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Morte di Emanuele Dotto, arriva la condanna a due anni

ISCHIA. La morte del giovane Emanuele Dotto, avvenuta il 21 ottobre 2012, gettò nello sgomento la comunità isolana, pur dolorosamente abituata alle tragedie della strada. Fu infatti un incidente avvenuto sulla via Provinciale Panza a portare via il sedicenne che, alla guida del suo scooter di 50 centimetri cubi di cilindrata, stava effettuando un sorpasso. La manovra si concluse tragicamente nell’impatto con un palo della luce. Vano risultò il trasporto in ambulanza del giovane ragazzo che, parso subito in condizioni disperate, spirò poco dopo esser giunto all’ospedale. Il processo per accertare le eventuali responsabilità di quell’evento si è concluso ieri mattina presso la sezione distaccata di Ischia del Tribunale. Il giudice Alberto Capuano ha dato lettura del dispositivo alla fine dell’appassionata arringa finale dell’avvocato Nicola Nicolella, stabilendo una condanna a due anni di reclusione, ma con pena sospesa, per Giuseppe Scotti, il giovane conducente della Citroen Saxo che Emanuele stava sorpassando in quella maledetta sera dell’autunno di sei anni fa. Un sorpasso in una strada angusta, dove alcune macchine erano parcheggiate su un lato, mentre in fondo al tratto in questione si profilava una curva cieca.

In aula ieri  è toccato all’avvocato Nicola Nicolella, difensore di fiducia di Scotti,  svolgere la propria discussione finale. Un’arringa lunga e appassionata, quella del penalista foriano, incentrata principalmente sugli equivoci e le ambiguità della perizia eseguita dal consulente nominato dalla Procura. Una perizia definita come minimo insufficiente a far luce sulla dinamica del sinistro. Più volte l’avvocato Nicolella ha rimarcato come  il consulente del pm sia partito da un presupposto errato, dando già per certa la dinamica dell’incidente, senza che essa sia stata realmente sottoposta a verifica. In particolare, secondo il difensore di Giuseppe Scotti, la perizia parla soltanto di “compatibilità” dell’urto, ma senza verificarne l’effettività, dandola semplicemente per scontata. Nicolella ha citato alcune parti della consulenza, la quale fa riferimento ai rilievi effettuati successivamente all’evento, ma dove c’è la contemporanea ammissione della mancanza di evidenze in grado di provare la dinamica dell’incidente. In ogni snodo della perizia, il consulente sembra dare costantemente  per scontata la responsabilità del conducente della Saxo, per aver effettuato un sorpasso in condizioni di insufficiente sicurezza. Uno dei elementi centrali cui ha fatto riferimento l’avvocato Nicolella nel suo intervento è quello relativo all’affermazione del perito secondo cui l’impatto si sarebbe verificato tra la leva del freno del ciclomotore con la modanatura della portiera dell’auto. Il punto focale, secondo il difensore di Scotti, è capire se vi sia soltanto una astratta compatibilità, oppure se le cose andarono effettivamente nel modo descritto, perché nel secondo caso il danno avrebbe dovuto prodursi sulla parte anteriore del motorino (e della vettura), non sulla leva del freno, proprio perché il perito inserisce come premessa il fatto che la manovra di sorpasso da parte della Citroen sia stata la causa del sinistro, mentre i mezzi non hanno riportati danni nella zona anteriore. Il consulente infatti individua l’errore dello Scotti nell’aver tentato il sorpasso in un rettilineo in assenza delle minime condizioni di sicurezza. «Ma – ha affermato l’avvocato Nicolella – noi non conosciamo nemmeno il punto dell’impatto!», e comunque dai segni sull’auto si evincerebbe che l’impatto si verificò dopo che il sorpasso era già stato effettuato. La difesa ha anche sottolineato un dato significativo che aumenta i dubbi circa l’attendibilità della perizia, consistente nell’affermazione (ripetuta poi anche nel capo d’imputazione) secondo cui il ciclomotore procedeva a una velocità maggiore dell’automobile, e comunque superiore ai 50 km all’ora. Un’affermazione che non terrebbe conto della realtà, in quanto per legge ogni ciclomotore di 50 centimetri cubi di cilindrata non può fisicamente raggiungere quella velocità, a meno che non sia “truccato” o comunque manomesso. Tutte circostanze che non sono state oggetto di accertamento da parte del perito. Di più: lo stesso consulente ammette che non è stato possibile accertare il punto di impatto a livello planimetrico, e Nicolella ha aggiunto che non era stato nemmeno preso in considerazione l’intero tracciato, per rapportarlo alla curva successiva. Una perizia che dunque non sarebbe  foriera di alcuna certezza.

In apertura e in chiusura del suo intervento, Nicolella ha rimarcato il pericolo di una sostanziale ingiustizia che sarebbe insita nella condanna del giovane Scotti, ormai prossimo alla laurea, configurando la sanzione come un colpo psicologico devastante per chi si è trovato involontariamente coinvolto nella tragedia che ha già comportato un prezzo elevatissimo, portando via Emanuele. L’avvocato ha chiesto l’assoluzione per il suo assistito, perché il fatto non sussiste, e in via gradata la disposizione di una perizia in grado di diradare i tanti dubbi. Tuttavia, il giudice ha stabilito la condanna a due anni, pur concedendo le attenuanti generiche e la sospensione della pena. Per conoscere le motivazioni del verdetto bisognerà attendere un paio di mesi.

Francesco Ferrandino

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