse il verbale di accertamento datato 17 giugno 2018. Il vigile urbano ricorda che veniva chiesto di appurare se il 21 agosto 2017 A.P. dimorasse effettivamente presso l’immobile di Lacco Ameno, sentita dal giudice così rispondeva: “Al momento dell’accertamento la zona era sgomberata e non vi era nessuno a cui chiedere, noi non conoscevamo la persona a cui si riferiva l’accertamento, non eravamo stati presenti al momento del sisma perché impegnati in altra zona, per cui non avevamo elementi per confermare o meno la stabilità del domicilio”. Da qui la logica ed inevitabile deduzione del dott. Pastore Alinante: “In definitiva, la teste si è limitata a rilevare che nel giugno 2018, 10 mesi dopo il sisma, l’abitazione in Lacco Ameno era stata sgomberata, il che è pacifico ed irrilevante. Per le ragioni esposte, la domanda va accolta; le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo”.

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