LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Tracce di bene comune»

Trafitti dall’economia post lockdown e senza difese, danneggiati irrimediabilmente dal poco turismo che rischia di invaderci alcuni organi vitali, potremmo esalare un ultimo respiro con un epitaffio per accedere meglio sul baratro dell’immobilismo, prossimi al coma o alla morte: “Cercammo di uscire dalla sindrome della capanna e del ringraziamento ad ogni costo ma comodamente, restammo nel limbo ad aspettare, aspettare e ancora aspettare che arrivasse qualunque artefice per aiutarci. Abbiamo fatto qualunque cosa per non vederlo, solo per convincerci che in fin dei conti la capanna sarebbe stata gradevole lo stesso”.

In questo stato di sospensione nel bel mezzo dei tagli che abbiamo accuratamente operato all’intelligenza isolana, in cui tra le vittime vi sono osservatori e analisti (pochi sono i politici, oggi, capaci di comprendere entrambi gli aspetti), si sta svolgendo una delle scene che vantiamo sul palco del teatro ischitano: l’attesa senza contromisure. Nessuno che si faccia avanti per darci una mano, che ci dica una frase o tiri uno schiaffo per riprenderci dalla confusione. Che poi non è neanche smarrimento se vogliamo dirla tutta, frutto di un pensiero disorientato di fronte all’implacabilità dell’economia che non è mai stata capace di tenersi in piedi da se, ma solo in attesa di aiuti dallo Stato e flussi per ripopolare l’idea vuota di luogo turistico e poterci dare un tono nei sei mesi che dedichiamo all’estate. Il consueto immobilismo ha due grandi attori, e non possiamo fare a meno di citarli: la politica, quella amministrativa, quella dei comuni, e quindi i sindaci, e il tessuto connettivo rappresentato dall’imprenditoria.

Il professor Gigiotto Rispoli, docente universitario più volte come domenica scorsa, ha mostrato una perspicacia di cui la nostra politica dovrebbe essere, a un tempo, invidiosa e orgogliosa. Nel suo monito/intervista ha reso evidente un aspetto che, per la verità, in molti insieme con lui, ripetono da anni, cercando di stimolare l’isola a fare meglio e a farlo bene. «I sindaci si sveglino, e chiedano conto agli imprenditori delle loro scelte, prima che sia troppo tardi. Senza confronto tra le parti sociali non ci sarà futuro». La mancanza di reazione da parte dei governi locali di fronte alla passiva comunità isolana sfilacciata, è solo la punta dell’iceberg ed equivale all’ultima esalazione prima del coma. In quest’assenza di replica conquista spazio il comportamento frammentato degli imprenditori, che agiscono come, se e quanto possono. L’assenza totale di concertazione tra le parti sociali, come la scarsità di confronto è un nodo che non siamo mai riusciti a sciogliere e nel tempo si è elevato a patrimonio genetico della struttura isolana.

Ciò non è accaduto sull’isola d’Elba. Tra gli otto comuni c’è stata una concertazione per la redazione di un vero e proprio modello sanitario e la costruzione di un messaggio – “Elba Sicura” – che sulla capacità di dialogo costruisce il suo appeal maggiore anche grazie alla disponibilità degli imprenditori e, nello specifico, degli stabilimenti balneari. Strutture sanificate a ogni check-in, riorganizzate per rispettare le distanze, con offerte personalizzate, come ad esempio aperitivo in terrazzo e cene in camera senza sovrapprezzo, spesa a domicilio e delivery anche in hotel evidenziano il focus che da anni abbiamo perduto: il dialogo e la cooperazione tra Istituzioni, operatori e cittadini. Un prototipo e uno spunto di lavoro per la ripartenza che può essere replicato, se solo se ne avesse la volontà. Insomma, si può essere confusi senza nessuna idea lasciando lo spazio alla più completa inattività da parte dei comuni? Allora, forse, proprio in questo periodo, l’obbligo è uscire dall’infanzia paludosa e dal palcoscenico abitudinario d’inettitudine di un potere che osserva e ascolta solo se stesso. «Ecco la prospettiva che dobbiamo comprendere: nessuno di noi è “padrone del municipio”, io non ho mai avuto la visione della politica intesa come occupazione delle istituzioni. Se alcuni, e credo che in giro ce ne siano molte di queste persone, pensano che fare politica sia andare a occupare il municipio, mi auguro che presto cambino rotta. In particolare, mi auguro che i sindaci diventino sindaci operosi, che si occupino del bene comune. Mi auguro che nel prossimo autunno io non debba constatare ancora l’attuale stato di cose né di essere stato profeta di sventure», dice ancora il professor Rispoli. Uscire da quest’onanismo manicomiale del potere e della sua gestione, ci consentirebbe almeno di scrivere un epitaffio differente.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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Dottor Petrucci leggendo i suoi interventi quelli del Prof Rispoli e di altri con i quali mi scuso per non ricordare i loro nomi mi rendo conto che ci può essere un futuro per l’isola ma a mio modesto parere sono grida d’aiuto verso un popolo sordo e prova ne sono le manifestazioni per chiedere i nostri diritti un popolo anestetizzato dal menefreghismo

Evola

Bene comune? What’s “bene comune”??
Petrucci ancora non ha capito la vera natura degli ischitani…

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