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Un viaggio nel mondo antico dell’universo femminile

Di Isabella Puca

Foto Enzo Rando

LACCO AMENO – Un’iniziativa davvero lodevole quella svoltasi, ieri mattina, a Villa Arbusto, nelle sale del museo archeologico di Pithecusae.  A proporla, grazie all’appoggio della Pro Loco e dell’Amministrazione del comune di Lacco Ameno, l’archeologa Mariangela Catuogno che, insieme ad altri volontari, ha presentato un viaggio nel mondo della donna attraverso le epoche storiche. A partecipare alla visita gratuita più di cinquanta accreditati, molti turisti e un’attenta scolaresca. Quest’ultima ha partecipato grazie all’iniziativa del suo professore che ha ben intuito il valore di un’iniziativa legata sì alla festa della donna, ma attraverso la storia archeologica della nostra isola. «Credo che la storia  del mondo antico femminile sia un esempio da cui poter partire per affrontare l’essere donna nella contemporaneità», è stato questo il significato della visita trasmesso a tutti i presenti, insieme a un caloroso benvenuto, dalla dott.ssa Catuogno che ha attraversato il percorso storico della donna grazie ai reperti archeologici conservati nel museo. A rendere ancora più significativa la mattinata al museo, i monologhi, scritti sempre dalla Catuogno, e intensamente interpretati dall’attrice Milena Cassano. «Lo studio del mondo antico – ha continuato la dott.ssa Catuogno – è il punto di partenza per una nuova concezione della donna. I reperti conservati nella sala preistorica ci raccontano  la donna nella società  dell’epoca che contribuiva  alla sussistenza con la caccia e con la pesca. Cambiamento radicale avvenne quando l’ uomo si stabilì in un luogo ben preciso». La spiegazione dell’archeologa è proseguita precisa e puntuale ritornando indietro col tempo a 3500 anni fa quando, oggetti da telaio e macine di uso domestico, ci danno testimonianza di quella che era l’attività principale della donna del mondo antico: la preparazione delle vesti e dei cibi. «C’era una netta distinzione tra la sfera femminile e quella maschile; la figura femminile si evolverà, ma sarà legata all’idea che l’uomo vorrà della donna. Tutti questi  oggetti provengono da luoghi abitati in cui le donne erano le addette alla preparazione del cibo». La colonia di Pithecusae  fu fondata nell’ 8 secolo a.C.;  la donna greca di quell’epoca ci viene fatta conoscere attraverso i racconti di Omero, espressione di una mentalità maschile: Penelope che attende in casa, Elena che scatena la guerra di Troia e Cassandra la donna che viene violata, «il mondo femminile – ha spiegato ancora la Catuogno – è davvero complesso, ha mille sfaccettature. Le realtà descritte dai reperti archeologici ci raccontano la storia coloniale, qualcosa di diverso quindi dal mondo greco descrittoci da Omero. Buchner ci racconta la donna come l’indigena che veniva presa in moglie da artigiani e commercianti che approdavano  qui sull’isola. La donna Pithecusana  non è affatto arretrata, ma ha un’ altra cultura di base. I greci non hanno solo colonizzato,  è stato un mutuo scambio». É nella necropoli di San Montano che è stato ritrovato un corredo funebre antico di una donna euboica; il suo corpo fu incenerito insieme al suo corredo dove sono stati ritrovati contenitori di profumo, monili d’argento, e il tipico spillone con il quale le donne provenienti da Cuma sostenevano le loro vesti. Oltre questi oggetti,  è stato ritrovato un oinochoe, un oggetto povero rispetto agli altri, «Buchner ci spiega che il servo di questa donna ha probabilmente usato questa brocca per spegnere il fuoco del suo funerale. Un gesto importante, un ultimo omaggio del suo servitore che ci afferma ciò che era considerata la donna al tempo». Proseguendo in questo entusiasmante viaggio al femminile si arriva alla tomba di un’indigena, sposa di un fenicio, morta, però, di parto; la donna, inumata, ha nel suo corredo funebre una piccola anfora dove venne riposto il feto del bambino. Un’altra tomba presenta, invece,  beni di lusso provenienti da tutte le parti del Mediterraneo, indice di una società che vuole ostentare la sua importanza e soprattutto il ruolo fondamentale che ricoprivano le donne. «Tra i tesori conservati a Villa Arbusto c’è il corredo funebre di un’adolescente, prezioso quanto quello del fanciullo a cui viene attribuita la coppa di Nestore. La fanciulla inumata presenta oggetti colti che dimostrano il suo status sociale; tra questi un’anfora fenicia, un unicum di tutto il museo. Fibule particolari ci raccontano che questa fanciulla trascorreva gran parte del suo tempo al tempio; vi entravano la prima volta bambine e vi uscivano da donne adulte». La donna all’interno del tempio imparava l’arte tessile e come accudire la sua famiglia; dopo il periodo del tempio tornava, poi, alla casa del padre per poi andare a quello dello sposo su di un carretto. È stato nella IV sala che è entrata in gioco l’attrice Milena Cassano, interprete di un  primo emozionante  monologo. Nelle vesti di Antigone, con le sue parole, ha voluto rappresentare la possibilità che ogni donna ha di scegliere, «il miglior modo di celebrare la donna – ha detto emozionata la Catuogno – è raccontare la sua possibilità di scegliere in libertà a prescindere dal suo status così come Antigone che prende una scelta che la porterà alla morte». Tra le varie figure di donna presenti nel mondo antico, oltre a quella della concubina c’è, inoltre, quella dell’etera, una prostituta che però godeva di determinati privilegi; era l’unica che poteva sedere al banchetto con gli uomini. L’arte di allora rappresentava, ancora più di oggi, la società del tempo. Su di un vaso conservato al museo appare protagonista una donna, ma l’interpretazione è duplice; da una parte può essere una sposa che il padre sta offrendo allo sposo, dall’altra un guerriero che strappa con la forza la fanciulla dalle mani del padre. «La donna del mondo antico – ha continuato a spiegare la Catuogno – vive una condizione da subalterna, in alcuni casi equiparata a quella del servo. La moglie legittima, poi, veniva relegata in casa. Durante l’ epoca ellenistica e romana si assiste invece a un cambiamento radicale del ruolo della donna nella società che acquista una maggiore libertà». Il secondo monologo interpretato da Milena ha visto la figura di Lisistrata, protagonista della commedia di Aristofane dove, sullo sfondo della guerra del Peloponneso, le donne si riparano sull’acropoli attuando uno sciopero bianco: non daranno piacere ai loro mariti fin quando non cesserà la guerra. «Lisistrata è colei che scioglie gli eserciti. Noi donne siamo chiamate ad allevare i nostri figli, ad accudire la casa, ma siamo chiamate anche a portare la luce nella nostra società. Le donne ritiratesi sull’acropoli scelgono la pace andando anche controcorrente». L’ultima lettura è stata quella dedicata a Circe, un passo indietro a livello temporale, ma necessario per concludere un quadro composto da mille colori di donna.  Il terzo monologo interpretato da Milena è stato ancora più intenso; è la Circe rivisitata dall’archeologa Catuogno, che parla alle donne presenti al museo invitandole  a portare avanti le proprie scelte, politiche e familiari, proprio come la maga  Circe che sceglie  per sé scagliandosi contro tutto e tutti. «La forza della donna – ha concluso la Catuogno – sta proprio nella possibilità di scegliere autonomamente la propria esistenza».

 

 

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