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Erri De Luca al Festival di Ischia: La mia parola, una parola incriminata

“In questo momento sono sotto processo per un reato che risale al codice penale fascista. E che non solo non è stato mai applicato ad uno scrittore, ma che in generale ha pochissimi precedenti. Si tratta di una forzatura giuridica nei confronti di chi, come me, ha preso le parti di una piccola comunità in lotta esemplare da vent’anni”.
Con un intenso intervento dal titolo “L’utensile parola”, lo scrittore Erri De Luca (nella foto di Lucia De Luise)ha concluso, davanti a un foltissimo pubblico, i lavori del Festival internazionale di Filosofia di Ischia.
“Una parola incriminata, nel mio caso. ma la difendo e la ribadisco. Non la ritratto, assolutamente. E preferisco parlare della parola libera, piuttosto che degli affari loschi della magistratura”.
Nella cornice del Castello aragonese, De Luca ha parlato anche del suo rapporto con Napoli: “Ho conosciuto un poeta bosniaco, Izet Sarajlić, che ha amato Sarajevo a tal punto da non lasciarla neanche mentre veniva bombardata. Si sentiva responsabile della sua infelicità come lo era stato, attraverso i suoi versi, della sua felicità. Ecco, io non saprei arrivare a una tale nobiltà d’animo. Ma mi rivedo in quel che diceva: tutte le volte che la città avrà bisogno di belle parole io ci sarò. Per me e Napoli sarà così. Sempre”.
De Luca ha ricordato poi il suo legame con Ischia che – ha sottolineato – “rappresenta tutti i centimetri che possiedo. Accadeva una cosa strana, durante la mia adolescenza: a Napoli non succedeva nulla, qui – durante i mesi estivi – subìvo una spinta dall’alto verso alto. Al sole e al sale devo tutti i miei centimetri”.
Nel suo intervento sulla parola, De Luca ha anche omaggiato il dialetto: “Il napoletano è la mia lingua madre, quella che veicola le emozioni. Quando mi arrabbio, lo faccio anche in napoletano. Non tollero altri insulti. Lingua madre, in senso pieno: l’ho parlata con mia madre, sempre. L’italiano, invece, me lo ha insegnato mio padre. Mi è piaciuto perché era l’opposto del napoletano, lingua spiccia e veloce come succede per le lingue che si sviluppano nelle realtà ad alta densità abitative. Case di tufo, leggere, attraverso cui filtrano pensieri e parole”.
Sollecitato sulle recenti polemiche intorno a “Gomorra” e a Roberto Saviano, lo scrittore ha poi spiegato: “Ci sono dei libri che hanno una strepitosa fortuna. E se dovessi scegliere tra ‘Gomorra’ e ‘Va’ dove ti porta il cuore’, non avrei dubbi nello scegliere il primo. Ha prodotto effetti: pensate che le autorità costituite si sono messe a seguire tracce di Casalesi. E certo ha prodotto conseguenze anche ingombranti per la vita di Saviano. In un paese che legge poco, come l’Italia, un libro che vende molto è sempre una conquista, anche materiale, entra nel mobilio di case che non hanno libri. La lettura ha un potenziale immunitario, aiuta a proteggersi”.
De Luca ha poi raccontato ai filosofi presenti in sala il suo rapporto con la filosofia: “Sono stato molto attratto dalle teorie dei presocratici, che si ispiravano alla meraviglia del mondo, cercando di trovarvi spiegazioni. Poi, con Socrate, ho iniziato a girare alla larga. Perché a me di conoscere me stesso non importa e soprattutto non mi riduco ad unità. Sono, piuttosto, numeroso ed affollato, fatto anche di assenze. Ingiustificate. Tra voi filosofi mi sento un intruso – ha poi aggiunto – perché nella mia testa non si sono fermate idee astratte, ma solo quelle legate a un’esperienza fisica. Se dovessi includermi nella categoria dei filosofi, mi definirei un filosofo del corpo”.
Lo scrittore ha poi fornito alcune anticipazioni sul suo prossimo libro: “Si chiamerà ‘Il più e il meno’ (sarà edito da Feltrinelli, in uscita a fine ottobre, n.d.r.), ma l’aritmetica non c’entra. Il più è la gran parte della vita che è alle spalle: affannata, urgente, infebbrata. Il meno è più sobrio e solido e conduce verso la fine”
Nei suoi quattro giorni di convegni, talk, dibattiti e laboratori, il Festival Internazionale di Filosofia ha avvicinato il grande pubblico alla “madre” di tutte le discipline, trasformando l’isola d’Ischia in un vero e proprio pensatoio aperto, annullando il divario tra gli esperti, gli appassionati e i semplici curiosi. E toccando  tre luoghi simbolo dell’isola del Golfo di Napoli: il Castello aragonese, la città sommersa di Aenaria e la Torre di Guevara.
“Abbiamo coniugato le peculiarità di convegno e festival – ha spiegato Raffaele Mirelli, direttore scientifico del Festival – unendoli attraverso spazi e modi di relazione aperti tra addetti ai lavori e pubblico. Il filosofo è stato chiamato a ri-presentarsi al pubblico, prendendo coscienza delle difficoltà applicative legate alla sua – ahimè – poco chiara identità”.
L’evento, patrocinato dall’Istituto Italiano degli Studi Filosofici e dall’Università degli Studi di Palermo, ha visto tra gli organizzatori il Centro Internazionale per la Ricerca Filosofica di Palermo e il Circolo “Georges Sadoul” di Ischia.

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